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Gli Stati Uniti sono una cosa, l’Europa un’altra, se il metro di misura è l’inflazione. Mettersi in scia alla Federal Reserve e alla sua frenesia da tapering, in parte giustificata da un surriscaldamento dei prezzi al 6,8% a novembre, ai massimi dall’epoca Reagan, sarebbe un errore. La Banca centrale europea deve continuare a tenere i rubinetti aperti, perché la ripresa e il ritorno alla crescita del Vecchio Continente, via Pnrr, valgono bene qualche punto di inflazione.

Gustavo Piga, economista, saggista e docente a Tor Vergata, ne è più che convinto. Continuare ad acquistare 80 miliardi di euro al mese di debito e tenere i tassi inchiodati è una traiettoria da non abbandonare, perché il danno potrebbe essere di gran lunga peggiore di una spinta inflazionistica.

La Banca centrale europea non sembra voler prendere molto sul serio il ritorno dell’inflazione. Al contrario della Fed. Lei che dice?

Gli Stati Uniti sono in tutt’altra situazione rispetto a noi, sono in un contesto non paragonabile con l’Europa. C’è una forte differenza nell’andamento dell’inflazione in Europa e negli Stati Uniti e tale discrasia ha una ragione ben precisa.

Quale sarebbe?

Gli Stati Uniti e il loro attuale presidente hanno portato avanti una politica espansiva, molto più di quanto abbia fatto l’Europa. E lo dimostra il deficit, che negli Usa è di gran lunga maggiore rispetto a quello dell’Ue, che è intorno al 3%. Questo non può non produrre un’asimmetria tra i due Paesi. Di qui il fatto che la risposta degli Stati Uniti e della Fed è certamente più giustificata, perché l’enorme mole di spesa ha innescato una domanda pubblica molto più elevata di quanto avvenuto in Europa. La quale, essendo su ritmi molto più blandi rispetto agli Usa in termini di domanda e prezzi, non può e non deve abbandonare le politiche monetarie accomodanti.

Biden, in effetti, ha fatto delle politiche espansive la sua missione…

Sì, perché ha messo il benessere delle persone davanti a tutto, sopra ogni cosa. Anche per disinnescare un eventuale ritorno di certi venti, che soffiano nella direzione di Donald Trump. Sappiamo bene quanto il malessere dei cittadini incida sul ritorno di movimenti sovranisti. In realtà questo problema lo abbiamo anche in Ue, basta guardare al caso della Polonia. E l’unica arma per sconfiggere il sovranismo lo sa quale è?

No, me lo dica lei.

Fare come il chirurgo Biden, spingere e spingere sul politiche espansive. Vede, la stretta della Fed non deve trarre in inganno. Voglio dire, è vero che la banca centrale americana ha deciso di accelerare il tapering e stringere sui tassi ma questo a valle di un’inflazione molto più tonica di quella europea e innescata da una domanda estremamente più forte. L’Europa, in questo momento, una stretta monetaria non se la può permettere.

Non crede sia pericoloso però lasciar cavalcare l’inflazione?

Non  più di quanto non lo sia ridurre l’afflusso di denaro nell’economia. Una politica espansiva, in questo momento pagherebbe in ogni caso. E e se si surriscalda la domanda, ne sarà comunque valsa la pena. Dobbiamo metterci bene in testa che ci stiamo giocando il Pnrr, un piano che vale il nostro futuro, quello dei nostri figli. Quanto vale il nostro futuro? L’inflazione è un problema ben minore rispetto alla messa in dubbio de Pnrr. E poi scusi, sfatiamo anche un mito.

Sfatiamolo…

L’Europa sta raggiungendo per la prima volta il tetto del 2% dell’inflazione, non mi pare che andare anche oltre tale soglia possa essere messo sullo stesso piano del Pnrr. Mandarlo a rotoli, con una stretta monetaria che andrebbe contro ogni logica espansiva, quello sì che sarebbe un delitto.

Scusi ma non posso non chiederle un parere sul Patto di Stabilità. Abbiamo parlato di espansione finora, mentre in Europa c’è chi vuole un ritorno alle origini…

No ho cambiato idea negli anni. Il Patto di Stabilità non solo non andrebbe nuovamente introdotto, ma abolito. A costo di essere monotono, non possiamo permettere un suo ripristino. E nemmeno ritardarlo, creando ansia e incertezza sul futuro presso il sistema produttivo, italiano e non. Abbiamo bisogno di un leader politico europeo che dica apertis verbis che il Patto non serve e non deve tornare, perché si è rivelato un fallimento.

Facciamo un nome, Mario Draghi.

Esatto. Mi ha letto nel pensiero.

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