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La formazione di un nuovo assetto per il sistema internazionale assume, ancora una volta, tratti parossistici e di estrema complessità, tra le volontà politiche delle grandi potenze che somigliano sempre di più alle visioni dei propri leader, producendo così un sistema di relazioni internazionali che sembra abbandonare gli schemi classici, come bipolarismo, unipolarismo o multipolarismo, in funzione di crescenti personalismi.

Il fragile equilibrio di potenza 

In questo contesto, un’Ucraina sconfitta rappresenterebbe, per gli equilibri internazionali, un fattore assolutamente indesiderato tanto per Bruxelles e Washington quanto per Pechino: la vittoria di Mosca rappresenterebbe per la sicurezza europea e per l’Alleanza atlantica  una chiara minaccia e, allo stesso tempo, comporterebbe un cambiamento degli equilibri regionali con un rinnovato ruolo del Cremlino in Asia, frenando le mire cinesi. Se l’equilibrio di potere è possibile solamente nella misura in cui le grandi potenze riescono reciprocamente a limitare la capacità egemonica di un attore su tutti gli altri, una vittoria russa in territorio ucraino avrebbe l’effetto di stimolare enormemente la volontà di potenza di Putin, scontrandosi con quella di Xi ed intersecandosi con le pretese regionali di Trump, rompendo gli equilibri asiatici, le alleanze interregionali e logorando l’intesa tra i due principali attori antioccidentali internazionali. Negare le egemonie significa, spesso, limitare anche la propria, intersecando le sfere di influenza delle grandi potenze e raggiungendo uno stallo di interessi economici, politici, ideologici e capacitivi che possa permettere una pace momentanea o duratura. 

La ricostruzione in Ucraina

La necessità di progettare ed organizzare una ricostruzione sul suolo ucraino offre l’opportunità per il consolidamento del fattore Europa, ridisegnando ed ampliando la sfera di influenza di Roma e Bruxelles oltre i propri confini tradizionali, contribuendo non solamente alla ricostruzione fisica, urbana ed industriale di Kyiv, ma anche al ripristino della sua sovranità politica. L’invasione russa e la necessità di una ricostruzione offrono all’Europa la possibilità di sviluppare propri strumenti capacitivi di deterrenza e di soft power economico, militare e culturale, nel segno di quello che rappresentò sul suolo europeo il Piano Marshall nel secondo dopoguerra. 

Il ruolo dell’Europa ed il futuro dell’equilibrio euroasiatico 

I quadranti geopolitici, come dimostrano il conflitto in Ucraina e la guerra in Medio Oriente, sono ormai pienamente interconnessi e l’eco delle instabilità assume oggi dinamiche che fuoriescono dalla dimensione statale, coinvolgendo dinamiche interregionali ed internazionali. Ciò comporta che la disfatta nel proprio quadrante del mondo determini una sconfitta globale. Allo stesso tempo, l’assunzione di responsabilità da parte di Roma e di Bruxelles per la ricostruzione dell’Ucraina rappresenta allo stesso tempo urgenza ed opportunità: agire a livello comunitario ed unitario per lo sviluppo di una propria leadership credibile, per l’allargamento della propria sfera di influenza e per sviluppare e testare autonomi strumenti di deterrenza politica, economica e militare. 

Quale ricostruzione per l’Ucraina? Il nuovo status quo internazionale e il futuro di Kyiv

Il sistema internazionale sta attraversando una fase di ridefinizione profonda, sempre più plasmata dalle visioni personali dei leader globali e da dinamiche personalistiche che complicano l’equilibrio delle potenze. In questo scenario, una sconfitta ucraina rappresenterebbe un punto di svolta destabilizzante 

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