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Il capo militare del Sudan e il primo ministro hanno raggiunto un accordo per la reintegrazione del premier e il rilascio dei detenuti politici, dopo che il mese scorso i militari aveva rovesciato il governo con un golpe.

Il primo ministro spodestato, Abdalla Hamdok, ha incontrato il capo militare del Sudan e presidente del Consiglio Sovrano al potere, il generale Abdel Fattah Al-Burhan, nelle prime ore di oggi, domenica 21 novembre. I due hanno chiuso un’intesa politica che vedrà Hamdok reintegrato come primo ministro del governo di transizione sudanese — governo di transizione, che è stato istituito dopo la cacciata dell’ex uomo forte e presidente Omar al-Bashir nel 2019 e che dovrà portare il paese alle elezioni nel 2023.

L’accordo include anche il rilascio dei detenuti politici che sono stati imprigionati dopo il colpo di stato del 25 ottobre, secondo quanto dichiarato da Mudawi Ibrahim, un importante funzionario dell’Iniziativa delle forze nazionali, che ha aiutato a mediare i colloqui.

Hanno anche concordato di rivedere il precedente accordo di condivisione del potere attraverso un processo politicamente ordinato che coinvolgerà ancora la condivisione del potere da parte della leadership civile e militare, ma includerà una ristrutturazione non ancora specificata, secondo quanto dichiarato da Ibrahim.

Su Karthum si sono concentrate le pressioni internazionali — soprattutto statunitensi, mosse sui partner regionali che hanno influenza sul lato militare sudanese — per la ricomposizione del quadro transizionale.

Il Sudan era considerato un esperimento riuscito di come potesse essere guidata la democratizzazione di complessi paesi africani dopo la caduta di Bashir. La crisi politico-istituzionale innescata dal golpe si sovrapponeva a una situazione economica molto debole e all’importanza strategica del Paese. Situato lungo il Mar Rosso e nei pressi del Corno d’Africa, il Sudan è oggetto delle attenzioni delle potenze internazionali.

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