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Sono 12 i giovani giocatori della nazionale cubana di baseball under 23 che non sono tornati a Cuba dal Messico, dove la squadra ha partecipato al Campionato Mondiale della categoria, classificandosi al quarto posto.

Questa è la più grande defezione nella storia delle squadre cubane, seguita da quella che nel 1996 vide cinque giocatori del club Industriales abbandonare i compagni, anche quella volta in Messico.

Il baseball, sport e orgoglio del Paese caraibico, ha una lunga storia di episodi di questo tipo, che hanno visto protagonisti molti giocatori decisi a cercare gloria all’estero, specialmente negli Stati Uniti, giacché raramente il regime castrista permette a suoi giocatori di trasferirsi all’estero.

Come ricorda il quotidiano El Pais, “la fuga di sportivi di primo livello è diventato un classico a Cuba dagli inizi degli anni ’90, quando dopo la scomparsa del campo socialista cominciò la chiamata crisi del Periodo speciale e i disertori sfruttavano la partecipazione in competizioni internazionali. All’epoca, quando l’energia sull’isola mancava per 10-12 ore al giorno, ogni viaggio all’estero di una squadra era un’incognita, una lotteria. C’erano persino le scommesse su quanti non sarebbero tornati dal viaggio”.

La rivista Jit, pubblicazione dell’Istituto Nazionale di Sport, Educazione Fisica e Ricreazione (Inder), i mercenari dei giocatori alla ricerca di atleti promettenti, hanno compiuto l’obbiettivo: “Sfruttare le disposizioni del governo degli Stati Uniti verso Cuba e i suoi sportivi, e anche le debolezze morali ed etiche di chi ha lasciato la squadra”.

“È forse difficile imparare, dalla culla, che non si può andare verso i sogni e progetti personali lasciando ad un lato valori universali come l’impegno, la responsabilità e il patriottismo? – prosegue il giornale -. È forse accettabile collaborare con la triste immagine di una panca quasi vuota nella scena internazionale?”.

Dietro alle diserzioni c’è anche una questione politica, che si collega alle vecchie differenze tra Usa e Cuba. Mentre per La Habana il governo americano motiva l’abbandono dei giocatori con l’embargo economico, gli Stati Uniti sostengono che le fughe degli sportivi sono un simbolo del fallimento del sistema promosso dal regime. C’erano stati diversi convegni tra i due Paesi (l’ultimo rimosso dal governo di Donald Trump), ma il peggiorare delle condizioni socioeconomiche dei cubani, così come la repressione contro chi dissente dal pensiero socialista, spingono ancora a più defezioni.

A due mesi dalle proteste storiche sull’isola di Cuba, la repressione è ai massimi livelli. Le manifestazioni dei pochi oppositori che hanno scampato il carcere sono scongiurate prima di cominciare. Come nel caso di Dariem Columbié, detenuto martedì quando era diretto ad un ufficio statale per chiedere il permesso per protestare il 20 novembre nella provincia di Santiago di Cuba.

A settembre, un gruppo di attivisti consegnò una lettera al governo e il consiglio di amministrazione comunale de La Habana per chiedere l’autorizzazione di svolgere una manifestazione pacifica il 20 novembre chiamata “Marcia Civica per il cambiamento”. L’iniziativa è guidata dallo scrittore Yunior García e chiederà il riconoscimento del diritto di riunione e protesta previsto dalla Costituzione cubana del 2019.

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