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Pochi minuti dopo la videoconferenza tra il presidente Joe Biden e i leader alleati, Jake Sullivan, consigliere per la sicurezza nazionale della Casa Bianca, si è presentato alla stampa spiegando che un’invasione russa dell’Ucraina potrebbe esserci “in qualsiasi momento”, anche prima della conclusione delle Olimpiadi invernali in corso a Pechino. “Non stiamo dicendo che il presidente [russo Vladimir] Putin abbia preso una decisione”, ha aggiunto. Ma esiste “un sufficiente livello di preoccupazione, basato su quanto vediamo sul terreno quanto su quello che ci fanno sapere le fonti di intelligence”.

Poi ha invitato “ogni cittadino statunitense che si trovi in Ucraina” a “partire prima possibile e comunque nelle prossime 24-48 ore”, spiegando che Mosca avrebbe messo in conto diverse possibili azioni, tra cui “un assalto alla città di Kiev”. Anche Canada, Corea del Sud, Giappone e Regno Unito hanno successivamente invitato i connazionali ad abbandonare il Paese.

Dopo le parole di Sullivan le aspettative per le telefonate di Putin con Biden e il presidente francese Emmanuel Macron sono piuttosto basse. D’altronde, secondo gli analisti il leader russo ha ancora una decina di giorni per provare ad alzare la posta con l’Occidente e ottenere maggiori concessioni. Per le stesse ragioni è tenere d’occhio anche la visita del cancelliere tedesco Olaf Scholz a Mosca prevista per martedì.

Ma come mai tutta questa loquacità da parte dell’intelligence degli Stati Uniti? Sull’Ucraina si sta giocando una partita a scacchi che vede le agenzie e la diplomazia di Washington piuttosto attive nel comunicare con gli alleati.

Possiamo limitarci ad alcune ipotesi.

La prima: gli Stati Uniti hanno fabbricato o esagerato l’informazione perché – questa è la linea di Mosca – forse sono “loro”, cioè gli americani, “a preparare qualcosa”, come ha dichiarato Sergey Lavrov, ministro degli Esteri russo e maestro della diplomazia.

La seconda: l’informazione è reale ma nasce da una disinformazione fatta “arrivare” a Washington da Mosca per rafforzare la sua leva.

La terza: l’informazione è solida. Allora gli Stati Uniti potrebbero aver voluto “bruciare” i piani del Cremlino – questo spiegherebbe, inoltre, la caccia al talpa che pare essere partita a Mosca. Secondo il quotidiano tedesco Der Spiegel, hanno condiviso con gli alleati anche informazioni sulle via per un’invasione russa e sui compiti delle singole unità russe. È lo stesso giornale a spiegare che la Cia ritiene che l’attacco russo potrebbe essere sferrato mercoledì 16 febbraio. A tal proposito si tenga a mente un principio base dell’intelligence: un’informazione da proteggere si passa soltanto a un alleato fidato. Per questo Washington potrebbe aver deciso di “usare” qualcuno dei suoi alleati con l’obiettivo di far desistere il Cremlino.

L’invasione potrebbe rappresentare un problema per tutti i Paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti, poiché dopo un’iniziale impennata il prezzo del petrolio sarebbe destinato a crollare.

L’unica certezza che gli analisti sembrano avere oggi sull’Ucraina è che se mai invasione dovesse essere, non si tratterebbe di una “piccola incursione”, per usare le parole di Biden. Sarebbe, invece, un’operazione più ampia che la Russia sfrutterebbe per alzare la posta. D’altronde, “piccola incursione” o invasione che sia, le conseguenze (come le sanzioni occidentali) sarebbero pressoché medesime.

Ecco perché la Cia dà così tante informazioni sull’Ucraina

Sulla crisi in Est Europa, l’intelligence Usa non si fa remore a diffondere notizie. Si sta giocando una partita a scacchi che vede le agenzie e la diplomazia di Washington piuttosto attive nel comunicare con gli alleati. Alcune ipotesi possibili sul perché

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