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Dopo la caduta nel 2020 del nostro prodotto interno lordo (Pil) di quasi il 10%, si prevede quest’anno una crescita addirittura di circa il 7%, come hanno recentemente dichiarato il presidente del Consiglio Mario Draghi ed il ministro Renato Brunetta. Ristagna invece l’occupazione e ha ripreso in modo piuttosto forte l’inflazione. Ritorna pertanto sul banco degli imputati la famosa curva di Phillips che postula una relazione negativa tra inflazione e disoccupazione. Potremmo rispolverare, a questo riguardo, la controversia tra keynesiani e monetaristi capeggiati da Milton Friedman, ma non è questo l’intento

Negli anni ottanta, Ezio Tarantelli parlava di spostamento verso l’alto della curva di Phillips per cui a parità di tasso di disoccupazione si registrava un più elevato tasso di inflazione. Per uscire dal circolo vizioso della rincorsa tra prezzi e salari, Tarantelli proponeva la predeterminazione dei punti di scala mobile, mettendo in discussione l’accordo tra Agnelli e Lama. Tutto questo è narrato nell’interessante libro del figlio Luca, intitolato “Il sogno che uccise mio padre”, edito da Rizzoli nel 2013.

È famosa la frase di Ezio Tarantelli “Lavorare meno per lavorare tutti”. Questo rimandava già allora al fenomeno della disoccupazione tecnologica di cui parlava Keynes con la drastica riduzione delle ore settimanali di lavoro.

Keynes, in un discorso tenuto a Madrid nel giugno del 1930, esprimeva tutta la sua preoccupazione per il futuro del lavoro con le difficoltà in cui si troveranno le giovani generazioni. Da qui deriva la sua soluzione alla contraddizione interna e morale dell’economia capitalista: lavorare meno per iniziare ad educarci al tempo libero.

Si tratta di un punto criciale che troviamo meravigliosamente espresso nella Caritas in veritate di Benedetto XVI e prima nella Populorum progressio di Paolo VI. Nel capitolo sesto della Caritas in veritate dedicato allo sviluppo dei popoli e la tecnica, si legge: “Lo spirito, reso così meno schiavo delle cose, può facilmente elevarsi all’adorazione e alla contemplazione del Creatore”. Dovremmo quindi dedicare il tempo libero reso sempre più ampio grazie agli sviluppi della tecnica, allo spirito e alla cultura e non al consumismo, se vogliamo un mondo migliore per le nostre giovani generazioni.

Il problema della crescita senza occupazione è diventato il problema dei problemi con il passaggio dalle rivoluzioni industriali alla rivoluzione digitale che stiamo vivendo, senz’altro accelerata dalla pandemia da cui speriamo di uscire presto.

Siamo tutti convinti che stiamo vivendo un break strutturale, con il passaggio dalle rivoluzioni industriali alla rivoluzione digitale.

La pandemia ha impresso una forte spinta all’utilizzo delle nuove tecnologie con una larga diffusione del lavoro a distanza e dell’e-learning. Con l’uscita dalla pandemia si troverà un nuovo equilibrio, ma in un punto più avanzato rispetto al passato, grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie. Tutto questo porta ad un minore impatto ambientale delle attività produttive, allarga il tempo destinabile alla formazione continua e alle attività culturali e favorisce la conciliazione del rapporto tra lavoro e famiglia.

In questo scenario acquistano un ruolo fondamentale le politiche fiscali per impedire che il tasso di disoccupazione raggiunga livelli non tollerabili. Hanno senso le politiche di bilancio pubblico in deficit e l’accettazione dell’aumento del debito pubblico “buono” come ha affermato il Presidente Mario Draghi.
Gli investimenti pubblici in deficit hanno il grande vantaggio di garantire un moltiplicatore superiore a uno, come insegna il teorema di Haavelmo sul bilancio pubblico in pareggio.

La nostra grande opportunità è il Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) che è stato approvato dall’Unione Europea e che ora attende i vari regolamenti per entrare effettivamente in funzione.
Con il Pnrr per la prima volta c’è una quota della spesa pubblica finanziata direttamente dall’Unione Europea, e quindi vediamo un inizio di politica fiscale. Ma è ancora poco perché molti Stati membri considerano il Pnrr “un’eccezione” rispetto al Patto di Stabilità al quale si vorrebbe tornare fra uno o due anni.

Ha fatto molto bene il presidente del Consiglio dei ministri, Mario Draghi, ad affermare che le rigide regole fiscali del Patto di Stabilità dovranno essere riviste dopo la grave crisi pandemica che stiamo attraversando e da cui ci auguriamo di uscire presto.

Ripresa della crescita senza occupazione? I dubbi di Mastrolitto e Scanagatta

Di Domenico Mastrolitto e Giovanni Scanagatta

Il problema della crescita senza occupazione è diventato il problema dei problemi con il passaggio dalle rivoluzioni industriali alla rivoluzione digitale che stiamo vivendo, senz’altro accelerata dalla pandemia da cui speriamo di uscire presto. Il commento di Domenico Mastrolitto, direttore generale Campus Bio-Medico SpA e Giovanni Scanagatta, docente di Politica economica e monetaria “Sapienza” di Roma

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