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Dalla sfida tra Armin Laschet, Annalena BaerbockOlaf Scholz del prossimo 26 settembre per la cancelleria della prima economia europea può uscire un’Europa diversa, persino più equa, dice a Formiche.net  Jean-Paul Fitoussi, economista e docente presso la Luiss e l’Institut d’Etudes Politiques de Paris. Insieme a lui abbiamo ipotizzato gli scenari che potrebbero aprirsi dopo il voto tedesco.

Tra meno di quattro settimane la Germania avrà un nuovo cancelliere, dopo 16 anni di regno incontrastato di Angela Merkel. Che cosa si gioca l’Europa con questo voto?

Molto. E molto si gioca anche nella volontà dei popoli di far nascere un solo Paese, che poi sarebbe l’Europa. Se c’è una resistenza dei governi verso questo progetto, significa che essi non sentono questa volontà da parte dei popoli o credono di non sentirla. Detto questo possiamo ipotizzare degli scenari, perché nessuno conosce ancora e per davvero il destino dell’Europa dopo il voto tedesco.

Proviamoci…

Il primo è che non cambia nulla, con l’Europa che rimane sempre l’Europa, timida e poco decisiva, come si è dimostrata nella questione afgana, dove ha perso una grandissima occasione per fare la differenza. Il secondo scenario è una Europa diversa, rinnovata, forte ma con una Germania più debole. Senza Angela Merkel la Germania sarà meno decisiva, avrà forse meno peso specifico. La Merkel ha goduto di un carisma e di una forza politica che gli attuali candidati non hanno. Di fatto con Angela Merkel finisce un’era, l’era della Germania forte e quasi invincibile.

Fitoussi, prima di passare il testimone Merkel terrà con ogni probabilità alcuni incontri ai vertici dell’Ue, a partire dal Consiglio. Lecito aspettarsi una sorta di testamento politico?

Credo proprio di sì. Merkel ha impresso il suo marchio sulla storia e sull’Europa. La sua eredità è quella di una leader carismatica, mi aspetto una sorta di lascito realista, sull’Europa che verrà.

Lo sa che ci sono Paesi, come l’Austria, che nonostante la pandemia sognano il ritorno dell’austerity e di un’applicazione dura e pura di Maastricht?

Ci sono sempre stati i Paesi cosiddetti dottrinali, di quelli che predicano solo rigore. Anche la stessa Germania lo fu, nei nostri confronti. Oggi tocca all’Olanda, la Polonia, l’Austria. Credono molto più alla dottrina dei trattati che alla sovranità delle persone.

Scusi ma non si rischia una sorta di guerra civile a riproporre l’austerity in queste condizioni socio-economiche?

Io credo alla guerra civile da molto tempo, l’austerità non ha fatto altro che produrre povertà, precarietà e dolore. Per questo è qualcosa che non deve, nella maniera più totale, tornare.

Chiudiamo sulla Bce. La banca centrale europea non sembra voler seguire la Fed nella gestione dell’inflazione e del costo del denaro. Perché? 

La situazione americana è diversa da quella europea, la quale non richiede una stretta monetaria. Qui c’è alta disoccupazione e domanda debole, sulla base di quello che osserviamo oggi, gli americani hanno già recuperato i livelli di crescita pre-Covid, mentre gli europei sono ancora lontani, per alcuni Paesi potrebbero volerci due anni ancora. Questo vuol dire che la crisi ha impoverito l’Europa facendole perdere qualcosa come quattro anni di crescita normale. Quello che si giustifica negli Usa, ovvero un rialzo dei tassi, è giustificato in Ue, cioè una politica ancora accomodante.

Senza Merkel tornano i falchi in Europa? Risponde Fitoussi

Intervista all’economista e docente presso la Luiss e l’Institut d’Etudes Politiques de Paris. Merkel ha carisma e classe da vendere, il prossimo cancelliere non sarà all’altezza di Angela e la Germania ne perderà in potenza e peso specifico. Il rigore sui conti causa solo dolore e povertà, guai a tornare a quella stagione. La Bce? Gli Usa crescono, l’Europa no, per questo è giusto mantenere i tassi bassi

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