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Tre documenti distinti di fonti e di origini differenti meritano di essere letti insieme per dare un senso alla manovra di finanza pubblica in fase di messa a punto. Il primo, non ancora approvato dal Consiglio dei Ministri mentre si scrive questa nota (sarà probabilmente disponibile in serata), è il Documento programmatico di bilancio (Dpb) in cui si delinea la strategia di bilancio per i prossimi tre anni articolando in programmi puntuali i contenuti della Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza (Nadef).

Il secondo è la Comunicazione della Commissione europea, inviata agli Stati membri ieri 18 ottobre, sulle regole per il funzionamento dell’Unione monetaria quando si sarà considerato superato lo stato di emergenza che ha portato alla sospensione del Patto di crescita e di stabilità (Pcs). Il terzo infine è uno studio sul debito pubblico pubblicato il 16 ottobre dall’Osservatorio dei Conti Pubblici dell’Università Cattolica.

I tre lavori hanno una intrinseca unità ed integrità sia in quanto il debito della Pubblica amministrazione è l’elemento che domina la politica economica italiana, in particolare quella di finanza pubblica. Inoltre, il Dpb, che ha una prospettiva triennale, va letto nell’ottica di quelle che saranno le regole per il funzionamento dell’Unione monetaria quando – da augurarsi nella seconda metà del 2022 od all’inizio del 2023 – l’emergenza sanitaria sarà da considerarsi superata.

Iniziamo, dunque, dalla regole europee. Secondo la Comunicazione della Commissione, si deve ipotizzare che se gli Stati membri trovino un accordo, l’assetto rinnovato dovrebbe entrare in vigore il primo gennaio 2023. Il documento auspica una maggiore trasparenza delle norme e di conseguenza un rafforzamento del ruolo di autorità indipendenti come gli Uffici parlamentari di bilancio (Upb). Sottolinea l’esigenza di differenziare tra vigilanza di politica di bilancio e vigilanza macro-economica.

Non entra nella modifica dei “parametri” quantitativi. Pare probabile che dalle consultazioni con gli Stati membri (appena iniziate) resterà il vincolo di un indebitamento della pubblica amministrazione non superiore al 3% del Pil: qualcosa deve essere filtrato, dati i buoni rapporti personali tra il Ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco e le autorità dell’Ue, dato che la Nadef indica una strategia per portare l’indebitamento della pubblica amministrazione in percentuale del Pil dal 9,6% nel 2020 al 3,4% nel 2024.

L’accento sarà sul debito: è possibile che l’obiettivo verrà modificato e che si chieda di portare il debito dal 60% del Pil (media dei Paesi Ue nella seconda metà degli anni novanta del secolo scorso) al 100% circa (media attuale). La materia è particolarmente delicata per l’Italia il debito della cui pubblica amministrazione si aggira sul 153% del Pil ed il suo finanziamento è assicurato, per ora, dalla Banca centrale europea (Bce).

Anche quest’anno la Bce sta svolgendo un ruolo fondamentale nel finanziamento del debito pubblico italiano e degli altri paesi dell’area euro. Entro la fine del 2021, infatti, la Bce dovrebbe acquistare titoli del debito italiano per 159 miliardi, soprattutto tramite il Pandemic Emergency Purchase Program (Pepp), coprendo quasi interamente il deficit pubblico.

L’apporto complessivo del programma nel 2020-21 è superiore a quanto spetterebbe all’Italia secondo il criterio del capital key legato alla partecipazione del nostro paese al capitale della Bce. Inoltre, la Bce continua a rinnovare i titoli di debito pubblico già detenuti che giungono in scadenza. A fine 2021, insieme alle altre istituzioni europee, la Bce deterrà quasi il 28% del debito pubblico. Conseguentemente, lo Stato italiano sta addirittura riducendo il proprio debito (in termini assoluti) verso i mercati finanziari, il che contribuisce a spiegare i bassi tassi di interesse sui nostri titoli di Stato. Ma il supporto Bce dovrebbe diminuire sin dalla primavera 2022 per terminare alla fine dell’anno prossimo.

In questo quadro, il Dpb ora e la legge di bilancio, poi, dovranno tenere ben sotto occhio i saldi. Ciò implica, ad esempio, cautela del ritoccare il sistema previdenziale per facilitare anticipi non necessari ed una drastica revisione del reddito di cittadinanza dato che non si capisce perché venga elargito a chi rifiuta offerte di lavoro per restare sottocasa magari arrotondando l’assistenza a carico dei contribuenti con lavoretti al nero.

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