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“Tra quindici o venti anni non avremo nessuna possibilità di competere con la Cina. Già adesso, credo sia già fatta […] ci sono ottimi motivi per essere arrabbiati”. Così l’ex capo programmatore del Pentagono, Nicolas Chaillan, trentasette anni, nella sua prima intervista (a FT) da quando ha lasciato il suo lavoro in segno di protesta.

Il cruccio di Chaillan è la mancanza di innovazione nel Dipartimento della Difesa americano, dove ha lavorato tre anni come first chief software officer dell’Air Force e si è dedicato ad alzare il livello di cibersicurezza. A settembre ha lanciato un durissimo j’accuse attraverso la sua lettera di dimissioni, scagliandosi contro l’impiego di ufficiali senza esperienza in campo cyber e la burocrazia.

“Stiamo avviando le infrastrutture critiche verso il fallimento”, scriveva in quella lettera; “non metteremmo mai un pilota nella cabina di pilotaggio senza un ampio addestramento di volo, perché dovremmo aspettarci che qualcuno senza esperienza IT [alla guida delle operazioni cyber] sia [anche solo lontanamente adeguato]?”.

A pesare sul dinamismo del Pentagono ci sono anche la riluttanza dell’azienda leader Google nel collaborare con la Difesa sull’intelligenza artificiale (IA), il dibattito etico nato intorno a Mountain View, oltre all’eccessiva regolamentazione. Di contro, ha spiegato l’esperto a FT, le compagnie cinesi sono obbligate a lavorare con Pechino e investono pesantemente sull’IA, senza troppi riguardi per la dimensione etica.

Chaillan spiega come gli Stati Uniti spendano il triplo per la difesa rispetto alla Cina, ma anche come le tecnologie emergenti – tra cui IA, machine learning e capacità cyber – siano ben più decisive per le guerre del futuro, e più rilevanti di progetti costosi come i caccia F-35. Tra costi di procurement alti e investimenti nelle aree sbagliate, il danno è doppio.

I dubbi dell’ex ufficiale del Pentagono si inseriscono nel quadro tracciato dalla Commissione di sicurezza nazionale sull’IA, diretta dall’ex ad di Google Eric Schmidt. A marzo l’organo aveva  già lanciato un monito: la Cina è sulla buona strada per superare gli Stati Uniti sull’IA. Un sorpasso che per buona parte dipende dalla capacità di produrre semiconduttori, aveva aggiunto.

Il campanello d’allarme ha spinto l’amministrazione di Joe Biden a mettere sul tavolo un piano, il Chips Act, e 50 miliardi di dollari in sovvenzioni per far decollare l’industria. A luglio il Segretario della difesa Lloyd Austin ha spiegato l’urgenza di sviluppare un’IA “responsabile” e ha rilanciato con un altro miliardo e mezzo di dollari, specificando che la Difesa americana non avrebbe “preso scorciatoie su sicurezza, protezione o etica”.

FT spiega come diversi ufficiali esperti del Pentagono abbiano ammesso di dover “fare di meglio” per attrarre, addestrare e ritenere i giovani talenti cyber, difendendo al tempo stesso quello che vedono come un “approccio responsabile all’adozione dell’IA”, che deve avvenire in maniera incrementale “perché richiede un cambiamento culturale all’interno dell’esercito”.

Anche da questo deriva la frustrazione di Chaillan, secondo cui le difese informatiche di alcuni dipartimenti governativi sono “al livello della scuola materna” e la catena di comando è restia a implementare quei cambiamenti così necessari.

IA e semiconduttori sono stati alcuni dei temi discussi a Pittsburgh durante la prima riunione del Trade and Technology Council tra Usa e Ue. L’intento di alcuni tavoli di lavoro semipermanenti del Consiglio è proprio coordinare gli sforzi transatlantici per sviluppare e regolamentare queste tecnologie fondamentali – nella speranza che si volti pagina rispetto a dispute tecnico-legali e si inizi a collaborare veramente per mantenere il vantaggio occidentale sulla Cina.

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