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C’è una evidente asimmetria fra destra e sinistra, in questo momento. Ma che il gioco sia ormai bipolare è evidente: la riforma in senso proporzionalistico, propugnata a suo tempo da Giuseppe Conte e Nicola Zingaretti, non si farà perché non la vuole più nemmeno il Pd e né ci sono più le condizioni politiche per farla passare. Anche in quest’ottica vanno perciò interpretate le continue punzecchiature di Enrico Letta a Matteo Salvini, ultima quella di ieri su una Lega che sarebbe in difficoltà col governo di Draghi. E che se pure lo è, lo è nella precisa misura in cui lo sono un po’ tutti i partiti in questa fase. L’asimmetria è però nel fatto che, mentre Salvini si intesta o punzecchia le decisioni del governo per delineare e marcare una sua identità, che va costruendosi ed è sempre più riconoscibile; a sinistra le energie sono un po’ tutte concentrate sul proprio ombelico, e quindi di fatto lontano dai problemi quotidiani degli italiani.

È politicamente comprensibile: prima di costruire un’identità le forze che la compongono, nei rapporti fra loro ma anche al loro interno, devono misurarsi e riassestarsi. Ed è da presumere che solo quando un equilibrio sarà trovato, si potrà capire che “animale” sia venuto fuori. In questa cornice tutta politica sono perciò da inquadrarsi sia la “guerra delle donne” che si è aperta nel Pd, con Marianna Madia e Debora Serracchiani sul piede di una battaglia che non è solo personale; sia il sommovimento dei deputati Cinque Stelle al secondo mandato dopo che Beppe Grillo, in una infuocata assemblea dei parlamentari, ha riconfermato con forza la clausola statutaria che lo considera l’ultimo.

Ed in questa cornice ancora che sono anche da leggersi le titubanze di Giuseppe Conte a prendere subito in mano le redini del movimento, anche per negoziare condizioni per lui migliori. È chiaro che la partita più difficile la gioca Enrico Letta, il quale deve approfittare di questi primi passi come segretario dem sia per circoscrivere le pretese correntizie all’interno del suo partito sia per porsi in prospettiva come il leader dell’intera aria di sinistra. Impresa difficile allo stato attuale delle cose: considerati i rapporti di forza in Parlamento, il Pd la sua “vocazione maggioritaria” non può certo esercitarla nel presente. Soprattutto se i Cinque Stelle, per quanto un po’ ridimensionati dopo le espulsioni, si ricompattano attorno a un Capo che li tiene uniti. Ora che questo Capo sia proprio Grillo, e non Conte, e men che mai Luigi di Maio o chi altri, risulta evidente dalle mosse e dal protagonismo del Garante di questi giorni, e anzi dell’ultimo mese: ha imposto ai suoi la linea su Draghi, ha scelto e imposto loro anche il suo manager (come tale licenziabile in ogni momento), sta provando ad allontanare o circoscrivere Davide Casaleggio, tiene sotto lo schiaffo quelli che considera semplicemente propri “dipendenti” (da umiliare anche definendoli “miracolati” visto che lo scambio era chiaro fin dall’inizio: un lauto stipendio in cambio di fedeltà meramente esecutoria, in attesa addirittura di far passare in Parlamento il “vincolo di mandato” per gli eletti).

Che scelga la via dell’alleanza strutturale o, come sembra più probabile, congiunturale con i pentastellati; che riesca a incanalare o addirittura a sradicare ogni spinta populistica dell’alleato; che rassicuri la borghesia “riflessiva” con lo ius soli e simili e contemporaneamente il “popolo di sinistra” con la visita nelle sezioni, è comunque sempre con Grillo che Letta dovrà vedersela. Cioè con un politico-non politico che, anche antropologicamente, è quanto di più lontano possa immaginarsi dalla sua personalità. Buona fortuna!

A sinistra la partita di Letta si gioca con Grillo. La bussola di Ocone

Che scelga la via dell’alleanza strutturale o, come sembra più probabile, congiunturale con i pentastellati; che riesca a incanalare o addirittura a sradicare ogni spinta populistica dell’alleato; che rassicuri la borghesia “riflessiva” con lo ius soli e simili e contemporaneamente il “popolo di sinistra” con la visita nelle sezioni, è comunque sempre con Grillo che Letta dovrà vedersela

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