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In questo anno pandemico in cui abbiamo fatto incetta di primati tristi e, nostro malgrado, siamo stati chiamati a fare i conti con un profondo e repentino sconvolgimento delle abitudini quotidiane, @Vincenzo De Luca, nonostante il suo confinamento campano è riuscito a prendersi il gradino più alto del podio, tra politici, media e istituzioni, che hanno pubblicato su Facebook contenuti a tema Covid, consacrandosi uno dei più seguiti social celebrity leader di casa nostra.

La classifica è stata stilata da Comscore.com che ha analizzato le attività sui social network durante l’ultimo anno, da febbraio 2020 a febbraio 2021, e relativamente a Facebook, che non è soltanto la piattaforma che oggi in Italia riesce a raggiungere giornalmente con i propri contenuti una platea di oltre 29 milioni di persone, ma è quella che meglio si presta a essere il “luogo della relazione diretta con le proprie audience di politici e giornalisti”, lo Sceriffo De Luca ha sbaragliato la concorrenza.

I suoi numeri sono stratosferici, oltre 8 milioni di interazioni complessive e ben 435 post tematizzati sul contenuto “Covid”, quindi più di un post al giorno nell’ultimo anno, una batteria di pubblicazioni che ha annichilito la concorrenza di political influencer quali @Matteo Salvini o @Giorgia Meloni, ma persino quella della fanpage del @Dipartimento Protezione Civile.

A questo punto è opportuno interrogarsi sulle ragioni e le condizioni che hanno consentito a De Luca di staccare, di molto, tutti gli altri.

Innanzitutto, credo che in parte questa capacità catalizzatrice sia connessa al linguaggio incarognito che negli anni De Luca ha coerentemente utilizzato, prima da sindaco di Salerno e dal 2015 da presidente della Campania. Un vocabolario spiccio e “vasciaolo”, che metteva insieme, l’insulto, la derisione e una violenza verbale che difficilmente trova uguali nella storia politica italiana della seconda e terza Repubblica. L’anti-linguaggio di De Luca è diventato nel tempo il medium prima ancora di esser struttura narrativa: Vincenzo De Luca senza una buona dose di “imbecilli” o di “nullità” non è più lo Sceriffo.

Sarà anche per questo motivo che Vincenzo De Luca da Twitter, che ha un diverso ecosistema grammaticale rispetto a Facebook è rimasto lontano.

Ancora, nella maggior parte dei casi, dei 435 contenuti pubblicati a tema Covid, quelli che hanno performato meglio sono stati i post con i video, a cominciare dalle – finte – dirette del venerdì pomeriggio. A riprova di ciò è utile ripescare il post celeberrimo del 20 marzo 2020, quello per intenderci “vi mando a casa i carabinieri con il lanciafiamme”, che nei tre giorni successivi alla pubblicazione aveva tagliato il traguardo dei due milioni di visualizzazioni e che ancora oggi, a distanza di tempo, riesce ancora a crescere.

Nei due mesi di Aprile e Maggio 2020, sulla fanpage Facebook vengono pubblicati 41 contenuti video e di questi 6 hanno superato il muro del milione di visualizzazioni.

Certo che la capacità di moltiplicare evangelicamente le interazioni non è legata solo alla virulenza lessicale e all’utilizzo dei video in se: infatti, un’altra caratteristica identitaria della comunicazione deluchiana, che lo differenzia e distingue dagli altri politici e che si sposa perfettamente con la pericolosa deriva dell’odio che i social hanno abbracciato e favorito, è quella della ricerca costante di un nemico da abbattere.

In quasi tutti i suoi video di aggiornamento della situazione pandemica in Campania, Vincenzo De Luca si porta sul ring uno o più sparring partners ai quali non concede mai il diritto di replica, nemici di giornata funzionali a esaltare il soliloquio dissacrante e l’oratoria narcisistica. Avversari che vanno picchiati duramente non solo per metterli al tappeto quanto, invece, per demolirne la dignità di interlocutori. È chiaro che questo approccio, sempre ai limiti della denigrazione da bar dello sport, diventa l’accelerante per viralizzare anche il contenuto social più floscio.

Con la pubblica derisione dell’avversario, senza distinzioni o remore di sorta in quanto mette nel mirino tutti, ma proprio tutti, dal politico al giornalista, dal ministro al sindaco, dai cittadini ai medici lavativi, De Luca trasferisce implicitamente ai suoi “fan e follower” la percezione di essere un politico concreto, che non fa chiacchiere e che non ci prende in giro, consolidando quella reputazione di leader decisionista, di rappresentante istituzionale che mantiene sempre fede alle sue promesse. Il primato social di De Luca trova qui un’ulteriore spiegazione: egli è stato bravo a vincere la sfiducia crescente dei cittadini nei confronti dei partiti e delle istituzioni sostituendo e sostituendosi direttamente alle sigle consunte della politica tradizionale. Una metamorfosi che gli ha portato alla fine in dote una fanbase che ha bucato il muro del milione.

Un’ultima considerazione, che qui non può essere tralasciata, se pensiamo di inquadrare le ragioni di fondo del primato deluchiano nell’anno pandemico, rimanda alla scelta strategica di De Luca e del suo staff social di investire nei mesi da Febbraio a Maggio 2020 circa 50 mila euro di soldi pubblici in campagne di sponsorizzazione tutte destinate alla “raccolta di nuovi fan”. Le inserzioni a pagamento, inserite nella cornice comunicativa deluchiana, fatta di derisione, maleparole, iperboli e colpi bassi, hanno contribuito all’esplosione della fanbase che a gennaio 2020 era di poco inferiore ai 255 mila fan e che agli inizi di giugno aveva già superato la fatidica soglia del milione.

De Luca, Scanzi, Salvini: la classifica delle social celebrities nell'anno del Covid

Di Domenico Giordano

Comscore/Sensemakers ha seguito le attività sui social network durante l’ultimo anno, da febbraio 2020 a febbraio 2021. Su Facebook, che raggiunge oltre 29 milioni di persone e che si presta meglio a essere il “luogo della relazione diretta con le proprie audience di politici e giornalisti”, lo Sceriffo Vincenzo De Luca ha sbaragliato la concorrenza. L’analisi di Domenico Giordano di Arcadia

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