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Non stiamo parlando seriamente e di cose serie. Questa (fin qui) non crisi di governo si sta avvitando in una surreale crisi totale, con un verticale crollo della credibilità di ciascuno e tutti. Il tema della giustizia ne è una dimostrazione.
Giovedì prossimo una relazione del ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, dovrebbe essere sottoposta al giudizio del Parlamento, il che mette ulteriormente in forse la contabilità governativa.

Ma, ed è questo il punto, la cosa prescinde totalmente da cosa il ministro dirà. Prescinde perché il ministro in carica di un governo con il Partito democratico, che quando lo era con la Lega varò l’incivile cancellazione della prescrizione, dopo il primo grado, sicché i troppo lenti processi italiani possono ora diventare eterni e la conclusione non arrivare mai, con gran sollazzo dei colpevoli e martirio degli innocenti, un tal ministro cosa volete che dica? Ridicolissimo chiedergli di aggiungere un qualche profumo di garantismo alla più limpida prassi giustizialista mai vista. Ergo la relazione sarà la solita gnagnera, di cui si trova traccia nella bozza del Recovery Plan: personale da potenziare, arretrato da smaltire, informatica da aggiornare. Il niente frammisto al nulla.

Se si stesse parlando seriamente e di cose serie, invece, tutti, non solo il ministro, non potrebbero che partire da quanto ha sostenuto, in settimana, un procuratore della Repubblica. Egli ha detto:

1. di avere chiesto degli arresti un anno prima e di avere mandato documentazione aggiuntiva sei mesi addietro, talché, trascorsi questi tempi, il giudice delle indagini preliminari ha disposto gli arresti;

2. che la procura li avrebbe volentieri effettuati dopo le elezioni regionali, per non interferire, ma quelle le hanno posticipate e non si poteva, allora, ulteriormente ritardare il corso della giustizia;

3. che non crede di avere interferito con la ricerca governativa di voti in Parlamento, giacché uno dei coinvolti aveva già dichiarato che avrebbe votato contro;

4. che se la procura chiede arresti e il gip li dispone poi non è colpa loro se altri giudici scarcerano, posto che la storia spiegherà anche queste situazioni;

5. alla domanda se questo significa che ci sono indagini in corso riguardati magistrati risponde, dopo avere sostenuto la colpevolezza degli intercettati, non ancora manco processati, di non potere rispondere.

Orbene:

a. se si può arrestare cautelativamente solo per pericolo di fuga, inquinamento delle prove e reiterazione del reato, dove si legge, nei codici, che si arresta un anno dopo avere fiutato tali pericoli?

b. dove si legge che tali azioni possono essere calendarizzate a seconda delle elezioni? c. e dove che le interviste diventano liberatorie politiche per potere procedere? d. a che servono i gradi di giudizio e i ricorsi avverso i provvedimenti se la non conformità delle ordinanze o sentenze è da considerarsi elemento su cui indagare? e. per non dire che se un qualche livello giudiziario sembrasse contaminato non è roba che la si dice al giornalista e la si tace alle sedi competenti, perché in questo modo procedendo l’intero edificio della giustizia crolla.

Se parlassimo seriamente e di cose serie si dovrebbe partire da qui. E siccome tutti sanno che la giustizia italiana è incivilmente negata per i suoi tempi inaccettabili, non si proverebbe nemmeno a presentare un Recovery Plan che non affrontasse tale problema, cancellando il ridicolo orrore di volere, per il futuro, punire il non rispetto dei tempi solo nel caso sia da attribuire a “inescusabile negligenza”. Che è, di suo, inaccettabile scemenza.

Si parla di ciò? No, di discetta di quanti voti possono essere raccolti attorno alla inutile relazione di un ministro che, facendo la somma di chi lo ha portato lì e di chi ce lo ha tenuto si viaggia verso l’unanimità. Quindi: non stiamo parlando seriamente di cose serie.

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