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Il sipario si è chiuso. Si è chiuso nei teatri, nei musei, nei cinema, nelle biblioteche e nei tanti luoghi d’arte. La cultura, settore già fragile prima della pandemia, è diventata con il Covid una delle tante emergenze da risolvere. Non solo la manutenzione dei siti culturali, ma anche la loro tutela e quella dei tanti lavoratori di questa filiera.

È di questi giorni, ad esempio, la pubblicazione del rapporto Unesco che fotografa una preoccupante situazione per i musei nel mondo. Secondo il report, nel 2020 il 90% dei musei sono stati chiusi in media di 155 giorni, provocando una fortissima contrazione delle entrate, fino all’80% rispetto al 2019.

Ma dalla situazione attuale si può, si deve, cogliere un’opportunità: costruire una nuova visione nel “fare cultura”, grazie a tutto ciò che il mondo digitale ci offre. Volgere lo sguardo al futuro, da un’altra prospettiva, non solo per salvare il presente, ma per riuscire a fargli spiccare il volo.

Siamo di fronte ad un bivio: restare a guardare e aspettare che la situazione si risolva cercando di sopravvivere, oppure diventare parte attiva, cogliere nell’emergenza un’opportunità per rilanciare il settore, renderlo più attrattivo e fruibile per un target molto più vasto rispetto al passato.

Il Governo Draghi ha acceso i riflettori su questo mondo. Nell’ambito del Next Generation EU, la previsione complessiva di spesa considerata dal PNRR proprio su digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura è al momento pari a 46,3 miliardi di euro. Nella revisione del testo che dovrà essere presentato alla Commissione Europea entro fine aprile c’è da aspettarsi ulteriori novità. La Camera dei Deputati, ad esempio, ha già chiesto di destinare risorse del PNRR anche per sostenere la copertura 5G per siti ad elevato interesse culturale.

L’obiettivo è trovare un modo nuovo per riuscire a rinnovare l’offerta culturale, grazie all’accelerazione nella digitalizzazione, anche attraverso la realizzazione di sistemi 5G multi-operatore e micro-antenne DAS (Distributed Antenna System) o small cells.

La preoccupazione per il futuro del settore ha indotto proprio l’Unesco, nel suo report sui musei, a fare un appello sull’utilizzo della tecnologia per salvare la cultura e garantirne un futuro definendola “essenziale: dallo sviluppo di visite virtuali all’uso di reti sociali, è necessario, abbattere il digital divide che a oggi costituisce un ostacolo alla missione educativa dei musei”.

Mai come in questo caso è necessario che presente e passato si parlino. È necessario trovare il giusto punto d’incontro tra due mondi che fino a poco tempo fa sembravano lontanissimi, ma che oggi potrebbero rappresentare uno straordinario valore aggiunto l’uno per l’altra. La tecnologia permetterebbe alla cultura di rinascere, rendendola accessibile a tutti e soprattutto più interessante anche per le nuove generazioni, offrendo servizi innovativi e messaggi più attrattivi, mentre la cultura arricchirebbe la tecnologia di contenuti unici ed essere utilizzata magari anche dai più distratti, fornendo quindi un contributo anche a quella alfabetizzazione digitale di cui c’è ancora tanto bisogno. Perché il futuro inizia oggi, non domani.

Dopo la pandemia, la cultura dovrà ripartire in chiave digitale

Siamo di fronte ad un bivio: restare a guardare e aspettare che la situazione di teatri, musei, cinema, biblioteche e luoghi d’arte si risolva cercando di sopravvivere, oppure diventare parte attiva, cogliere nell’emergenza un’opportunità per rilanciare il settore, renderlo più attrattivo e fruibile per un target molto più vasto rispetto al passato. Scrive Michelangelo Suigo, External Relations & Communication Director Inwit

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