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La pandemia e le restrizioni legate all’emergenza sanitaria hanno influito fortemente sull’economia italiana. Tra i tanti settori economici colpiti da questa crisi anche l’industria audiovisiva ha subìto delle conseguenze preoccupanti sia a livello nazionale che internazionale. Una crisi che ha coinvolto tutti i settori della filiera, dalla produzione all’esercizio e alla distribuzione del prodotto fisico negli store.

Se le produzioni, dopo un iniziale stop forzato, sono tornate operative – cosa assolutamente non scontata – la situazione delle sale cinematografiche desta invece la massima preoccupazione. Nel 2020, con la chiusura forzata dei cinema per oltre 5 mesi, gli incassi al box office hanno registrato un decremento del 71,3%. Per l’anno in corso, considerando che sono già tre i mesi di stop, l’auspicio è che le sale possano riaprire quanto prima. Tanti, infatti, sono ancora i film bloccati dallo scorso anno e per alcuni di essi si è deciso di optare per una distribuzione direttamente in digitale.

L’offerta legale digitale ha svolto un ruolo decisivo in quest’ultimo anno, rappresentando occasione di svago, divertimento e riflessione anche durante i lockdown. Comprensibilmente è infatti aumentato il tempo dedicato alla fruizione dei contenuti audiovisivi: i dati Univideo rivelano una crescita nella ricerca e nel consumo di video digitali del 73%.

In questo contesto si è purtroppo verificata anche una crescita nel consumo illegale di contenuti audiovisivi tramite piattaforme non ufficiali. La percentuale di pirati è infatti aumentata, attestandosi in soli due mesi del 2020 sul 40%, contro il 37% riferito a tutto il 2019, così come è cresciuto il numero di atti illeciti, passato da 69 milioni nel bimestre medio del 2019 a 243 milioni nel bimestre 2020.

Durante il lockdown il cambiamento di abitudini ha inoltre portato circa un 10% a commettere per la prima volta un atto di pirateria, di questi circa il 5% tramite Iptv illecite. Quest’ultima forma di pirateria, in particolare, nasconde un’economia sommersa enorme, come hanno anche rivelato le numerose attività condotte dalle Forze dell’Ordine a contrasto.

Ad esempio, una operazione condotta nel 2020 a livello internazionale da Europol in collaborazione con il Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza, ha portato alla disconnessione di più di 50 server che distribuivano 40.000 canali pirata, oltre al sequestro di beni per un valore di più di 4.8 milioni di euro e all’arresto di 11 persone.

Questo è solo un esempio che però rende l’idea di come dietro la pirateria si nasconda una vera e propria filiera illecita che sottrae risorse non solo all’industria audiovisiva ma all’intero Sistema Paese in un momento, come quello attuale, in cui sono necessari sforzi importanti per rilanciare il settore audiovisivo al meglio e sostenere l’occupazione del comparto.

I dati più recenti dell’indagine Fapav/Ipsos sul fenomeno rivelano come sia di oltre 1 miliardo l’anno la stima del danno all’economia italiana a causa della pirateria. Le ricadute in termini occupazionali sono invece di 5900 posti di lavoro. Le attività di tutela del settore audiovisivo assumono oggi un ruolo ancora più strategico nel garantire sostegno al rilancio dell’industria audiovisiva nella fase di ripartenza.

Nonostante anche le difficoltà logistico operative legate all’emergenza sanitaria, le attività di contrasto alla pirateria non si sono mai fermate. Forze dell’Ordine e Autorità competenti hanno portato avanti operazioni importanti che hanno consentito di smantellare imponenti reti e business illeciti. Grazie all’utilizzo del Regolamento Agcom, strumento snello e tempestivo che consente di agire in tempi rapidi, Fapav ha ottenuto nel 2020 il blocco di 376 siti pirata.

Sul fronte istituzionale, invece, numerose sono le priorità e le questioni aperte. Da un lato le varie proposte di legge in tema di antipirateria, in attesa di essere calendarizzate, potrebbero dare una risposta legislativa organica e ancora più strutturata, mentre sul piano europeo vari provvedimenti andranno a toccare la questione anche per quanto riguarda il grado di responsabilità dei vari soggetti che operano sul web.

Ad esempio uno dei più frequenti problemi in tema di enforcement è costituito dall’anonimato sul web, che rende più difficile identificare chi gestisce i portali pirata. Un approccio di tipo Kybc (Know Your Business Customer) consentirebbe di limitare questo problema, poiché renderebbe necessaria una verifica delle informazioni fornite in fase di acquisto di servizi online quali hosting, domini, storage ecc, ovviamente indispensabili per implementare un business pirata.

La tutela dei contenuti audiovisivi sul web è anche una vera e propria battaglia culturale da svolgere sul piano della comunicazione per sradicare una ancora troppo bassa percezione, da parte del grande pubblico e dei più giovani, di quello che si nasconde dietro questo fenomeno criminale e di tutta l’economia sommersa che genera.
Il momento è cruciale per lo sviluppo del settore ed è pertanto fondamentale lavorare tutti insieme e cooperare per garantire il massimo sostegno all’industria culturale ponendo le giuste basi per la fase di ripartenza.

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La pandemia e le restrizioni legate all’emergenza sanitaria hanno influito fortemente sull’economia italiana. Tra i tanti settori economici colpiti da questa crisi anche l’industria audiovisiva ha subìto delle conseguenze preoccupanti sia a livello nazionale che internazionale. L’intervento di Federico Bagnoli Rossi, segretario generale Fapav

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