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Quasi un decollo al giorno nel corso del 2020 è scattato per i velivoli militari della Nato in seguito all’allarme originato dai voli russi, spesso con i transponder spenti e senza comunicare alcuna informazione. Lo spiega l’Alleanza Atlantica in una nota che riassume un anno di “Alpha scramble”, termine con cui si indica il decollo immediato su allarme non finalizzato all’addestramento. Nel corso dell’anno ne sono scattati 400, di cui circa 350 hanno riguardato la risposta a manovre di velivoli militari delle Forze armate di Mosca.

IL PUNTO DELLA NATO

Il totale di 400 rappresenta “un aumento moderato rispetto al 2019”, anno in cui le manovre russe sono cresciute di frequenza sui cieli del nord Europa. “Negli anni recenti – ha spiegato la portavoce della Nato Oana Lungescu – abbiamo visto un aumento dell’attività aerea russa vicino ai confini dell’Alleanza”. Restiamo “vigili”, ha aggiunto, specificando che “i jet della Nato sono in servizio sempre, “pronti a scattare in caso di voli sospetti o non annunciati vicino allo spazio aereo dei nostri alleati”. È l’Air policing, una delle principali missioni dell’Alleanza in tempo di pace a cui partecipa anche il nostro Paese. In tutto vi partecipano senza sosta circa 60 velivoli messi a disposizione degli alleati, supportati da appositi sistemi radar, comandi e centri di coordinamento.

LA MISSIONE

È un impegno che resta direzionato a est (verso la sfida russa) e che si rivolge ai Paesi più esposti o a quelli privi di propri jet da combattimento e difesa aerea. Missioni Nato di Air policing sono operative sulle tre Repubbliche baltiche, nei Balcani occidentali, in Macedonia, Romania, Bulgaria e Islanda. A gestire il tutto ci sono i due “Caoc”, i centri dell’Alleanza dedicati alle operazioni aeree: uno a Uedem, in Germania, per l’Europa settentrionale, e uno a Torrejon, in Spagna, per quella meridionale.

LO SCRAMBLE DI QUINTA GENERAZIONE

Il 2020 è stato comunque l’anno del primo “Alpha scramble” di quinta generazione nella storia della Nato. A fine giugno, due dei sei F-35 dell’Aeronautica militare impegnati in Islanda per missione di Air policing si sono attivati per scortare alcuni velivoli russi in missione sui cieli tra mare di Barents, mar di Norvegia e Atlantico nord-orientale. Si trattava di tre aerei da pattugliamento marittimo Tu-142 (con capacità bombardiere e antisommergibile), scortati da alcuni caccia MiG-31, gruppo del tutto simile a quelli che si osservati nelle settimane precedenti nei cieli del nord Europa.

LA PROCEDURA ITALIANA

“La prima coppia di velivoli italiani – spiegava la Difesa italiana – decollati in pochi minuti, ha raggiunto l’area di interesse e, in accordo alle procedure Nato, ha effettuato l’identificazione degli assetti provenienti dal mare di Norvegia”. Poi, “una ulteriore coppia di velivoli è decollata successivamente a protezione dello spazio aereo, effettuando attività di pattugliamento in circolo, in una cosiddetta Combat air patrol, al fine di assicurare un rapido intervento qualora gli assetti già identificati avessero interessato lo spazio aereo di competenza”.

ATTIVITÀ INTENSA

L’attività più intensa si è registrata in primavera. A fine aprile lo scramble di due caccia polacchi impegnati in Estonia ha riguardato una formazione notevole: due bombardieri Tu-160, scortati da “diversi caccia e supportati da un Airborne early warning”, dicitura che indica un sistema radar aviotrasportato utilizzato per funzioni di sorveglianza aerea, comando e controllo. Nella stessa giornata due bombardieri Tu-22, con scorta simile, si sono avvicinati allo spazio aereo della Nato a largo delle coste norvegesi. Anche in quel caso, è scattato lo scramble per l’Aeronautica di Norvegia, sollecitata poi nuovamente il giorno dopo per due Tu-142. La Russia ha sempre spiegato di agire “su acque internazionali”.

Sfida sui cieli europei. Così la Nato risponde alle manovre russe

Sono stati 350 gli scramble di velivoli della Nato generati nel corso del 2020 dalle manovre aeree degli assetti russi sui cieli del nord Europa. Quasi un allarme al giorno per rotte sempre più frequentate dalle forze di Mosca (con bombardieri e caccia), a cui l’Alleanza risponde con l’Air policing, portato dall’Italia sulla quinta generazione

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