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Nell’ultimo Consiglio Europeo, al quale ha partecipato in remoto il presidente americano, Emmanuel Macron ha richiamato l’attenzione sull’entità del piano per la ripresa dell’economia presentato da Joe Biden, di 1,9 trilioni di dollari, facendo capire che bisognerà adeguare quello europeo, ancora, peraltro non avviato concretamente.

Vi sono tre questioni che derivano da questa differenza che meritano attenzione: i riflessi sull’economia americana, i riflessi sull’economia europea, i riflessi sull’euro.
L’economia americana è prevista in forte crescita, trainata dall’aumento della domanda interna, 1.500 dollari distribuiti a ogni cittadino in difficoltà a seguito della pandemia, ai quali si aggiungono gli investimenti in infrastrutture, specie di trasporto, come strade e autostrade che contribuiranno a ridurre i tempi di collegamento tra le diverse aree del paese e a migliorare il benessere collettivo. Ed è previsto un aumento dell’occupazione e si avranno effetti positivi sui redditi della parte più vulnerabile della popolazione.

Sempre anche un aumento dell’inflazione che avrà effetti sui tassi d’interesse che presumibilmente aumenteranno, con ricadute positive sul dollaro, presumibilmente accompagnate dall’afflusso di capitali esteri, attirati dall’aumento dei tassi e dall’andamento favorevole del ciclo della produzione, unito alle condizioni della salute pubblica sotto controllo. Se il piano avrà successo, com’è prevedibile oltre che auspicabile, gli Stati Uniti ritorneranno da quest’anno alla “normalità di relazioni e comportamenti”.

Per l’Unione Europea ci vorrà più tempo. Come ha argomentato Mario Draghi nel suo intervento, gli Stati Uniti hanno una struttura federale e si avvalgono di una politica fiscale federale che consente loro di emettere titoli di debito pubblico e di finanziare in questo modo il piano. L’Unione, in mancanza di una simile struttura, potrebbe ovviare emettendo titoli, gli eurobonds, che, facendo leva sulla forza e sulla ricchezza della sua economia, permetteranno di accrescere l’entità del Piano Europeo, il Next Generation EU, portandolo sopra i 750 miliardi di euro previsti.

Il nuovo titolo offerto al mercato, per le garanzie date dall’emittente, sarebbe considerato “safe”, sicuro, come lo è oggi il Treasury Bond americano. La proposta di Draghi si collega a quanto già previsto per il finanziamento del Recovery Plan tramite l’emissione di titoli europei per la parte “non grant”, ma oltre a ciò, va oltre, avviando fin da ora la riflessione dei governi sulla revisione delle regole del Patto di Stabilità, bloccato fino al 2022.

Macron non ha indicato di quanto pensa si debbano aumentare le risorse finanziarie del Ngeu. Non c’è dubbio però che la questione che Draghi ha sollevato sul modo di farvi fronte, apre la riflessione sul futuro dell’Unione, sulla sua struttura istituzionale, sulla sua capacità di governare il ciclo non solo con la politica monetaria della BCE, ma anche con la politica fiscale dell’Unione stessa.

Un’ultima considerazione riguarda l’euro e il suo futuro. Sulla velocità di ripresa dell’economia americana, Goldman Sachs ha aggiornato le sue previsioni sulla crescita del Pil per il 2021, aumentandole a +8%, il doppio rispetto al 4% conservativo, previsto dagli analisti di Wall Street. Le previsioni dell’Unione sono per una crescita nel 2021 della sua economia del 4%, due punti in meno rispetto alle previsioni precedenti.

Vale a dire che se si avverassero le previsioni di GS, l’economia americana crescerebbe il doppio di quella europea, attirando capitali da tutto il mondo, con il valore del dollaro in ascesa rispetto a quello dell’euro. Il suggerimento dato dai due leader, francese e italiano, di aumentare il Next Generation Eu, portandolo a un livello pari alla metà di quello americano, è un passo che l’Unione deve poter fare, per non restare troppo indietro rispetto agli Stati Uniti, per salvaguardare il valore dell’euro e il suo ruolo internazionale, utilizzando per il finanziamento una strategia comune, basata sull’emissione di eurobond, come suggerito da Draghi.

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Il suggerimento dato dai due leader, francese e italiano, di aumentare il Next Generation Eu, portandolo a un livello pari alla metà di quello americano, è un passo che l’Unione deve poter fare, per non restare troppo indietro rispetto agli Stati Uniti e per salvaguardare il valore dell’euro e il suo ruolo internazionale. Il commento del prof. Michele Bagella del Gruppo dei 20 (Fondazione Economia Tor Vergata)

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