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Joe Biden, il 46° presidente degli Stati Uniti, s’è insediato alla Casa Bianca, con la moglie Jill. Donald Trump, il 45°, è in Florida, nella sua casa di Mar-a-lago, con la moglie Melania. La Camera e il Senato al gran completo sono in sessione. Il percorso di Usa 2020 e delle elezioni presidenziali e politiche del 3 novembre s’è concluso.

E’ stato un percorso accidentato, segnato e reso unico, prima del voto, dall’epidemia di coronavirus che ha colpito gli Stati Uniti come tutto il Mondo, ma più che ogni alto Paese al Mondo: 25 milioni di contagi entro la fine della settimana, già oltre 410 mila morti ora e 500 mila entro febbraio, dice Biden. Conseguente e inevitabile, la grave crisi economica e occupazionale.

Dopo il voto – mai così partecipato in percentuale e in assoluto, ad alimentare le cronache c’è stato il rifiuto del presidente uscente di riconoscerne l’esito, con la vittoria, larga, sia nei suffragi popolari che nel Collegio elettorale, del suo rivale: un rifiuto culminato nei momenti drammatici dell’attacco al Campidoglio e alle Istituzioni democratiche degli Stati Uniti condotto il 6 gennaio da centinaia, forse migliaia, di facinorosi istigati da Trump.

È troppo presto perché gli Stati Uniti abbiano digerito e archiviato l’anomalia della presidenza, auto-referenziale e irrispettosa delle regole, del magnate.

Il Senato deve ancora processare l’ormai ex presidente messo sotto impeachment per la seconda volta – un record assoluto – e potrebbe rinviare il procedimento a febbraio, avendo cose più urgenti da sbrigare. Biden ha già smantellato buona parte dell’eredità normativa del suo predecessore, basata in massima parte su decreti, emanando una raffica di provvedimenti che cancellano i precedenti, in materia di ambiente e d’emigrazione, di diritti civili e di cooperazione internazionale; e ha dato un impulso alla lotta contro la pandemia e al rilancio dell’economia.

Gli Stati Uniti non sono ancora un Paese ‘normale’ (e sotto certi aspetti – magari per fortuna – non lo saranno mai, come non lo sarà mai del tutto nessun Paese). Lo prova una notizia di ieri, secondo cui la deputata democratica della Georgia Marjorie Taylor Greene, negazionista, cospirazionista e seguace di QAnon, ha depositato i capi d’imputazione per mettere sotto impeachment Biden, accusato di abuso di potere quando era il vice di Barack Obama, per consentire al figlio Hunter d’avere un posto ben retribuito nel consiglio di amministrazione di una società energetica ucraina, la Burisma: storia vecchia e già sviscerata in campagna elettorale. La Taylor Greene sostiene che Biden non è atto a fare il presidente perché pronto a tutto pur di favorire il figlio.

È un segno che la polarizzazione della società americana di cui l’elezione di Trump era un effetto e che la presidenza di Trump ha accentuato e approfondito non s’è ridotta e tanto meno è scomparsa d’incanto con il cambio della guardia alla Casa Bianca; né avrebbe potuto, anche se lo shock di quanto accaduto il 6 gennaio ha risvegliato dall’ipnosi populista molte coscienze.

Ovunque nel Mondo, la distanza fra gli estremi è grande: Ma negli Stati Uniti, in questo momento, gli estremi rappresentano non modeste minoranze, ma decine di milioni di elettori: da una parte, ci sono i democratici di sinistra, i ‘liberal’, che violano il tabù di definirsi ‘socialisti’, e i movimenti contro ingiustizie e disuguaglianze, come Black Lives Matter; dall’altra, una perniciosa coalizione di ‘rednecks’ e suprematisti, fondamentalisti e anti-governo.

Biden predica l’unità: gli ci vorrà tempo per ricostruirla. Ma la storia di Usa 2020 finisce qui. Ed è già cominciata quella di Usa 2024: sarà ancora Biden contro Trump?, una ‘corsa degli ottuagenari’ senza precedenti; o sarà una ‘corsa delle donne’ pure inedita, Kamala Harris contro una Trump, Ivanka, o forse Nikki Haley? Cominceremo a raccontarlo, magari, dopo le elezioni di midterm dell’8 novembre 2022, verso l’Election Day del 5 novembre 2024

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