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Ci eravamo lasciati con l’appello di 236 parlamentari Usa, europei e israeliani (tra cui il sottoscritto) rivolto all’Unione europea che chiedeva di non distinguere più tra ramo politico e ala militare di Hezbollah e di bandire l’intera organizzazione. È stata firmata a luglio scorso per questo una “dichiarazione transatlantica” pubblicata dal sito dell’Ajc Transatlantic Institute, l’ufficio europeo dell’American Jewish Committee.

A oggi siamo ancora in attesa di una qualche risposta e mi sono così rivolto al governo italiano presentando un’interrogazione al ministero degli Affari esteri per chiedere delucidazioni circa la linea diplomatica che l’Italia intenda seguire non solo sul terrorismo in generale ma sul caso specifico della “declinazione” non formale ma sostanziale dell’organizzazione sciita libanese filoiraniana. Perché di questo stiamo parlando.

La risposta data dal viceministro degli Affari esteri, Marina Sereni, è stata insufficiente ed evidenzia come l’Italia guidata da Giuseppe Conte continui ad avere una direttrice non solo poco chiara ma anche altalenante, tanto che lo stesso viceministro nella sua risposta ha definito l’organizzazione “problematica”. Di problematico non c’è nulla: c’è francamente solo la decisione da prendere nel dichiarare Hezbollah un’organizzazione terroristica uscendo dall’ambiguità della distinzione tra ala politica e ala militare.

La tiepidezza e l’equilibrismo manifestati da questo governo in politica estera ci trova sgomenti: non si può essere indecisi di fronte a un’organizzazione che il 19 luglio di otto anni fa si è macchiata dell’attentato suicida in Bulgaria contro un autobus che stava portando turisti giunti da Israele dall’aeroporto ai loro hotel; non si può essere indecisi di fronte a un’organizzazione che a tutti gli effetti ha una natura terroristica che prevale su quella politica del tutto assente. La natura di Hezbollah richiede una precisa condanna e messa all’indice da parte di questo esecutivo. Non mi stancherò mai di sollecitare le istituzioni italiane ed europee in questo senso: parliamo di un atto dovuto di civiltà e democrazia.


Riportiamo di seguito la risposta dalla viceministro Sereni all’interrogazione dei deputati Giorgio Mulè e Andrea Orsini

Onorevoli Deputati Mulè e Orsini,

rispondo alla Vostra interrogazione n. 4-06858.

Ringrazio innanzitutto gli interroganti per i quesiti che hanno posto, che mi permettono di fare chiarezza sulla posizione del Governo rispetto alle dinamiche politiche libanesi in uno dei momenti di maggiore criticità nella storia recente del Paese.

Nella sua proiezione esterna, in particolare nel Mediterraneo, area di maggior rilievo della nostra politica estera, l’Italia continua a muoversi in piena coerenza con i tradizionali pilastri della sua azione internazionale, ovvero l’Alleanza Atlantica e l’appartenenza all’Unione Europea. Lavoriamo per la stabilizzazione delle crisi regionali, per la promozione di un’agenda positiva e per lo sviluppo dei rapporti con tutti i Paesi della sponda Sud, incluso Israele, con cui condividiamo fondamentali interessi strategici.

In Libano l’Italia ha fatto un investimento di lungo periodo, sostenendo senza riserve nel corso degli anni la stabilità, la sicurezza, l’unità, e la prosperità del Paese dei Cedri. L’impegno si è articolato: 1) nella nostra qualificata partecipazione in UNIFIL, in cui siamo presenti con il secondo contingente per rilevanza numerica di circa 1000 uomini, esprimiamo il Force Commander Del Col e deteniamo il comando del “Sector West”; 2) nel sostegno alle forze armate e di sicurezza libanesi, culminato nelle due Conferenze di Roma (2014 e 2018) organizzate nell’ambito dell’International Support Group (ISG); 3) in una pluralità di iniziative di cooperazione allo sviluppo, da ultimo con i 120 milioni di euro assicurati in occasione della Conferenza CEDRE di Parigi. Questo impegno è stato riaffermato anche a seguito delle esplosioni del 4 agosto, quando l’Italia ha messo in campo un ampio ventaglio di strumenti quali contributi finanziari, donazioni di materiale sanitario, dispiegamento di un ospedale da campo e di vari team di esperti. Si aggiungerà nelle prossime settimane l’invio di una task force di “United4Heritage” (i cosiddetti “caschi blu della cultura”) per fornire assistenza nel restauro dei siti storici di Beirut danneggiati dall’incidente nel porto.

Rispetto a Hezbollah, l’Italia rimane in linea con la posizione comune dell’Unione Europea, che distingue nettamente tra l’ala politica del movimento, considerata legittima, e l’ala militare dell’organizzazione, oggetto di sanzioni. Dal giugno 2013, a seguito dell’attentato di Burgas in Bulgaria costato la vita a 5 cittadini israeliani, l’UE ha infatti inserito, su proposta britannica, la sola componente militare di Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche.

Anche se alcuni Paesi europei hanno successivamente deciso di estendere il regime sanzionatorio a Hezbollah nella sua interezza, superando cioè la distinzione tra ala politica e militare del movimento sciita, rimaniamo convinti che la prosecuzione dell’azione italiana – di sostegno alla stabilità e prosperità del Libano, anche in ambito UNIFIL, non possa prescindere da una continua e articolata interlocuzione con tutti gli attori che compongono il variegato mosaico politico-confessionale del Paese. Per quanto certamente problematica, Hezbollah è una forza politica legittimata dal voto popolare. Alle elezioni legislative del 2018 il movimento ha infatti ottenuto 13 seggi che, sommati ai 15 dell’altro partito sciita Amal, vanno a comporre uno dei principali blocchi all’interno del Parlamento libanese.

Mantenere la distinzione tra l’ala politica e l’ala militare della formazione sciita non vuol dire astenerci dall’assumere, quando necessario, posizioni critiche nei confronti dell’operato di Hezbollah, né tanto meno implica, lo ribadisco con forza, un allentamento della vigilanza sulle attività dell’organizzazione in Italia. Anche in relazione alle recenti dichiarazioni del Coordinatore antiterrorismo degli Stati Uniti, posso assicurarvi che l’operato di Hezbollah rimane attentamente e costantemente monitorato.

Marina Sereni

 

Non si può essere indecisi di fronte a Hezbollah. Scrive Mulè (Fi)

Di Giorgio Mulè

Ci eravamo lasciati con l’appello di 236 parlamentari Usa, europei e israeliani (tra cui il sottoscritto) rivolto all'Unione europea che chiedeva di non distinguere più tra ramo politico e ala militare di Hezbollah e di bandire l'intera organizzazione. È stata firmata a luglio scorso per questo una “dichiarazione transatlantica” pubblicata dal sito dell’Ajc Transatlantic Institute, l’ufficio europeo dell’American Jewish Committee.…

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