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Il vero incubo per i mercati non porta il nome di Donald Trump e nemmeno quello di Joe Biden. Si chiama Congresso. “Se i democratici dovessero vincere sia Camera che Senato, si aprirebbe un incubo per la finanza Usa”. Carlo Pelanda, analista geopolitico e gestore di fondi di investimento, spiega perché, in queste ore di trepidante attesa, gli occhi di Wall Street non siano puntati sulla Casa Bianca ma su Capitol Hill.

“Una vittoria dei democratici al Senato è il worst scenario negli ambienti finanziari”, dice a Formiche.net. “Tutte le enormi agevolazioni fiscali di Trump, dai tagli alle tasse federali agli stimoli alle imprese, hanno fruttato tantissimo a Wall Street. Con l’Asinello in tutte e due le Camere, sparirebbero nel giro di poche settimane. Al Congresso l’area della sinistra radicale ha guadagnato grandi spazi”. Questo verdetto, non quello presidenziale, tiene sulle spine i mercati americani. Un’ipotesi che, fino alla mattina di questo mercoledì, è stata tutt’altro che inverosimile, con un (inatteso) recupero dei dem al Senato, finora in mano ai repubblicani.

Il secondo nemico di chi investe, continua Pelanda, è l’incertezza. Non manca di certo in un voto che dopo ventiquattrore non ha ancora dischiuso il nome del prossimo presidente degli Stati Uniti. Non a caso nella notte sono scesi i titoli di Stato statunitensi, segno di un aumento degli acquisti in corso. I futures su Wall Street, per ora, sono negativi.

“La Borsa Usa teme il limbo, il disordine. I riconteggi infiniti, contea per contea”. Fino all’ipotesi, paventata dallo stesso Trump, di una battaglia legale che può approdare fino alla Corte Suprema. “In quel caso gli investitori prenderanno il portafoglio e se ne andranno in vacanza finché le cose non si chiariscono”, chiosa ironico l’esperto.

“La borsa non fa il tifo per un candidato o l’altro. Fa scenari A, B e C, e si regola di conseguenza. I grandi investitori finanziari hanno ripartito quasi a metà i finanziamenti fra i due contendenti, con una leggera preferenza per Biden per motivi di immagine”. Non ci sarà un crollo, ma un calo fisiologico a Wall Street, continua l’analista. “Ciò che conta davvero sono le decisioni di investimento dei grandi gruppi privati e la tenuta dei costi azionari, che ora sono molto alti. Non escludo che l’incertezza possa offrire una scusa per tirare giù la Borsa ora. Si preparerebbe così il terreno per una grande ripartenza tra febbraio e marzo del 2021. “La convergenza della ripresa, che è già iniziata, della stabilizzazione istituzionale e magari del vaccino e di cure più efficaci contro il Covid-19 può dar vita a marzo a un rally, una bolla”.

Finora, spiega, “le borse hanno vissuto con grande fastidio il ritardo del negoziato sugli stimoli fiscali. Senato e Camera non si sono messi d’accordo, diverse decisioni di investimento sono state reinviate nonostante una ripresa robusta”.

Altro che Trump o Biden. Wall Street trema per il Congresso

Altro che Trump o Biden. I mercati finanziari hanno il terrore di un Congresso tutto in mano ai democratici. Carlo Pelanda, analista e gestore di fondi, spiega perché Wall Street trema per la sorte della riforma fiscale trumpiana. Se scende la Borsa poco male: a marzo ci sarà un boom per ripartire

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