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Dicembre 2019, febbraio, giugno, settembre 2020: in meno di un anno il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, è stato quattro volte in Libia. Nessun attore occidentale come lui: nessuno come l’Italia, se si aggiunge che a metà luglio era toccato alla ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, e a inizio agosto al ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, recarsi a Tripoli. Quasi una volta al mese, in questi ultimi nove mesi, un alto rappresentante del governo italiano è stato in visita nel Paese nordafricano; altre volte figure del governo libico sono venute a Roma. Testimonianza chiara di quanto dichiarato oggi dal capo della Farnesina:  “La Libia per noi è un attore importante, uno snodo cruciale per costruire un nuovo modello” di sviluppo nel Mediterraneo, “con scambi commerciale fiorenti e opportunità di crescita” per tutti i Paesi dell’area”.

Difficile pensare in effetti a un equilibrio generale del quadrante – infiammato sul lato nordafricano dalla crisi economico-politica in Tunisia e su quello orientale dalle tensioni greco-turche – senza passare dalla stabilizzazione della guerra civile libica. “L’Italia vede con favore l’accordo raggiunto con (il presidente del parlamento di Tobruk Aguila) Saleh per la promozione di un cessate il fuoco e lo sosteniamo. Crediamo anche, come diciamo da sempre, che debba cessare ogni interferenza esterna”, ha aggiunto Di Maio parlando nel suo incontro con il presidente del governo di accordo nazionale (Gna) libico Fayez al-Sarraj.

Si dirà che anche la presenza italiana può essere letta come interferenza esterna (ci sono lati del potere libico che così la vedono, e per ragioni di comodo e per desiderio sovrano). Ma un conto è il ruolo di ponte giocato da Roma, un altro è quello che altri Paesi stanno cercando di costruire sui due fronti, Tripolitania e Cirenaica. Le installazioni militari in costruzione per Turchia e Russia (ed Emirati Arabi) hanno valore strategico. Sono fondamentali proprio per costruire una presenza nel Mediterraneo centrale e facilitare da quello snodo la costruzione di un’influenza – gli interessi sono svariati, si va dalla strategia dei porti di Abu Dhabi, alle ambizioni di allargamento marittime di Ankara, all’interferenza strumentale di Mosca.

Il mantenimento dell’equilibrio e la stabilizzazione libica sono questioni interesse nazionale per l’Italia, e la presenza della delegazione guidata da Di Maio si pone anche su questa traiettoria. “Istituiamo la commissione” per le questioni economiche tra Italia e Libia “il prima possibile. Vogliamo che le imprese italiane vengano qui da noi per sostenere lo sviluppo e la crescita della Libia”, ha detto da parte sua Serraj durante il colloquio con Di Maio. Molti i dossier sul tavolo, contratti e progetti per la ricostruzione di cui ha discusso il sottosegretario che alla Farnesina ha in mano il commercio estero, Manlio Di Stefano.

Nella visita odierna, oltre al bilaterale col governo di Tripoli, ci sono state altre due tappe di estrema importanza. La prima, sempre nella capitale, con National Oil Corporation (Noc, la compagnia petrolifera della Libia), Mustafa Sanallah, con cui è stato affrontato il tema cruciale della riapertura dei pozzi petroliferi. Sequestrati dai ribelli dell’Est, sono stati recentemente parzialmente smilitarizzati e potrebbero essere pronto per far ripartire le produzioni. Una necessità, perché i proventi sono un’entrata fondamentale per il sostentamento dello stato. Sebbene sia ancora da chiarire come gestire le entrate e la relativa ridistribuzione, sia Serraj che Saleh nelle loro dichiarazioni dialoganti hanno parlato del far ripartire il prima possibile i flussi di petrolio.

L’altra tappa italiana è stata appunto Qubba, quartier generale del presidente della Camera dei rappresentanti. Il faccia a faccia con Saleh è in questo momento un passaggio centrale e quasi dovuto, visto il tentativo di contatto tra i due fronti.

Oggi in Libia c’era anche l’Alto rappresentante per la politica estera europea, Josep Borrell. “Ho incontrato a Tripoli il presidente Serraj e i membri del governo. La Libia resta una priorità per l’Ue. Salutiamo il recente accordo sul cessate il fuoco e continuiamo a sostenere il dialogo ed una soluzione politica al conflitto a guida libica”, ha scritto su twitter. Borrell ha detto di aver discusso di come “far avanzare il processo politico, di riprendere i colloqui del comitato militare 5+5 e di revocare il blocco del petrolio”. Poi l’Alto rappresentante ha ribadito che l’Ue “sostiene con forza il processo di Berlino, gli sforzi di mediazione e le misure per la de-escalation, incluso l’embargo sulle armi, elementi chiave per mettere fine al conflitto in Libia”.

 

Libia, così Di Maio traccia la rotta dell’interesse nazionale

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