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La crisi libica è entrata da qualche mese in una fase di stallo che possiamo immaginare, purtroppo, durerà a lungo. Per capire il perché dobbiamo fare un quadro della situazione attuale: dopo la veloce sconfitta e ritirata a Sirte e Al Jufra delle forze di Haftar, respinte dalla Tripolitania grazie al determinante appoggio militare turco, si è entrati per fortuna in una fase di cessate il fuoco determinato principalmente da un accordo turco-russo.

Ankara e Mosca sono diventati ormai i due attori principali di questa crisi: la Turchia è ormai di fatto il protettore del governo di Tripoli Gna, mentre la Russia è diventata la principale alleata militare di Haftar, tanto è vero che il crollo delle forze haftariane  in Tripolitania — avvenuto in pochi giorni — è collegato al ritiro della Wagner. I contractor militari  russi  hanno infatti lasciato con i relativi equipaggiamenti, prima il fronte sud di Tripoli, poi da Tarhouna che — fino a poco tempo prima era la principale base logistica delle forze di Haftar in Tripolitania.

Questo ha permesso di far capire a tutti che Haftar senza lappoggio dei russi risulta essere molto debole, anche perché il suo grosso problema non sono mai stati gli equipaggiamenti forniti — a cui gli Emirati e l‘Egitto hanno sempre provveduto — ma le risorse umane da mandare al fronte. Aspetto reso ancora piu evidente con il blitz del 4 aprile 2019 per prendere Tripoli: sarebbe dovuto durare pochi giorni nelle intenzioni e speranze di Haftar, si è invece trasformato in una guerra di logoramento che è finita per provocare la reazione delle tribù delle Cirenaica, stanche di veder tornare dal fronte i loro figli o fratelli o mariti morti o feriti.

Questo ha fatto sì che Haftar avesse a disposizione sempre meno uomini, e lo ha costretto a far sempre di più ricorso ai mercenari sudanesi e ciadiani — molto poco addestrati o pronti a morire. Per lui il salto di qualità è stato possibile solo dopo lentrata in campo dei mercenari della Wagner, molto ben addestrati ed equipaggiati, e grazie anche ai sistemi di difesa russi oltre allarrivo nellultimo periodo dei jet russi di stanza nella base aerea di Al Jufra.

Quindi questo ha permesso ai russi e ai turchi di diventare i due principali attori sulla scena libica, ed in particolare di condizionare qualsiasi decisione o movimento militare sul campo. Il Gna senza i turchi non riuscirebbe molto probabilmente a conquistare Sirte ed Al Jufra, ed Haftar senza i russi non riuscirebbe a mantenere Sirte ed Al Jufra e rischierebbe addirittura di perdere anche la Cirenaica.

Di fronte a questo scenario, turchi e russi stanno imponendo per ora il cessate il fuoco e continuano a discutere per trovare un accordo che in primis sblocchi la diatriba sul controllo appunto di Sirte (molto cara a Misurata che nel 2016 lha liberata dallIsis perdendo molto vite) e di Al Jufra (dove si trova una strategica base aerea al centro della Libia). È molto probabile che alla fine un accordo tra turchi e russi sulla spartizione di Sirte al Gna e di al Jufra ad Haftar possa arrivare, ma per il resto sembra che sullo stato dei fatti sia molto difficile arrivare ad un accordo che preveda anche lo sblocco della produzione del petrolio — e quindi del controllo della zona della mezzaluna petrolifera, e il raggiungimento di un accordo politico per la creazione di un nuovo governo di accordo nazionale che includa esponenti della est e dellovest del paese.

Un progetto simile è il piano presentato da Aghila Saleh, presidente del Parlamento di Tobruk, il mese scorso al Cairo. Ma il principale problema che blocca la ripresa della produzione di petrolio è la spartizione dei ricavi tra est e ovest. Haftar rivendica il diritto di avere anche lui una parte dei proventi ottenuti dalla vendita del greggio mentre Tripoli rivendica il fatto che il miliziano dell’Est non possa godere di questo diritto perché significherebbe dare soldi a chi vuole prendere il potere con la forza e con le armi.

La soluzione dovrebbe quindi passare in primis dal superamento della figura di Haftar come riferimento dell’Est, e magari dalla sua sostituzione con un esponente politico e non militare come appunto Saleh, ma per ora Haftar continua a godere del forte appoggio degli Emirati Arabi e poi dalla creazione di una zona demilitarizzata nella Mezzaluna petrolifera (un modo per tutelare la maggiore risorsa del paese, idea molto caldeggiata dagli americani).

Come detto prima, vedo anche molto difficile ad oggi il raggiungimento di un accordo politico tra est e ovest, dunque. Anche perché in fin dei conti ai turchi e ai russi conviene anche la situazione di stallo che si è venuta a creare. I primi ormai di fatto controllano la Tripolitania, stanno costruendo le loro due basi (una aerea ad Al Watya e una navale a Misurata), stanno portando avanti i loro business con il Gna nei settori piu strategici dallinfrastrutture allenergia.

Dallaltra parte, i russi consolidano la loro influenza in Cirenaica e portano avanti i loro interessi militari e politici. Entrambi sanno che per loro questo è già un risultato molto importante, anche perché i turchi sono ben consapevoli sull’impossibilità di andare in Cirenaica senza scatenare una forte reazione egiziana, e i russi sono altrettanto consapevoli che per loro è impossibile andare in Tripolitania senza scatenare un reazione europea, americana e della Nato. Quindi a nessuno dei due in realtà conviene che i libici trovino un accordo, e preferiscano mantenere vive le attuali figure di riferimento a Tripoli e a Bengasi.

Anche allEgitto alla fine sta bene questa situazione: al Cairo principalmente interessa la sicurezza del lungo confine con la Libia, che in questo attuale scenario comunque è garantita da Haftar. Su tutto, gli americani sono troppo lontani e troppo presi dai tanti problemi interni (Covid e relativa crisi economica, oltre allimminente elezione presidenziale) per esercitare un ruolo di sblocco dall’alto. Gli unici a cui probabilmente questa situazione potrebbe non andare bene sono gli emiratini, ma in questo momento non riescono ad essere da soli cosi determinanti.

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