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Il professor Stefano Zamagni, presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, si è fatto promotore di un Manifesto per un nuovo soggetto politico di ispirazione cristiana. Siamo ora entrati nella fase attuativa.

La “teoria della diaspora”, con i cattolici sparsi nelle diverse formazioni politiche, li ha condannati al ruolo insignificante della minoranza e all’incapacità di progettare e realizzare un proprio disegno politico in una società in grande trasformazione.

L’Italia è da troppi anni in stagnazione economica e rischia di imboccare la via del declino senza speranza di ritorno, con effetti pesantissimi per tutti e soprattutto per le giovani generazioni.

Accanto a questa crisi, vi è un altrettanto pericolosa stagnazione culturale, di valori.

In generale, in politica come nella cultura, nel giornalismo, nella sfera intellettuale, dove sono i cattolici? Quale il loro ruolo, il peso che esercitano in maniera sintonica ed organica negli specifici ambiti di interesse?

Il bipolarismo si è rivelato strumento di una “democrazia incompiuta”, sacrificando oltre ogni limite le forze moderate del centro, espressione della rappresentanza del pluralismo sociale e della visione solidaristica della società propria della concezione cristiana della vita.

Si tratta di principi fondamentali che troviamo nella nostra Carta costituzionale dove si parla del dovere di solidarietà politica, economica e sociale.

L’attuale assetto politico è incapace di affrontare e superare le grandi sfide che abbiamo davanti a noi con la rivoluzione digitale e con il salto verso la “green economy”, con un programma massiccio di investimenti in un’ottica di lungo periodo.

A monte abbiamo i prerequisiti dello sviluppo per affrontare positivamente questa sfida che sono rappresentati dall’istruzione e dalla formazione e da un quadro sanitario sostenibile. Questi due settori sono stati fortemente penalizzati dalle scelte degli ultimi decenni.

Il quadro mondiale in cui ci muoviamo è pieno di incognite e di incertezze e per questo abbiamo bisogno di una classe politica all’altezza delle sfide, con il contributo compatto e non disperso dei cattolici.

Il clima di post-umanesimo e di trans-umanesimo che stiamo vivendo è molto pericoloso perché sottomette l’uomo alla tecnocrazia mondiale, ai robot umanizzati e all’intelligenza artificiale. Come afferma Alessandro Vespignani nel suo ultimo libro, “facendo così gli algoritmi diventano davvero degli indovini gestiti da una casta di sacerdoti con cui non possiamo comunicare e di cui non siamo in grado i di comprendere i veri poteri. È questo il pericolo più grande che ci si pone di fronte”.

Possiamo dire che l’iniziativa del professor Zamagni risponde all’appello della Christifideles laici di Giovanni Paolo II del 1988 per “un rinnovato impegno dei cattolici in politica”.

Giovanni Paolo II è stato un grande maestro della dottrina sociale della Chiesa con ben tre Encicliche: la Laborem exercens del 1981, la Sollicitudo rei socialis del 1987, la Centesimus annus del 1991.

Ci viene in mente l’insegnamento di don Lorenzo Milani quando parlava di cittadinanza “sovrana” ovvero della capacità di parlare in prima persona, di conoscere e di stare dentro i processi di cambiamento. Molti si interrogano sul futuro, su un auspicato rinnovamento nella società. Da questo punto di vista, è appunto indispensabile che ciascuno senta la responsabilità della propria, non altrui, cittadinanza sovrana.

È chiaro, naturalmente, che unità non significa ricercare un affannato sincretismo politico. Da questo punto di vista, la “materia prima” dell’unità politica dei cattolici sono i cattolici. E, pertanto, il ruolo della Chiesa è fondamentale.

Il nuovo soggetto politico di ispirazione cristiana dovrebbe avere a fondamento i grandi principi della dottrina sociale della Chiesa: sviluppo umano integrale, solidarietà, sussidiarietà, destinazione universale dei beni, bene comune. Il bene comune è l’obiettivo finale della dottrina sociale della Chiesa e deve innervare l’intero sistema economico secondo i principi dell’economia sociale di mercato.

Ma come realizzare questo disegno indispensabile di un nuovo soggetto politico di ispirazione cristiana?

Crediamo che gli strumenti ci siano ma vanno indirizzati e potenziati.

Si tratta del grande mondo dei movimenti e delle associazioni ecclesiali nati in gran parte come una fioritura dopo il Concilio Vaticano II. Prima esisteva solo l’Azione Cattolica che garantiva grande unità di indirizzo e di comportamenti, grazie anche ai suoi prestigiosi presidenti che dialogavano direttamente con il papa.

Con il grande sviluppo dei movimenti e delle associazioni ecclesiali abbiamo purtroppo perso questo grande valore dell’unità, precipitando in una pericolosa diaspora. Ognuno guarda al proprio “orticello” e considera gli altri movimenti e associazioni come dei concorrenti o, addirittura, degli avversari.

Si tratta di una forza potenziale enorme, gravitante attorno a due soggetti: la Consulta nazionale delle aggregazioni laicali (Cnal), con una settantina di movimenti e associazioni di piccole e medie dimensioni, e Retinopera, con una ventina di aderenti di più grandi dimensioni.

Complessivamente, un centinaio di movimenti e associazioni che fanno riferimento alla Conferenza episcopale italiana (Cei), con minimo cinque milioni di aderenti.

Un caso concreto di convergenza su temi specifici: di recente è stato costituito il comitato “Polis pro persona” composto da un gruppo di circa 50 associazioni no-profit per portare avanti iniziative condivise finalizzate al bene comune del Paese (ha condotto ad esempio la discussione ed il confronto sul progetto di legge Zan in tema omofobia).

Riteniamo che potrebbe essere anche questa la base del nuovo soggetto politico di ispirazione cristiana, recuperando quella unità di intenti e di indirizzo che storicamente era propria dell’Azione Cattolica. Lo dobbiamo in particolare ai giovani, speranza di un mondo migliore.

Piazza San Pietro donne per la chiesa

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