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L’unica costante arsura, in questa estate tropicale che gronda allegramente (e pericolosamente) di Covid, è quella della politica. Nel senso che c’è una lancinante sete di questo elemento ma manca la materia prima per dissetare. E allora, in mancanza d’altro, s’allungano le pagine della “para-politica”, di quella forma di gossip ad uso del pubblico di bocca buona, quello che resta ai titoli e al catenaccio (che è quella specie di riassuntino dell’articolo che sta sotto al titolo).

Esplode così la querelle sul mancato pagamento, da parte dei parlamentari del Movimento Cinque Stelle, delle quote (sembrerebbe non meno di 2300 euro al mese) di indennità destinate all’esercizio della pedagogia “antiprivilegio”. Insomma anche questa volta si scopre che una ottantina di parlamentari è moroso da un bel po’. È una notizia?

Forse, ma è vecchia, perché si ripete ogni volta che arriva la scadenza, e tutto sommato, poco interessante, gettata lì come una curiosità estiva. Avrebbe senso, probabilmente, portare il conteggio statistico mensile dei renitenti, consegnando un premio annuale al più coriaceo, e domandarsi perché si continui con questa manfrina non dovuta per legge e non richiesta dalla pubblica opinione, che ogni volta espone al ludibrio l’incauto Movimento, quello dell’“apriremo il Parlamento come una scatola di sardine”.

Avrebbe avuto senso, e parecchio, visto che siamo alla vigilia di un referendum che sfregia il Parlamento con un taglio “ad capocchiam” motivato principalmente con la volontà di “risparmiare” sulle indennità parlamentari, dare una sforbiciata al “mensile” dei deputati e senatori. Oltre 13.000 euro netti, si legge dai siti ufficiali del Parlamento: togliere 5000 euro non sarebbe poi così punitivo e porterebbe nelle casse dello Stato oltre 283 milioni di euro in una sola legislatura. Sono molti, sono pochi? Una sola goccia, probabilmente, ma, visto che su questo tasto “numismatico” si è suonata la grancassa, facciamolo fino in fondo senza sfasciare la Costituzione italiana.

Curioso: il Parlamento della 18ma legislatura ha saputo alzare il fiero sguardo per dimezzare con un soffio i vitalizi di una platea di ex ultraottantenni che non si potevano difendere, approvando con una delibera “ideologica” interna il provvedimento e commentando la cosa davanti alle telecamere come un gesto forse non così ricco per l’erario ma grondante di giustizia superiore, di fronte al paese che soffre. Bene: con lo stesso sistema avrebbe potuto procedere al taglio delle indennità, senza ricorrere alla procedura di revisione della Costituzione, evitando così una scivolosa deriva di squilibri che non sarà facile né breve riparare, se il popolo sovrano dovesse dire sì allo sciaguratissimo quesito referendario, approvando lo sgangherato taglio. Qualcuno ha mai sentito una voce che ricordasse queste cose? Qualcuno ha mai letto da qualche parte di questa possibilità? Qualche deputato o senatore ha preso per caso la parola per dire: “Tagliamoci l’indennità”? Non ci pare. Strano, non è vero? O forse no: il contributo al Partito, al Movimento, alla solidarietà, è, appunto, volontario e, in quanto tale dimenticabile. Lo stipendio ridotto sarebbe decurtato dall’erogatore, e dunque il danno sarebbe diretto e irreparabile. Ma di che parliamo, proprio di questi tempi, ragazzi: e quando ci ricapita?

Phisikk du role - Alla fine sempre meglio una donazione che un taglio...

L’unica costante arsura, in questa estate tropicale che gronda allegramente (e pericolosamente) di Covid, è quella della politica. Nel senso che c’è una lancinante sete di questo elemento ma manca la materia prima per dissetare. E allora, in mancanza d’altro, s’allungano le pagine della “para-politica”, di quella forma di gossip ad uso del pubblico di bocca buona, quello che resta…

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