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Ha un grande timore l’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti: che l’Italia festeggi quando non c’è davvero nulla da festeggiare. Gli spazi dovranno essere maggiori, gli studenti di meno e gli insegnanti di più. Questa la grande sfida: avere una scuola più sperimentale, dice a Formiche.net: “Il punto non è solo superare l’emergenza, ma trasformare l’emergenza in una opportunità, non è accettabile che un governo faccia le riunioni tecniche a fine agosto per programmare la riapertura il 14 settembre. Per me è già una sconfitta”.

Nella scuola che riapre, un docente su tre è precario: le nuove assunzioni annunciate dal governo risolveranno definitivamente la problematica?

Da quello che capisco, no perché le assunzioni annunciate dal governo vanno per buona parte a rimpiazzare i 30mila docenti andati in pensione e sono a tempo determinato per il Covid. Sicuramente è utile avere del personale in più, così come ho sempre caldeggiato quando ero ministro, ma occorre che sia di ruolo e non precario. Osservo che si andranno ad aggiungere al fronte delle 200mila unità di precari già presenti e saranno anche precari di serie B: si tratta infatti di un contingente che potrà essere licenziato in caso di ritorno alla didattica a distanza. Per cui quella misura non va nella direzione auspicata, perché non coglie un’opportunità storica.

Quale?

Nella fase emergenziale in cui ci troviamo, tutto è possibile: non dimentichiamo che fino a pochi anni fa tutti i ministri dovevano lottare per avere qualche risorsa in più. Ora invece i limiti di deficit sono saltati e un governo, se volesse, potrebbe tranquillamente iniettare nuovi fondi nella scuola.

La scuola italiana potrà riaprire in sicurezza il 14 settembre?

La scuola italiana riaprirà perché la scuola riapre: è sufficiente aprire un cancello perché sia così. Il punto è come: in maggiore sicurezza da alcune parti, in minore da altre. Dovremmo chiederci se avremo una scuola migliore di quella che abbiamo chiuso a marzo e cosa accadrebbe se non riuscissimo a costruire oggi una scuola migliore quando il Covid ci ha costretto a rivedere alcune caratteristiche tradizionali della convivenza. Penso a classi più piccole e con più insegnanti di ruolo, ad una mentalità che vede tutto a livello solo emergenziale, al fatto che non si è compreso come usare questa opportunità sanitaria per sanare criticità strutturali. Senza misure del genere non avremo capito nulla della crisi in atto.

Quale il suo maggiore timore?

Che l’Italia festeggi, perché tutto sommato il 14 settembre le scuole riapriranno i cancelli, i bambini non si ammaleranno più di tanto e i problemi veri della scuola saranno gli stessi di sempre. Credo che questo quadro non sia un motivo di celebrazione.

Lo shock dell’emergenza è stato utilizzato per cambiare la scuola nelle sue reali esigenze?

Per niente. Tra l’altro non mi immagino che si possa fare in pochi mesi, ma sicuramente in questi mesi si poteva programmare una strada riformatrice, come una revisione della norma sul dimensionamento. Visto che ci hanno detto che con il Covid dovremo convivere a lungo, è ovvio che non possiamo permetterci in Italia plessi da 4000 studenti.

Dove si sta sbagliando secondo lei?

Prima non potevamo permetterci una classe da 30 alunni solo per motivi morali, ma oggi anche per necessità epidemiologica e di sicurezza pubblica. Gli spazi, quindi, dovranno essere maggiori, gli studenti di meno e gli insegnanti di più. Questa la grande sfida: avere una scuola più sperimentale, con gruppi da 15 studenti, così da mettere davvero in campo le pedagogie innovative. Come direbbe la ministra Azzolina gli studenti non sono imbuti: ma se sono troppi in una classe diventa difficile non farli diventare imbuti. Mentre secondo me adesso cavalcheremo l’emergenza e faremo investimenti che, in seguito, non ci torneranno più utili. Il punto non è solo superare l’emergenza, ma trasformare l’emergenza in una opportunità.

Vede più una mancanza di coraggio nel fare la rivoluzione nella scuola o la mentalità di accontentarsi del minimo?

Sicuramente è un problema di mancanza di visione: non resisto più in un Paese che sulle cose importanti arriva sempre ultimo. Esiste purtroppo nella macchina pubblica da tempo, l’ho toccata anche da ministro. Sa quante volte mi sono sentito dire “di questo ce ne occuperemo quando sarà il momento di preoccuparsene”? Invece quando arriva quel momento è già troppo tardi, perché certe soluzioni non sono più praticabili. Mi sono occupato di tale programmazione più di un anno da viceministro.

E dopo?

A marzo ho redatto e inviato alla ministra ed alla sua task force un documento con tutte queste indicazioni: se mi chiede oggi cosa possiamo fare di quel paper le rispondo che, oggi 31 agosto, dovremmo stracciarne il 90%. Possiamo solo pregare che tutto vada bene. Sulla scuola non possiamo essere una società dell’ultimo momento: non è accettabile che un governo faccia le riunioni tecniche a fine agosto per programmare la riapertura il 14 settembre, per me questa è già una sconfitta. Anziché gli Stati Generali dell’economia, da cui non è uscito nulla, perché non si sono fatti quelli della scuola? Arrivare ad occuparcene ad agosto significa da un lato una trascuratezza sulla scuola che mi fa ribrezzo, dall’altro un’improvvisazione governativa sconcertante.

Che ne pensa della mozione di sfiducia per la ministra Azzolina?

Se c’è un modo per rafforzare un ministro è fargli fare una mozione di sfiducia da parte dell’opposizione. Invece proporrei un dibattito sull’importanza della scuola nella politica italiana. Non si può lasciare un ministro dell’Istruzione solo.

twitter@FDepalo

 

taranto, eni, fioramonti

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