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Due sfide e minacce diverse, non sovrapponibili. Tali sono oggi Cina e Russia per la Nato. Un’alleanza che nasce come forma di deterrenza dalla cortina di ferro. Ma negli anni, ormai più di 70, ha fatto della capacità adattiva e della resilienza i suoi due punti di forza.

Sono richieste entrambe, per far fronte alla nuova sfida che viene da Pechino. Tecnologia, commercio, investimenti nelle infrastrutture i terreni su cui il Dragone si muove con più disinvoltura. Presto a questi si aggiungerà il settore militare. Qui, oggi, la Cina non può competere con la Nato, e con il suo principale garante, gli Stati Uniti. Ma è solo questione di tempo. Anche perché lo smantellamento progressivo di tutti i trattati di deterrenza nucleare e missilistica fra Washington Dc e Mosca sta aprendo delle maglie in cui può infilarsi il governo cinese.

Questo il tema al centro dell’ultimo appuntamento del Brussels Forum, kermesse internazionale organizzata dal think-tank americano German Marshall Fund (quest’anno in via telematica) che ogni anno chiama a raccolta nella capitale belga i massimi esperti di settore nella sicurezza e nella geopolitica. A interrogarsi sul riassetto strategico dell’Alleanza e dell’Europa intera nel seminario “Defending the new normal: the new security after coronavirus”, incalzati dalle domande del giornalista dell’Economist Shashank Johsl, il vicepresidente del Gmf Ian Lesser, Micheal Arthur, vicepresidente di Boeing Company, Rose Gottemoeller, lecturer a Stanford, il congressman democratico Seth Moulton e il ministro della Difesa lettone Artis Pabriks.

Ridefinire le priorità della sicurezza europea è tanto più necessario oggi, alla luce dell’annunciato (e non ancora confermato) ritiro di una parte delle truppe Usa dalla Germania. “La credibilità Usa si è erosa con questa amministrazione, dobbiamo modernizzare strutture della Guerra fredda come la Nato, dobbiamo sfruttare il momento per rafforzare la relazione transatlantica”, dice Moulton dal suo ufficio a Capitol Hill. “Il mondo è cambiato troppo, non possiamo semplicemente tornare indietro. Dobbiamo modernizzare la Nato e guardare alla tecnologia moderna più velocemente di quanto facevamo prima dell’epidemia Covid-19”. Dalla prospettiva Nato, un’emergenza rimane in cima alla lista: “La più grande minaccia strategica oggi deriva dall’arsenale nucleare russo, nei prossimi cinquant’anni la Cina prenderà il suo posto – dice il deputato – ci attacca nello spazio cyber tutti i giorni, continuare a considerarla un attore benevolo non solo è naïve, è un grave errore”.

La Nato ha passato il test del Covid-19, dice sir Arthur, numero due del colosso aereo americano. “Questa crisi è la più grave che abbiamo mai vissuto, e ha visto una reazione profonda degli Stati-nazione. La Nato si è dimostrata pronta oltre ogni aspettativa, non solo di fronte alle minacce alla sicurezza, ma anche ai bisogni degli Stati membri, cui ha portato di continuo equipaggiamento medico”. La Cina è un fronte nuovo, con cui bisogna fare i conti, spiega il vicepresidente di Boeing, ma anche collaborare: “È accelerata la competizione a livello globale, soprattutto in campo economico, ma anche tecnologico, penso al 5G”.

Che il Dragone abbia meritato un posto di primo piano nell’agenda strategica della Nato lo ha confermato il segretario generale Jens Stoltenberg in una recente video-conferenza proprio con il Gmf e l’Atlantic Council di Washington Dc, quando ha ricordato che l’Alleanza in questi mesi vede “la Cina avvicinarsi a noi dall’Artico allo spazio cibernetico” e ha dunque bisogno “di un approccio più globale”, e una proiezione nel Pacifico, con nuove alleanze insieme a Giappone, Nuova Zelanda, Australia, Corea del Sud.

L’approccio forward-looking dell’Alleanza, però, non deve far dimenticare la sua collocazione geografica e la sua mission iniziale, cioè contenere le mire della Russia nel Vecchio Continente, ha detto il ministro della Lettonia, Paese da sempre di frontiera strategica con il blocco sovietico prima e russo oggi.

“Il nostro piano di Difesa è sempre lo stesso da 12 anni. Abbiamo fatto degli aggiustamenti, come quando la Russia ha invaso la Crimea nel 2014, dobbiamo essere pronti a incassare un colpo dopo l’altro, come nella boxe”. Interrogato su quale sia, oggi, la più grande minaccia che corre la Nato, Pabriks risponde laconico: “Siamo noi, la comunità europea, la Nato, ogni volta che ci pieghiamo, che facciamo aperture pericolose, e ci dividiamo”. È questo, in fondo, il tallone d’Achille di un’alleanza militare tanto ampia, ha detto la Gottemoeller. “La resilienza è la chiave per rimanere in piedi, soprattutto in zone di confine come l’Est Europa e i Paesi baltici, ma anche nel cyber-spazio, dove la Nato viene attaccata quotidianamente, sia dalla Cina che dalla Russia”.

Fra Russia e Cina, le (nuove) sfide della Nato. Ecco il dibattito al Brussels Forum

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