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Il ministero della Difesa ha reso noto oggi l’inizio delle esercitazioni “Mediterranean Storm 2020”, intestata al capitano Cengiz Topel, pilota di caccia dell’aeronautica militare turca, ucciso dopo che il suo aereo fu abbattuto durante il conflitto intercomunitario del 1964 — nella battaglia di Tylliria del conflitto che poi arriverà a spaccare il Paese in due parti, una riconosciuta internazionalmente, la Repubblica di Cipro, e l’altra, Cipro del Nord (amministrata da un governo sostenuto dalla Turchia  che dal 20 luglio 1974 occupa militarmente il territorio tuttora rivendicato da Nicosia). Il nome è simbolico, ancora di più se si inserisce nel contesto attuale. Ankara contro Atene è il tema che crea preoccupazione a Nato, Ue e Usa: un confronto che si è riprodotto recentemente nel Mediterraneo orientale (attorno a nuove scoperte e potenzialità energetiche), sulla base di contese geopolitico mai risolte.

“Lo scopo dell’esercitazione, pianificata ogni anno, è sviluppare l’addestramento reciproco, la cooperazione e l’interoperabilità tra il comando delle forze di pace turche di Cipro e il comando delle forze di sicurezza della Repubblica turca di Cipro del Nord”, si legge nel comunicato stampa. Le esercitazioni vedranno la partecipazione di forze terrestri, aeree e navali: Ankara precisa che le manovre sono routine annuale, ma è chiaro il contesto politico-temporale in cui si inseriscono. Nell’ottica ristretta, l’esercitazione prende il via mentre sabato sera i media turchi annunciavano che una quarantina di mezzi blindati era stato spostato dal confine siriano verso il fronte nord-occidentale, lineamento geografico che divide la Turchia dalla Grecia.

Più allargato. Il nodo turco-greco è diventato una problematica complessa. La Grecia chiede l’assistenza degli organismi internazionali in cui è più radicata, Nato e Ue, per far valere le proprie rivendicazioni. La Turchia cerca una sorta di prova di forza: sembra voglia testare fin dove potersi spingere senza esacerbare la posizione dei partner. In questo quadro Ankara gode di un vantaggio: membro Nato praticamente imprescindibile, alleato americano strategico a cavallo dell’area Mena, è attualmente vista da Washington come fronte fisico, politico e diplomatico nel contenimento delle penetrazioni sino-russe, e iraniane, nel quadrante.

Il punto ruota proprio attorno agli Stati Uniti: per la Turchia — che davanti a sé vede competitor superabili — sono l’unico freno davanti alle proprie ambizioni, anche le più aggressive. Se nei giorni scorsi il tentativo di dialogo intra-Nato è stato soffocato prima di partire, Washington invece ha in mano tutte le carte per portare Ankara a più miti consigli. La paura del governo turco è subire il peso di sanzioni violente sullo stile di quanto tocca all’Iran. Gli Stati Uniti per ora hanno tutto l’interesse a de-esclare la situazione, ma intanto mandano messaggi chiari: recentemente l’amministrazione Trump ha inviato una lettera alla presidenza cipriota in cui cominciava la decisione di sollevare parte dell’embargo militare, consentendo a Nicosia l’acquisto di armamenti non-letali. Missiva con Ankara in copia per conoscenza.

 

 

erdogan

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