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Il rilancio non si fa per decreto. L’eccesso di decretazione, però, può rendere più ardua una già difficile ripartenza dell’economia. Questa è la prima riflessione nel leggere una delle tante bozze – ne circolano numerose, mentre misure di questa natura dovrebbero essere preparate in discrezione – del “Decreto Rilancio”, come viene chiamato dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

Le ultime versioni, di quelle che solerti portavoce fanno arrivare a giornalisti, include oltre 250 articoli per quasi 500 pagine, a cui se ne dovranno aggiungere altrettante per la relazione tecnica che deve accompagnare il documento al fine del suo esame da parte del Parlamento. I 250 articoli comprendono numerose norme “particolaristiche” – alcune, tra i tanti esempi, riguardano il comune di Campione d’Italia, altre i concorsi alla Scuola Nazionale d’Amministrazione, altre il fascicolo sanitario elettronico, altre ancora la nuova nazionalizzazione di Alitalia e così via. Si tratta senza dubbio di provvedimenti che hanno singolarmente una loro giustificazione ma che sarebbero meglio collocati in disegni di legge oppure, se urgenti, in decreti legge settoriali o ordinamentali. Ciò permetterebbe anche un più ponderato esame da parte del Parlamento, sede in cui si potrebbero anche adottare miglioramenti delle singole misure.

Il costo di un “decretone” siffatto non è solamente quello di rendere praticamente impossibile una sua analisi ed una sua discussione ma soprattutto quello di ingenerare incertezza e confusione tra imprese e famiglie, i veri protagonisti del “rilancio” che dal governo e dalla pubblica amministrazione attendono un indirizzo chiaro e provvedimenti d’immediata applicabilità. Jean Baptiste Colbert, che inventò il governo decretante e che faceva, quindi, governare il Re Sole per decreti, aveva una regola: un decreto non doveva superare le due pagine. In tal modo, diede l’ossatura a quella politica industriale francese che, dopo alcuni secoli, viene ancora seguita e perseguita da Parigi.

Da quarant’anni, la “teoria economica dell’informazione” ci ha insegnato che l’incertezza (e la confusione) sono i peggiori nemici della crescita economica e, quindi, anche del “rilancio”. Imprese e famiglie pospongono scelte e decisioni in attesa di poterle prendere con chiara cognizione di fatto. Nella marea di tanti mini provvedimenti e di bonus (che – come è noto, a pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca – sembrano mance elettorali destinate a permanere per sempre), è difficile sia per le imprese sia per le famiglie, cogliere il senso dell’indirizzo di marcia.

Sarebbe stato più efficace un “decretino” alla Colbert imperniato su quattro misure, decretabili in due paginette: sgravi fiscali, supporto ai redditi ed ai consumi, sostegno ai comparti in maggiore difficoltà, snellimenti procedurali (per fare arrivare tempestivamente i finanziamenti ai beneficiari e per fare partire gli investimenti pubblici rimasti al palo).

Non so se ci potrà essere un ripensamento. Temo che il “decretone” finisca per incagliare “il rilancio” invece che promuoverlo. Che ne pensano i superconsulenti di analisi d’impatto della regolamentazioni ingaggiati da Palazzo Chigi ed il cui parere dovrebbe accompagnare il provvedimento e la relazione tecnica? Battano un colpo.

Perché il "decretone" può creare solo incertezza. Il commento del prof. Pennisi

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