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Fossero solo manovre di palazzo, ci sarebbe poco di che discutere. Ma qualcosa si muove anche nel Paese reale, e ha lanciato un campanello d’allarme. Carlo Calenda cresce, Azione pure. Nei sondaggi di gradimento, parola del direttore di Youtrend Lorenzo Pregliasco, l’ex ministro ha quasi doppiato Matteo Renzi. Altro che sorpasso.

Cresce anche la sua creatura politica. Quel logo che, solo pochi mesi fa, un impietoso Maurizio Crozza paragonava a “una marca di dentifricio”, adesso ha preso il via nelle rilevazioni. Swg immortala “Azione” intorno al 3%. Che non è certo un bottino di guerra, ma non è neanche poco per un partito appena nato e mai passato per il battesimo di fuoco delle urne. E comunque è già quasi più di Italia Viva, la creatura renziana pronta a festeggiare il suo primo compleanno.

Sarà che la pandemia ha risuscitato fra gli elettori la voglia di una via mediana fra contismo e salvinismo, sarà che il “centro” ritorna sempre come un’araba fenice della politica italiana, Carlo Calenda sa che è arrivato il suo momento. Sui media è ovunque, sui social network neanche a parlarne.

Centrista sì, moderato un po’ meno. La seconda è una categoria che l’ex braccio destro di Montezemolo rigetta apertamente. Calenda è, semmai, un inno all’antimoderatismo: anche così, dopo tanto peregrinare, è riuscito a guadagnarsi un suo spazio fra i mille tornanti della politica italiana. E forse qui sta la sua forza: in quel linguaggio politically scorrect, in quei toni aggressivi con cui prende di petto qualsiasi questione gli capiti sotto tiro.

L’ultima in ordine cronologico ha come protagonista Sergio Battelli, il deputato grillino appena confermato presidente della Commissione Affari Ue. Scoppia la polemica: ha solo la terza media. E Calenda non perde attimo, rilanciando un post indignato che si chiede come Battelli possa “gestire” i fondi Ue con un cv così.

Questa domenica, dalle colonne de La Stampa, Ilario Lombardo ha tirato un giavellotto al “pariolino grillino”, che “per farsi spazio usa il bastone dei social e della tv”. Non serve una laurea, ha scritto il cronista, per sapere che un presidente di commissione non gestisce “una cippa”. Lombardo deve aver colto nel segno, perché Calenda non l’ha presa bene. Se La Stampa scrive cose così, ha twittato, “vuol dire che il grillismo è diventato una malattia diffusa”.

In questi giorni si ingrossa la letteratura giornalistica sulle grandi e piccole trattative intra moenia del leader di Azione, intento a rimpolpare il drappello parlamentare sottraendo onorevoli a destra e manca dell’emiciclo. Come in ogni fiction politica estiva che si rispetti, c’è un fondo di verità.

Dopotutto qualche annuncio è già ufficiale. Quella di Enrico Costa, l’ex forzista che fu ministro per gli Affari regionali, ha fatto parecchio rumore. Perfino Silvio Berlusconi, che certo non è nuovo alle defezioni, pare l’abbia presa sul personale. Fra gli azzurri quello che era considerato come un possibile interlocutore ora è visto come un pericoloso rivale.

Un “pifferaio magico”. Così l’ha ribattezzato su Libero Licia Ronzulli, braccio destro del presidente e primissima fila del partito. E se è vero che una smentita è una notizia data due volte, in casa Forza Italia in questi giorni è una smentita continua. Non è vero che c’è un piano per fare un gruppo unico alla Camera, ha tuonato di recente Maria Stella Gelmini, mettendo a tacere le voci (sempre più insistenti) su un possibile matrimonio di interesse fra i gruppi.

“La nostra casa è il centrodestra”. È servito un duro richiamo all’ordine di Berlusconi per mettere in sordina, almeno per un po’, le sirene calendiane. Lui, Calenda, quelle sirene non le ha mai smentite. E un po’ stizzito si è messo a rispondere un tweet alla volta, con la sua proverbiale verve, ai forzisti che facevano pubblico ripudio dell’offerta.  Così quando Anna Maria Bernini gli ha detto che il suo ultimatum “o con noi o con i sovranisti” è “improbabile quanto surreale”, lui ha chiuso così: “Amen. Tenetevi Salvini come leader. Buona strada”.

Ma le interlocuzioni continuano, e c’è chi ascolta. Fra i forzisti, un “aperturista” è Matteo Perego, giovane deputato molto stimato dai vertici, che in un’intervista a Formiche.net ha confidato: “Il fenomeno Calenda è interessante, perché rappresenta un baricentro chiaro, un posizionamento politico coerente”. Una simpatia che non è unidirezionale.

Guai a pensare poi che Calenda abbia appeal solo ad Arcore e dintorni. Difficile a credersi, ma la piccola, agguerrita pattuglia azionista conta da pochi giorni un ex del Movimento Cinque Stelle. Nunzio Angiola, pugliese, cinquant’anni, nel Misto da gennaio, ora è un calendiano di ferro, “rispecchia del tutto i valori in cui ho sempre creduto”, dice lui. L’impressione, fra amici e rivali, è che il nuovo corso di Calenda non sia che ai titoli di inizio. Ciak, Azione!

Ciak, Azione! Così Calenda torna al centro

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