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Dopo la Germania e la Spagna anche l’Italia ha deciso di rafforzare i suoi poteri di controllo sugli investimenti stranieri. Nel Regno Unito, invece, la commissione Affari esteri della Camera dei Comuni sta cercando di alzare un muro contro la Cina e il coronavirus. Sia per quanto riguarda la disinformazione di Pechino sul morbo, sia per quanto concerne le mire delle aziende cinesi sugli asset britannici.

UN G20 PER LA SALUTE PUBBLICA…

Partiamo dal primo tema. La commissione ha pubblicato nelle ultime ore il suo Report on viral immunity per spiegare come sta lavorando a una coalizione contro il Covid-19. “La disinformazione sul virus è già costata delle vite”, si legge. “È fondamentale che il governo invii messaggi chiari e trasparenti alle persone per rispondere e respingere la disinformazione alimentata da potenze straniere. Deve inoltre lavorare a stretto contatto con gli alleati per formare un fronte unito ove possibile e per contribuire ad assicurare che gli sforzi vitali della ricerca internazionale non siano compromessi dalla propaganda e da dati errati”. Un chiaro attacco a Pechino, in linea con Washington e con i recenti avvertimenti lanciati dalla politica britannica. L’avevamo raccontato alcuni giorni fa su Formiche.net: Londra sta ripensando il rapporto con la Cina. Basti pensare che Michael Gove, cancelliere del Ducato di Lancaster (in pratica il ministro del Gabinetto), ha spiegato che la mancanza di informazioni da parte della Cina è stata una delle ragioni della lenta risposta internazionale.

La Cina, dove il coronavirus è nato, “inizialmente ha permesso alla disinformazione di diffondersi rapidamente come il virus. Piuttosto che aiutare altri Paesi a preparare una risposta rapida e forte, è sempre più evidente che” Pechino abbia “manipolato informazioni vitali sul virus al fine di proteggere l’immagine del regime”, ha dichiarato il presidente Tom Tugendhat. “Per questo, la commissione propone l’istituzione di un G20 per la salute pubblica, che riunisca scienziati e ricercatori provenienti da tutte le economie più sviluppate del mondo per condividere dati precisi in un forum aperto”, ha aggiunto. 

…E UN FARO SUGLI INVESTIMENTI CINESI

Su impulso dello stesso deputato conservatore, quel Tugendhat che già si era espresso duramente contro Huawei (“Lasciare il controllo a Pechino è troppo rischioso”, aveva scritto sul Mail on Sunday), la commissione ha lanciato anche un’indagine di emergenza sugli investimenti cinesi. Di particolare interesse è il caso di Imagination Technologies, azienda con sede nell’Hertfordshire all’avanguardia nell’intelligenza artificiale e nell’Ict che nel 2017 è stata venduta per 550 milioni di sterline a Canyon Bridge, una società di venture capital con sede negli Stati Uniti ma sostenuta da fondi cinesi. “L’episodio evidenzia la crescente diffidenza nei confronti degli investimenti delle imprese cinesi nel Regno Unito, in parte a seguito della gestione cinese dell’epidemia di coronavirus”, ha sottolineato il Guardian.

La riunione del cda prevista martedì ma poi cancellata dopo l’intervento del segretario alla Cultura Oliver Dowden avrebbe dovuto registrare la nomina di quattro membri legati da China Reform Holding, un fondo cinese da 30 miliardi di dollari controllato dal governo. Alcuni giorni fa l’amministratore delegato della società, Ron Black, nominato due anni fa, aveva rassegnato le proprie dimissioni lamentando che le promesse di China Reform di essere un investitore passivo non erano state mantenute. 

“Dobbiamo riflettere attentamente sui costi degli investimenti cinesi”, ha scritto in un editoriale sul tema il presidente della commissione Tugendhat sul Times. E come ha sostenuto Black facendo un passo indietro da Imagination Technologies, molto ha a che fare con il rapporto tra Stati Uniti e Regno Unito dopo l’apertura di Londra a Huawei.

Disinformazione e investimenti cinesi. Il Parlamento c’è! (In UK, però)

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