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Chi scrive riceve da giorni richieste di informazioni sul gioco con cui la propaganda del governo cinese sta sfruttando la diffusione del coronavirus in Italia per scrollarsi di dosso parte del peso delle responsabilità sulla propagazione del SARSCOV2, il nuovo coronavirus diventato pandemia globale. Ieri è stato il turno di un’analista di un grande think tank americano che chiedeva chiarimenti su una vicenda grottesca, il video del “Grazie Cina”. La vicenda è stata piuttosto trattata e qui è utile solo per creare contesto.

Per chi è restato indietro: la portavoce del ministro degli Esteri cinese, nonché capo del dipartimento Informazione (ma qui è meglio dire disinformazione), l’altro ieri ha twittato un video contenente le immagini di alcuni italiani che si erano affacciati ai balconi per applaudire il personale medico-sanitario. Ma il video diffuso dall’alta funzionaria governativa cinese era editato: vi era stato aggiunto in sottofondo l’inno cinese e si sentiva una voce – aggiunta anche quella – urlare “Grazie Cina”.

La disinformatia segue dinamiche da active measures sovietiche. Restando all’esempio: riprendendo quello che in questi giorni di isolamento diversi cittadini italiani fanno con l’inno di Mameli – canti e applausi ai balconi – tutto acquisisce un sostrato di veridicità. È credibile per certi versi, e dunque può facilmente essere confuso. Soprattutto se a diffonderlo è un alto funzionario governativo e a riprenderlo i suoi sottoposti. Il caso di “Grazie Cina” è solo uno dei vari. La Cina è all’offensiva, sta conducendo un’infowar contro l’Occidente che trova in Italia il campo di battaglia. Pechino sta usando il palcoscenico italiano per diffondere la propria narrazione, che chiaramente non comprende due passaggi centrali. Primo, se il mondo intero si trova in queste condizioni è perché il virus, comparso dall’autunno dello scorso anno nella provincia dell’Hubei, è stato tenuto nascosto: il Partito non voleva rischiare di perdere terreno sulla campagna di marketing internazionale, e ha oscurato la crisi. Secondo, il governo cinese ha quantomeno altre responsabilità oggettive perché permette condizioni igieniche precarie – almeno stando alle più concrete ricostruzioni sull’origine del nuovo coronavirus.

Del lavoro della propaganda cinese per costruire una contro-narrazione più forte del Covid-19 ieri si è occupato il segretario di Stato americano, Mike Pompeo, che ha parlato di questo in un colloquio telefonico con Yang Jiechi, responsabile dell’ufficio Affari internazionali del Partito comunista cinese. Ci sono “disinformazione e voci stravaganti” che si stanno diffondendo dai canali della propaganda cinese, dice Pompeo, per questo è stata necessaria la telefonata. “Gli Stati Uniti non risparmiano sforzi per proteggere il nostro popolo e contenere la pandemia globale del coronavirus. Pechino deve riconoscere il suo ruolo ed essere parte della soluzione”, aggiunge il segretario in un tweet – mente nei giorni scorsi il governo cinese aveva anche diffuso informazioni su fantomatici americani nella creazione del virus per attaccare la Cina. 

A quel punto l’attacco a Pompeo lo ha guidato Chen Weihua, direttore dell’ufficio europeo del China Daily (nota: qui sarebbe da aggiungere l’aggettivo “governativo”, ma nel caso dei giornali cinesi è quasi inutile, perché il governo controlla la gran parte dei media). Sempre su Twitter, con un commento rapido per ottenere massima visibilità (come consigliano i social media strategist) Chen ha risposto: “Mr Pompeo: potresti voler controllare i tuoi tweet inviati nell’ultimo anno o giù di lì per vedere quante disinformazioni o commenti dannosi sulla Cina ci sono. Innumerevoli. Spero che tu abbia uno specchio per guardarti”. Ma è stato solo l’inizio. I canali media del Partito si sono messi al lavoro subito e hanno prodotto materiale diffamatorio contro il segretario americano, accusato di aver ammesso che il virus è frutto di un attacco biochimico. La ripetizione omerica di certi concetti serve a spingere il lavaggio del cervello sulla popolazione.

Ora la mission del dipartimento informazioni del Partito è dire che la Cina è l’unico posto sicuro: serve a rassicurare i cittadini, ma anche a diffondere il messaggio a livello internazionale. Ed è una narrazione aiutata anche attraverso le azioni del governo. I voli che arrivano dall’estero sono tutti soggetti a quarantene di 14 giorni, perché ora Pechino dice che ha superato eccezionalmente la situazione e tutti i nuovi contagi arrivano da fuori la Cina. CCTV, la principale televisione cinese, ha raccontato la conversazione tra Pompeo e il membro del Politiburo dicendo che il secondo ha chiesto all’americano di “smetterla di screditare la Cina” (in realtà l’attività è opposta). Queste parole sono contenute anche nei readout della chiamata che sono stati fatti circolare tra alcune ambasciate cinesi in giro per il mondo. Pechino sta usando tecniche di disinformazione per creare confusione e sfiducia nelle istituzioni nazionali e sovranazionali occidentali e aumentare la propria forza.

Il virus cinese? È l’infodemia. E il Dipartimento di Stato avvisa Pechino (e anche l’Italia?)

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