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Inutile insistere, con le mascherine bisogna conviverci. E non solo per qualche settimana. L’oggetto simbolo della pandemia di coronavirus rischia di diventare parte della nostra quotidianità. Parola di Pierpaolo Sileri, il viceministro alla Salute in quota M5S che, da medico ma soprattutto da paziente convalescente del virus, dice: “Dovremo investire in educazione, abituarci all’usodelle mascherine, che sono in arrivo. Ne serviranno milioni”. E poi ancora: “bisognerà convivere con il virus e con il distanziamento sociale fino al vaccino”.

Se è vero, come va dicendo buona parte della comunità scientifica internazionale, che di un vaccino non si parlerà prima di sei mesi-un anno, allora bisogna davvero mettere in conto di fare della mascherina una compagna fissa, almeno per i prossimi mesi, della nostra quotidianità.

Né sono più rosee le previsioni del medico-viceministro sul primo, parziale allentamento della quarantena. Si potrà uscir di casa, con le dovute giustificazioni, “dopo Pasqua”, ma “solo se calano i contagi”. E di un calo, sebbene i dati degli ultimi giorni aprano qualche spiraglio, oggi non c’è certezza. Tant’è che Sileri è costretto ad ammettere che, di qui a Pasqua, “è possibile il verificarsi di nuovi focolai”.

A rincarare la dose ci ha pensato Roberto Burioni, virologo dell’Università San Raffaele Vita-Salute e star del web, volto-simbolo della campagna mediatica per convincere i virus-scettici a rispettare le misure di distanza sociale. Burioni non è noto per usare mezzi termini. Eccolo allora sentenziare senza dubbi ai microfoni di Adnkronos Salute: “Nei prossimi mesi dovremo girare  tutti con le mascherine”.

E a scanso di equivoci, viste le polemiche sulla dubbia utilità delle mascherine per contenere il virus, aggiunge che invece “saranno presidi  fondamentali nei prossimi mesi. Perché non sappiamo ancora quando  potremo uscire, ma speriamo il prima possibile. E dobbiamo essere  pronti”. Non solo le mascherine Ffp2 e Ffp3, dotate di una valvola e assai poco reperibili sul mercato. Anche le mascherine chirurgiche usate da infermieri e pazienti sono un antidoto contro il Covid-19, “ostacolano tantissimo la sua diffusione”

Tutti d’accordo, dunque. Di lasciare a casa la mascherina per ritornare all’aria aperta neanche se ne parla. Resta un dilemma non da poco: ci sono abbastanza mascherine per tutti? Se lo chiedono in tanti fra gli italiani, costretti a fare file chilometriche per acquistarne un paio in farmacia, o a cadere vittime delle mascherine vendute a peso d’oro dagli speculatori sul web.

Un problema sui rifornimenti c’è. Lo ha spiegato il ministro degli Esteri Luigi Di Maio durante un question time alla Camera martedì: l’Italia ha bisogno di 90 milioni di mascherine, al mese. Non sono spiccioli, e infatti da settimane è in corso un lavoro frenetico per recuperare forniture dall’estero con la regia della Farnesina, della Protezione civile di Angelo Borrelli e la struttura del commissario Domenico Arcuri. Fra queste rientrano i due contratti da 209,5 milioni di euro con la Byd per 180 milioni di mascherine (una prima tranche da 7 milioni è già stata consegnata) di cui ha dato conto Formiche.net.

Una partita che ha già innescato un duro botta e risposta fra maggioranza e opposizione. Ma, a vedere i numeri, non deve destare grande stupore per dimensioni e importo economico. La Francia, in uno slancio della sua proverbiale grandeur, ha deciso di ordinare dalla Cina qualche mascherina in più: due miliardi.

Semmai, stupisce che lo stato dell’arte e la contabilità totale dei contratti non siano stati ancora messi a regime (eufemismo). A dare qualche cifra ci ha pensato questo sabato il commissario Arcuri, che in conferenza stampa ha esordito deludento le speranze di chi si pensava fuori dalla quarantena di qui a pochi giorni. “Dobbiamo evitare di cominciare a pensare che stiamo vincendo, che abbiamo costretto l’avversario in un angolo, che stiamo per avere il sopravvento – ha detto l’ad di Invitalia – gli indicatori ci dicono solo che stiamo contenendo la portata”. Poi i numeri: “Finora sono stati distribuiti 72,3 milioni di apparecchiature e dispositivi. Abbiamo consegnato 1679 ventilatori – ha aggiunto – 5 giorni fa erano 1280, in 120 ore sono aumentati del 31%, oggi ne distribuiremo altri 133”.

Le mascherine restano il tasto dolente. L’Italia non è ancora autonoma nella produzione della top-class, le Ffp2 e Ffp3, “è più complesso il processo, è più complessa l’autorizzazione, non è quello il punto dal quale si parte ma il punto al quale si auspica di arrivare”. Continueranno dunque le importazioni da fuori, sia di quelle sanitarie che di quelle più sofisticate. Con una sola certezza, per ora: delle mascherine non ci si libererà presto.

Mascherine, sogno funesto. Perché dobbiamo tenerle ancora a lungo

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