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L’emergenza legata alla diffusione del Covid-19, l’ormai arcinoto coronavirus, sta mettendo a dura prova il nostro Paese. Quasi si assista ad uno di quei film da filone apocalittico in cui l’epidemia di turno dilaga senza tregua, molti Italiani seguono preoccupati le notizie del progresso del virus, al momento con focolai relativamente limitati ma con una crescente attenzione delle regioni limitrofe a Lombardia e Veneto. È possibile rendersi conto, in questa vicenda arrivata da lontano, di come sia fondamentale la tenuta sociale delle comunità, banco di prova della resilienza del sistema. Sta certamente al mondo della sanità e della ricerca indagare il fenomeno e proporre le soluzioni più adeguate a livello clinico: mai come ora occorre lasciar spazio agli esperti e seguire le loro indicazioni mediche. Da questo punto di vista, i comunicati e le pagine dedicate del sito del Ministero della salute sono il punto di riferimento obbligato per chi voglia informarsi, senza affidarsi a voci o sensazionalismi veicolati dalla rete. È però altrettanto cruciale il lavoro delle Istituzioni, che hanno il delicatissimo compito di evitare pericolosi sfilacciamenti e dare a tutti il senso dell’unità e del lavoro a vantaggio della popolazione. La costituzione di una cabina di regia al più alto livello, la cooperazione fra tutti i livelli di governo e la nomina di un commissario straordinario nella figura del capo del Dipartimento della protezione civile, struttura pubblica con una storia di eccellenza, sono stati passi corretti. È doveroso, oggi, evitare le frizioni della politica o, quanto meno, lasciarle sottotraccia per evitare di disorientare i cittadini, componendo in fretta le differenze. Se la tutela della salute è, costituzionalmente, materia di legislazione concorrente fra Stato e Regioni, allo Stato spetta, in ogni caso, la legislazione esclusiva in materia di ordine pubblico e profilassi internazionale: trovare una sintesi veloce e funzionale ai problemi da affrontare è un paletto indispensabile per reggere l’urto di una situazione in continuo mutamento e che potrà avere conseguenze al momento difficilmente prevedibili, con pesanti impatti sull’economia nazionale. Potrà esserci una ulteriore diffusione del virus? In questa fase transitoria non è escluso attendersi un’espansione in altre zone del Paese, soprattutto ove le misure di contenimento non si rivelino totalmente efficaci. E se l’OMS comincia a parlare di pandemia, siamo informati che la maggior parte delle persone colpite dal coronavirus fortunatamente guarisce, data la bassa mortalità di una sindrome che è, tuttavia, altamente contagiosa. Il decreto-legge approvato dal Governo il 23 febbraio è intervenuto per prevenire e contrastare l’ulteriore trasmissione del virus, prevedendo che le autorità competenti siano tenute ad adottare ogni misura di contenimento adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica. Nei casi di estrema necessità ed urgenza, inoltre, le misure potranno essere adottate dalle autorità regionali o locali, e il Prefetto ne assicura l’esecuzione avvalendosi delle forze di polizia e, ove occorra, delle forze armate. Ne constateremo a breve l’efficacia. Ulteriori misure potranno essere adottate? Dipenderà dagli sviluppi. A rigor di logica, se è evidente che la socialità è un potente veicolo del virus, le misure conseguenti sono ovvie: limitare al massimo le occasioni di compresenza delle persone per il periodo necessario ad arrestare la diffusione e, per quanto possibile, contenere il virus stesso, così come suggerisce la virologa Ilaria Capua. C’è, naturalmente, una doppia difficoltà cui far fronte. La prima: chiudere aziende e ministeri (favorendo, come già sta avvenendo, il lavoro da remoto), negozi non essenziali, palestre, ristorazione e strutture recettive significa, di fatto, chiudere un territorio, desertificandolo, con effetti pesantissimi anche dal punto di vista psicologico sulle persone. Seconda: qualsiasi misura adottata – il Presidente del Consiglio ha parlato di misure draconiane – deve essere comunicata e spiegata in tempo reale e con attenzione, mettendo in luce la proporzionalità e la correlazione dell’intervento all’effetto desiderato, evitando, così, di innescare irrazionali fughe in avanti della cittadinanza. In questo frangente è fondamentale, neanche a dirlo, l’assunzione individuale di responsabilità per quel che riguarda la condotta dei singoli. Il Sindaco di Milano Sala è stato ruvidamente chiaro su questo, ricordando che le regole adottate per contenere il contagio non si discutono ma si applicano, invitando tutti ad evitare comportamenti sconsiderati, come quello di accaparrare i beni nei supermercati, e a stare vicini ai più fragili. Esemplare, da questo punto di vista, la grottesca vicenda dei prezzi saliti alle stelle su alcune piattaforme di vendita on line per mascherine e disinfettanti, su cui sta indagando la magistratura. Calma e gesso, insomma. In questa fase evitare che scoppi il panico o si alimentino psicosi di massa è di primaria importanza e tutti possono – devono – fare la propria parte, inclusa l’informazione, che ha il delicatissimo compito di dare notizie senza dipingere forzatamente scenari da catastrofe annunciata. Attenzione: tutto ciò non significa che l’epidemia vada sottovalutata. Affatto. Vanno adottate tutte le cautele del caso, ispirate al banale principio di precauzione, sul filo della salvaguardia della tenuta sociale, consapevoli che tante donne e uomini, professionisti del Servizio Sanitario Nazionale e della nostra macchina pubblica, sono al lavoro. Le Istituzioni, e la politica cui, pro tempore, le stesse sono affidate, diano l’esempio di virtù costituzionale, cogliendo l’occasione per far sì che, in un momento di crisi, si pongano le basi per ricostruire la fiducia nelle classi dirigenti di questo Paese. Un benvenuto effetto (in)desiderato del virus.

Un Paese a prova di virus

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