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L’economia post Covid-19 riuscirà a trovare sostegno adeguato nelle politiche monetarie e fiscali, all’uopo adottate in tutto il mondo?
Si riuscirà, insomma, così facendo a sanare quel gap dell’out put che già sfiancava quella di prima?
Diamo un’occhiata. La crescita dovrà continuare a farsi come prima con la spesa aggregata ma… con un potere d’acquisto che dovrebbe venir rifocillato proprio da queste politiche. Una moneta insomma, messa in tasca, che sia adeguata a ruolo di ciascuno degli aggregati.
Una moneta che dovrebbe, ad esempio, sanare lo squilibrio fra quella già in tasca a chi ha il capitale e quella che hanno quelli che lavorano*; quella stessa che ha generato l’altrettanto poderoso squilibrio nella propensione al consumo, figlia degenere proprio di quella disparità nel potere d’acquisto.
Una chicca ne tira un’altra: l’aggregato delle Imprese, a cui toccherà fare la spesa per investimenti e che vedrà, con la pandemia, aumentare ancor più la capacità produttiva inutilizzata, verrà convinto dall’efficacia di queste politiche a farla?
E… un’altra ancora: tra il debito sovrano passato, quello futuro e la riduzione degli introiti conseguenti alle politiche fiscali in itinere, potrà l’aggregato Pantalone fare la spesa pubblica?
Egregi del Mondo, cotante domande attendono adeguate risposte.
Giacchè ci siete nel tempo che stringe, per non soffocare, ritenete giusto tentare pure di attenuare la stretta?
Detto fatto: tra un po’ prima e il quattro maggio riapriranno i cancelli delle attività produttive.
Pure quel settore auto che ha visto un invenduto, nel tempo della pandemia, dell’87% ? Potranno riaprire pure i petrolieri che rischiano di affogare nel greggio che non sanno più dove stoccare?
Eppoi, suvvia, Marco Bentivogli dice che il 70% dei suoi metalmeccanici già lavora da tempo.
Dunque, si continua a ritenere che, riaprendo la produzione, riparta il lavoro. Siamo alle solite: il lavoro le imprese lo danno, lo genera invece la spesa e lo remunera remunerando pure il capitale!
Indipercuiposcia, il problema non sta tanto nel dover produrre, ad esser pignoli non sta nemmeno in quelle imprese di servizi, chiuse, che non hanno potuto vendere; sta invece in chi, immiserito in casa, non ha potuto acquistare!

* Lo squilibrio fra la quota del valore aggiunto, generata dal capitale e quella generata dal lavoro, sta ai massimi storici. Questo divario, rispetto al resto dei paesi sviluppati, emerge già nel 2000 per poi ampliarsi a partire dal 2006 a favore del capitale e appare sempre più insostenibile in un momento nel quale la questione dei c.d. working poors è al centro del dibattito elettorale.

Mauro Artibani, l’economaio
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Sono senza parole. Voi?

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