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Da ragazzino rimasi molto colpito da uno dei primi film di fantascienza, La Guerra dei mondi del 1953, regolarmente in bianco e nero e con effetti speciali artigianali (anche se furono premiati con l’Oscar). La storia era di quelle che colpivano la fantasia negli anni dell’immediato dopoguerra: l’arrivo degli alieni, che allora venivano chiamati più prosaicamente i marziani. A un certo punto, nel film, si presentano sulla Terra alcuni dischi volanti. Dall’abitacolo esce un condotto che somiglia alla testa di un cobra, che spara un specie di laser con il quale incenerisce tutto: persone, soldati, carri armati, città, aerei. Le armi convenzionali, incluse le bombe, rimbalzano sull’involucro come se fossero di gomma. E non c’è modo di fermare la loro azione devastatrice. Il governo decide di usare la bomba atomica e si attrezza a farlo pur consapevole dei pericoli cui è esposta la popolazione. Mentre l’operazione sta per partire, succede un fatto strano: i dischi volanti si posano sul terreno e da uno sportello esce una specie di mano di un essere che sta morendo. In sostanza, i marziani vengono uccisi dall’atmosfera terrestre. Come successe alle popolazioni degli Inca e dei Maya, che morirono contaminati dai virus importati dai Conquistadores, nei confronti dei quali non avevano sviluppato alcuna barriera immunitaria. Il mondo sviluppato è stato messo in ginocchio, in poche settimane, da un virus finora sconosciuto.

La mobilità ha rappresentato per tanti decenni una delle libertà sulle quali si fondava l’Unione europea e che era garantita dall’abolizione dei confini nazionali. Attenzione, non è la prima volta che si verifica un’epidemia e che poi si trasforma in pandemia. Ma è la prima volta che il mondo si arrende, che è pronto a scambiare un contenimento dell’azione del virus rendendosi disponibile a un suicidio economico. Perché di questo si tratta. I decreti del governo – che il Parlamento approva automaticamente – danno il senso di un clima di guerra: il coprifuoco, le sanzioni per quanti lo violano, la chiusura degli esercizi commerciali non ritenuti essenziali e di tutte le attività sportive, associative e del tempo libero, il divieto dei cosiddetti assembramenti divenuti ormai associazioni di stampo contagioso, la sospensione delle messe e delle funzioni religiose. Ai bambini è proibito l’accesso ai parchi pubblici. Presto si apposteranno dei cecchini per colpire chi si azzarda a fare jogging. Pare che ci siano migliaia di italiani denunciati per violazione del coprifuoco.

Quanto a uno degli ultimi decreti, che stanzia 25 miliardi, una vera e propria manovra finanziaria, recante “misure di potenziamento del servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”, dalla sua lettura si ricava l’impressione di essere in guerra. L’Unione europea ha fatto “tana libera tutti”, le regole di bilancio sono sospese e tutti i governi sono autorizzati a correre ai ripari. Ma gli indebitamenti che si assumono oggi saremo sempre noi a portarceli appresso. Anche se riusciremo a sconfiggere il virus non potremo chiedergli i danni di guerra. Ovviamente è la situazione a imporci la regola del primum vivere. È importante, però, non perdere la lucidità, non lasciarci trascinare dal vortice delle psicosi che sta mettendo in ginocchio il mondo, in particolare la parte più sviluppata, che vive nel benessere e non è più capace di soffrire, che confonde la realtà con la percezione, la vita vera con quella che viene raccontata dai media.

Il decreto rappresenta una prima risposta organica alle tante emergenze di questa fase nella speranza che presto ci appaia un bagliore a indicare la fine del tunnel. Il decreto, soprattutto nelle misure a sostegno del lavoro (il Titolo II) è importante (sostegno al reddito, cassa integrazione in deroga per nove settimane, congedi parentali, bonus famiglia, eccetera). Nel testo è prevista una norma che blocca le procedure per i licenziamenti collettivi e i licenziamenti individuali di carattere economico. A prova dell’eccezionalità della situazione una norma siffatta fu introdotta per un breve periodo nell’immediato dopoguerra. È importante quanto disposto dalle parti sociali, in presenza del governo, nel protocollo del 14 marzo, che contiene misure per salvaguardare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel contesto della continuità della produzione.

Non esistono, infatti, due tempi: non si salva nessuno se si ritrova a vivere in un deserto. Anche in frangenti come questi l’economia non deve andare in quarantena. E le politiche pubbliche devono favorire quest’obiettivo. Perché un Paese non può vivere chiuso in casa a consumare risorse che nessuno produce. E dopo il reddito di cittadinanza non possiamo permetterci un reddito da contagio generalizzato. Per uno della mia generazione la preoccupazione principale non riguarda la salute. Assisto con disperazione a un mondo – il mio mondo – che si sta dileguando, che per sopravvivere oggi, non esita a condannarsi a morte domani. Come la guarnigione della fortezza Bastiani che aspetta di affrontare un nemico che può arrivare all’improvviso, ma che invece circola liberamente all’interno delle mura.

L'economia non vada in quarantena. L'avviso di Cazzola

Da ragazzino rimasi molto colpito da uno dei primi film di fantascienza, La Guerra dei mondi del 1953, regolarmente in bianco e nero e con effetti speciali artigianali (anche se furono premiati con l’Oscar). La storia era di quelle che colpivano la fantasia negli anni dell’immediato dopoguerra: l’arrivo degli alieni, che allora venivano chiamati più prosaicamente i marziani. A un…

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