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L’antisemitismo diventa pericoloso, quando viene assunto come principio organizzativo della società, quando, come col nazismo e anche col comunismo, è diventato utile al sistema di pensiero che l’ha dominata, quando ha messo insieme una quantità di tessere del mosaico culturale e sociale utilizzabili per rendere solido e dare basi teoriche a un sistema, una strada politica vincente.

Per questo l’antisemitismo di oggi, oltre ad avere avuto una immensa crescita, è diventato sempre più importante: la sua continua erosione del popolo ebraico, e quindi del sionismo, della sua autodifesa, del suo modo di gestire il proprio Paese, di pensare il mondo, di fare la sua politica, si sono sempre più intersecate con forme fondamentali dell’attuale sistema di potere.

Di conseguenza, sono entrate nella mentalità di vasti gruppi di popolazione, quelli che da destra e da sinistra, vivono sotto io medesimo tetto della intersezionalità, ovvero si sentono oppressi da un onnipresente forma di frustrazione che prende le forme più diverse. E cui il concetto di popolo ebraico, e quindi di sionismo, e di ritorno di nuovo di popolo ebraico, vengono legati come la coda indispensabile di un aquilone alto nel vento.

Questo antisemitismo diventa quindi motivo di approvazione e di crescita sociale e anche di credibilità politica. Per esempio: nella polemica sulle differenze etniche, di sesso, sulle discriminazioni culturali, etniche, una femminista o un professore universitario o un membro della comunità gay, o un regista di Hollywood, o un membro di qualche Ong che difende i bambini, attacca Israele (pink washing, donne oppresse dall’occupazione, bambini palestinesi uccisi, neocolonialismo… i temi fruibili sono moltissimi, è stato persino scritto che gli ebrei sono bianchi a fronte dei “neri” nativi arabi) questo lo cementa nella sua posizione di parte pensante, confacente, armonica, del sistema di pensiero vigente, solidaristico, pacifista, antinazionalista… Israele viene rappresentato di conseguenza, come la parte guerrafondaia, coloniale, razzista, insomma tutto quello che non va bene; e il giudaismo diventa quel modo sbagliato di pensare il mondo che ha generato Israele, e di conseguenza, per riflesso automatico, lo diventa il popolo ebraico.

Attenzione però: sono le istituzioni più importanti quelle che suggeriscono questo modo di pensare, ovvero le madri dell’antisemitismo contemporaneo, insieme alle centrali culturali come le università, le case editrici, le case cinematografiche, sono la politica e la cultura istituzionali, le stesse che pretendono in mille celebrazioni, istituzioni, visite a sinagoghe e anche in Israele, di combattere l’antisemitismo. Non ce n’è una sola grande istituzione, come l’Ue o l’Onu, che sotto una pretesa umanitaria o di legalità internazionale, che invece non promuova un’agenda di disapprovazione di Israele che si trasforma in disapprovazione del popolo ebraico. La piattaforma generalmente accettata dell’Ihra è un passo positivo, perché apre una porta alla lotta in quanto disegna l’antisemitismo come legato all‘israelofobia. Ma questa porta poi di fatto resta chiusa laddove la lotta all’antisemitismo non sposa la politica.

Per esempio, grandi passi contro l’antisemitismo li hanno fatti l’Ungheria e la Repubblica Ceca impedendo di votare contro gli Usa quando Trump ha trasferito l’ambasciata a Gerusalemme; ben 6 stati (fra cui di nuovo quelli di Visegrad) hanno dimostrato la stessa disponibilità quando hanno impedito a Borrell di votare una risoluzione di condanna Europea al piano di Trump, che implica il riconoscimento delle necessità di sicurezza di Israele e la legalità degli insediamenti, almeno in parte.

Questa è lotta istituzionale contro l’antisemitismo, l’unica convincente. Si può dire che anche la Francia, la Germania e l’Inghilterra si sono rese conto per un momento almeno del fatto che il grande antisemita neonazista odierno è l’Iran degli ayatollah quando hanno messo in moto il meccanismo dell’accordo del 2015 per attivare le proprie sanzioni anti Iran. E’ un punto particolarmente importante, perché finché le istituzioni rilevanti non dimostrano con un atteggiamento concreto che è proibito pianificare lo sterminio degli ebrei di nuovo, non ci sarà nessuno stop vero all’antisemitismo.

Così come l’antisemitismo non può fermarsi finché l’Ue seguita ad autorizzare l’incitamento morale antisraeliano disegnando una linea di pace coi palestinesi fasulla, fallita, corrispondente a una inutile demarcazione provvisoria con la Giordania, la cosiddetta linea verde: essa non protegge Israele dal terrorismo sempre larghissimo e attivo, e insiste nella linea incoerente e priva di argomenti della illegalità degli insediamenti. Gli insediamenti non sono illegali, e quindi seguitare a sostenere che lo sono, è di nuovo un modo di indicare l’indegnità, la criminalità persino, dello Stato del Popolo Ebraico, e quindi di dare il permesso di biasimarlo e di odiarlo.

Quando Emmanuel Macron è venuto a Gerusalemme alla grande conferenza internazionale del 16 di gennaio indetta dal presidente israeliano Reuven Rivlin con l’Holocaust Forum, dopo un suo commosso discorso pieno di tragiche memorie e di buone intenzioni, in visita da Abu Mazen, è apparso improvvisamente dimentico del fatto che il presidente palestinese nega la Shoah, copre gli ebrei di insulti antisemiti e incita al terrorismo, e anche, di più che non intende riconoscere lo Stato ebraico. Qui c’è una frattura che impedisce di combattere l’antisemitismo, anzi, danneggia la lotta. Ciò che lo combatte invece è la lotta sui due fronti più significativi, i territori (non a caso Obama vi dedicò all’Onu con la la risoluzione 2334 nel dicembre 2016 la sua mossa finale contro Israele dichiarandolo fuori legge), e l‘Iran.

Una battaglia contro l’assurda pratica del labelling dei prodotti dell‘West bank, per esempio, ancora non si è vista, nonostante abbia suscitato già qualche opposizione. Adesso, il doppio suggerimento americano che sia per motivi di sicurezza che per ragioni basilari di legalità internazionali, e persino ancestrali e nazionali, Israele e gli ebrei non sono affatto esclusi a priori, come insistono l’Ue e l’Onu dalla sovranità sulla Giudea e la Samaria, è un antidoto molto vivo all’antisemitismo contenuto nell’idea che gli ebrei siano l’illegittimo, crudele, colonialista e quindi odioso usurpatore della terra di Israele. È un’idea antisemita questa? Certo che sì, e quindi è una pozione di vera lotta contro l’antisemitismo quella che finalmente cerca di battere il gigantesco pregiudizio sui “Territori”.

Quanto all’Iran, è evidente: chi è capace di tenere a braccetto e dare pacche sulle spalle a Zarif come Macron a Davos e tanti altri altissimi ufficiali europei (la Mogherini sembrava la sua incantata fidanzata nelle foto scattate durante gli incontri politici) non è, non può essere un vero guerriero contro l’antisemitismo, perché legittima l’intenzione degli Ayatollah di distruggere lo Stato Ebraico. Così viene legittimata la posizione di Borrell, alto commissario europeo, che dice “l’Iran vuole distruggere Israele, dovremo convivere con questo”. Una posizione istituzionalmente antisemita, cui può rispondere solo una battaglia istituzionale, e niente chiacchiere.

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