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Alla fine, come era prevedibile, ha prevalso la cautela. Con lo sguardo fisso ai futuri sviluppi di questa tecnologia. È questa, in sostanza, la logica dietro la decisione del dipartimento del Commercio, che a inizio settimana ha annunciato di derogare alla clausola secondo cui le aziende statunitensi avrebbero dovuto ottenere dal governo una licenza speciale per poter intrattenere relazioni commerciali con Huawei. 

Dunque, alle aziende statunitensi sarà concesso di condividere tecnologie e know-how al fine di contribuire alla governance globale del 5G. Secondo quanto riportato in una nota del dipartimento, l’emendamento al regime sanzionatorio potrà così garantire che l’ostracismo commerciale nei confronti dell’azienda cinese “non impedisca alle aziende statunitensi di contribuire ad importanti attività di sviluppo degli standard, nonostante la partecipazione pervasiva di Huawei alle organizzazioni preposte alla loro definizione”. 

Il colosso digitale, da più di un anno nella black list dell’amministrazione Trump e bersagliato dalle agenzie federali statunitensi per via dei suoi legami con il Partito comunista cinese, sembra dunque poter tirare un sospiro di sollievo. Perlomeno sul fronte dei software design, dal momento che le restrizioni imposte dagli Stati Uniti continueranno a scuotere il mercato dei microchip, mentre il Congresso ha di recente accolto la proposta della Semiconductor Industry Association di rilanciare la produzione di semiconduttori nazionale, come raccontato la settimana scorsa da Formiche.net. 

Tuttavia, proprio come manifestato nei giorni scorsi dalla business community, le restrizioni al commercio in un settore così interdipendente potrebbero inficiare con un effetto boomerang non di poco gli ordinativi e l’accesso ai settori upstream delle aziende americane, dal momento che negli Stati Uniti avviene soltanto il 12% della produzione di semiconduttori globale, con un mercato consolidatosi specialmente nell’Asia-Pacifico (Corea, Taiwan, Cina). 

Lo scontro frontale tra Stati Uniti e Cina, dunque, procede con colpi bassi e concessioni, seppur indirette. A rincarare la dose nei giorni scorsi ci ha pensato Jiankai Jin, diplomatico in servizio alla missione cinese all’Organizzazione mondiale del commercio. Come riportato da Reuters, in un incontro multilaterale tenutosi a porte chiuse presso la sede a Ginevra, il diplomatico ha richiesto spiegazioni a Washington su come “gli Stati Uniti assicureranno che le misure adottate in base all’ordine esecutivo non abusino dell’eccezione di sicurezza nazionale dell’Organizzazione mondiale del commercio siano coerenti con le regole dell’organizzazione” stessa. Il riferimento è all’Executive Order on Securing the Information and Communications Technology and Services Supply Chain, firmato dal presidente Donald Trump il 15 maggio 2019 e prorogato di un altro anno. Con esso, gli Stati Uniti hanno potuto e potranno vietare alle società statunitense di utilizzare componenti hi-tech realizzate da aziende potenzialmente minaccia per la sicurezza nazionale, come Huawei e Zte. “Sfortunatamente, in tempi di crisi, gli Stati Uniti continuano a soffocare la competizione legittima e a interferire nell’industria delle telecomunicazioni globale, il che potrebbe scuotere la stabilità dell’intera supply chain e causare ingenti perdite per le aziende in molti paesi” ha aggiunto Jiankai Jin. 

In aggiunta, il pericolo che sia Pechino a dettare gli standard dell’infrastruttura cruciale per lo sviluppo dell’economia digitale ha richiesto un passo indietro rispetto alla normativa precedente. Secondo uno studio dell’azienda tedesca IPlytics riportato da Nikkei Asian Review, Huawei è la prima azienda mondiale in termini di contributi agli standard 5G, con 3.147 licenze registrate a gennaio del 2020, davanti a Samsung, Zte e LG Electronics. “Secondo le nostre ricerche” ha spiegato Sue Rudd, direttore di Strategy Analytics, “fornitori d’infrastrutture leader come Huawei, Ericsson e Nokia, hanno contribuito in misura maggiore rispetto alle altre aziende”. Dunque, in questo contesto la mossa americana sembra riconoscere parte di questo svantaggio dettato dalla cessazione dei rapporti tra le aziende cinesi e americane, come confermano le parole del segretario al Commercio di Washington, Wilbur Ross: “Gli Stati Uniti non cederanno la leadership nell’innovazione globale. Quest’azione riconosce l’importanza di guidare l’ingegnosità americana di avanzare e proteggere la nostra sicurezza economica e nazionale”. 

Il fatto che le restrizioni impedissero alle aziende americane di partecipare attivamente nel mercato globale Ict ha di fatto concesso agli ingegneri di Huawei di ritagliarsi maggior spazio nelle opportune sedi. “La confusione originatasi dall’aggiornamento della entity list del maggio 2019 ha inavvertitamente intralciato le aziende americane dalle discussioni sugli standard tecnici, mettendole in una posizione di svantaggio strategico” ha commentato Naomi Wilson, senior director dell’Information Technology Industry Policy, sulle pagine del South China Morning Post. 

Licenze e standard 5G, perché gli Usa allentano (poco) la morsa su Huawei

Alla fine, come era prevedibile, ha prevalso la cautela. Con lo sguardo fisso ai futuri sviluppi di questa tecnologia. È questa, in sostanza, la logica dietro la decisione del dipartimento del Commercio, che a inizio settimana ha annunciato di derogare alla clausola secondo cui le aziende statunitensi avrebbero dovuto ottenere dal governo una licenza speciale per poter intrattenere relazioni commerciali…

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