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Non è tutto oro quel che luccica. E se a luccicare sono la bellezza di 1,3 miliardi di dollari sotto forma di investimenti, non è detto che le cose vadano per il verso giusto. E così la potentissima Cina di Xi Jinping capace di investire in mezzo mondo grazie a una potenza di fuoco di decine di miliardi, adesso rischia di farsi male per davvero e farne anche agli altri. Trasformando la via della Seta in una sorta di trappola.

Stavolta non c’entrano le piccole banche dell’ex Celeste Impero, alle prese con una crisi di liquidità che ha costretto Pechino a somministrare robuste dosi di capitale. Tutto ruota intorno a quello stock astronomico, 1,3 miliardi per l’appunto, destinato alle infrastrutture dentro e fuori la Cina. Soldi che Pechino ha letteralmente sganciato dal bilancio pubblico con lo scopo di finanziare investimenti in tutto il mondo, Cina inclusa.

L’allarme arriva dal Financial Times, che a sua volta ha raccolto quanto uscito dalla bocca di Adam Boehler, ceo della International Development Finance Corporation (Dfc) degli Stati Uniti, l’organismo che si occupa dei finanziamenti americani all’estero. Boehler, vicino a Donald Trump ha spiegato papale papale che l’investimento internazionale globale in infrastrutture della Cina rischia di rivelarsi un buco nell’acqua. E che, in caso di fallimento, trascinerà giù con sé l’economia del mondo intero. Insomma, dalla maxi-spesa non guadagnerebbe nulla né Pechino, né il resto delle economie globali.

“Gli investimenti internazionali in Cina”, ha spiegato l’alto funzionario americano, “sono al 100% un castello di carte a causa del sovraccarico di debito, scarse infrastrutture, della diffusione di tangenti e corruzione e della mancanza di trasparenza”. Il punto è che “molti Paesi in via di sviluppo in Asia, Africa e persino in America Latina hanno beneficiato di un afflusso di denaro cinese per finanziare progetti più a buon mercato e con meno restrizioni. Ma anche se i finanziamenti statunitensi potrebbero non essere altrettanto rapidi, sono arrivati con standard più elevati e risultati migliori”. Questione, insomma, di qualità. Gli investimenti cinesi sarebbero una sorta di polpetta avvelenata per chi li fa suoi.

Il numero uno del Dfc ne ha anche per il 5G, che poi sarebbe l’infrastruttura del futuro. Secondo il numero uno del Dfc, infatti, la prossima grande partita per gli investimenti internazionali, Cina inclusa, non sarà più quella delle infrastrutture tradizionali come porti, autostrade e ponti, ma quelli dei dati e della sicurezza. E su quella si deciderà il futuro di buona parte dell’economia dei prossimi decenni. “Non dico che devono essere gli Stati Uniti il cuore dei dati e non deve essere una società con sede negli Stati Uniti a gestire i dati del mondo. Ma con la Cina ci preoccupiamo un po’ della sicurezza dei dati”.

Occhio agli investimenti cinesi. L'allarme Usa (via FT)

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