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Il voto odierno sulla leadership del Likud, partito conservatore che esprime l’attuale primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, è accompagnato da tre questioni esterne sovrapponibili l’una con l’altra.

L’affluenza dei centomila elettori previsti a scegliere l’uomo che rappresenterà il partito alle prossime elezioni di marzo – con Netanyahu favorito – è stata intanto scombussolata da un razzo lanciato da Gaza contro un raduno degli esponenti del partito. Episodio subito ripreso dai rivali di Bibi, che gli criticano di aver tenuto con i palestinesi una linea troppo morbida che ha indebolito Israele. “È la seconda volta che terroristi di Gaza umiliano lo Stato d’Israele – ha osservato l’ex ministro della Difesa, Avigdor Lieberman, leader del partito Israel Beitenu, riferendosi a un episodio simile avvenuto a settembre – e il premier è costretto a scendere da un palco e a rifugiarsi in uno spazio protetto”.

Secondo Lieberman, Netanyahu va criticato per i suoi tentativi di cercare ancora con Hamas un accordo “che è solo una resa al terrorismo”. Rincaro da Benny Gantz : l’ex generale, leader del partito centrista Blu Bianco che ha sfidato Netanyahu alle ultime politiche, ha detto che il Sud di Israele è oggi “in balia dei terroristi”. “Quando noi saremo al governo ripristineremo il deterrente di Israele e riporteremo la calma in quella zona”, dice.

Seconda questione: gli attacchi aerei in Siria. Da alcuni giorni si susseguono notizie a proposito di raid con cui i bombardieri israeliani hanno centrato obiettivi iraniani sul territorio siriano. È una pratica che dura sin dal 2013, ripetuta e in parte funzionante, con cui Gerusalemme intende proteggersi dalla strategia espansionistica iraniana. Quella con cui i Pasdaran hanno sfruttato la guerra civile siriana per rafforzare milizie sciite che odiano lo stato ebraico tanto quanto Teheran.

Passaggi di armi che potenzialmente – secondo le intelligence israeliane anche nel breve tempo – potrebbero essere usate contro Israele. Tra questi il principale dei gruppi armati dall’Iran usando la piattaforma siriana è Hezbollah, partito/milizia libanese diventato molto potente in patria e che tecnicamente è ancora in guerra con Israele dal 2016. La tattica di giocare di anticipo contro questo smercio di armamenti è uno dei punti di condivisione tra tutte le forze politiche israeliane, ma è anche questa usata come elemento contro il Likud. E soprattutto diventa un fattore che devia la concentrazione dalle faccende elettorali.

C’è infine un terzo aspetto. Netanyahu ha affermato mercoledì che il presidente russo Vladimir Putin gli ha riferito che i due Paesi avrebbero potuto trovarsi in guerra se non fosse stato per lo stretto rapporto tra i loro leader. “Putin mi ha detto che se non fosse stato per la nostra relazione, avremmo potuto trovarci nel mezzo di uno scontro militare […] Solo perché ci incontriamo ogni pochi mesi è stato evitato”, ha detto Netanyahu in un’intervista con la Radio dell’esercito. Il premier ha richiamato l’elezione per la leadership di partito facendo leva sulla sua linea di politica estera.

All’attenzione di Netanayahu gli attacchi in Siria, dove Israele colpisce un territorio il cui spazio aereo è protetto dai russi, gestori del regime Assad, e alleati di quei gruppi colpiti dall’Israeli Air Force. “Siamo stati quattro volte vicini alle collisioni: i nostri aerei nello spazio aereo affollato della Siria si sono quasi scontrati con aerei russi”, ha detto Netanyahu ammettendo le azioni siriane, una circostanza non troppo comune visto che solitamente sono coperte da segreto e plausible deniability.

Nello scontro verbale con Mosca – che finora ha tenuto aperto il dialogo con Gerusalemme  – il premier ha definito “assurdo” l’arresto in Russia di una ragazza Israelo-americana colta con qualche grammo di cannabis: “Spero che Putin eserciterà il suo potere di perdono”, ha detto il primo ministro, una settimana dopo che un appello per il rilascio è stato respinto da un tribunale russo. Non ci sono commenti dal Cremlino, ma intanto la contesa si è spostata sui visti, con le autorità frontaliere israeliane che non hanno concesso l’ingresso a diversi cittadini russi per via della crescita esponenziale delle richieste di asilo politico dalla Russia.

Netanyahu scalda i motori per il voto. Tre incognite

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