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Non fotografare tutto. Non sostare troppo tempo di fronte ad un’opera d’arte. Evitare di parlare ad alta voce. Si tratta di tre delle 11 indicazioni che sono contenute nel cosiddetto Galateo dei Musei, redatto da Liberiamo sulla base di un dialogo ed un confronto con alcuni dei direttori delle nostre istituzioni museali.

Leggere le varie suggestioni suscitano uno stupore e una preoccupazione ambigui e ambivalenti. Da un lato ci si chiede quanto sia ormai fuori controllo il comportamento dei visitatori, al punto da rendere necessario l’invito di “prestare attenzione a dove si cammina”, dall’altro invece la lettura di questo galateo suscita il timore di una volontà di riattribuire ai Musei quella condizione di luogo di culto più che di cultura per superare la quale tantissimo lavoro è stato svolto negli ultimi 10-20 anni.

Sia chiaro: è evidente che tali indicazioni nascono da un tendenziale sovraffollamento di alcune delle nostre istituzioni museali.

I dati del 2024 hanno riportato cifre importanti in termini di visitatori. Nel 2024, i soli Musei Statali (che non sono tutti i musei pubblici, è bene ricordarlo) hanno ospitato più visitatori di quanti siano i cittadini italiani.

Nel dettaglio: 60.850.091 gli ingressi riportati nei luoghi della cultura del MIC e 58,934 milioni i cittadini italiani al 1° gennaio 2025 secondo l’Istat.

Per quanto però la questione numerica generi senza dubbio una serie di comportamenti poco rispettosi, non è soltanto il totale dei visitatori dei musei a determinare questa condizione. Altri fattori incidono, sia in termini quantitativi che qualitativi.

Dal punto di vista quantitativo, è necessario come sempre approfondire le cifre che vengono diffuse: perché se il totale dei visitatori è già di per se una condizione “record” (come non esita a definirla il sito web del Ministero della Cultura), è la distribuzione di tali visitatori che fa comprendere appieno l’entità del fenomeno.

Se guardiamo ai dati pubblicati dal Ministero e riferiti ai Musei e alle aree archeologiche più visitate, scopriamo infatti che le prime dieci istituzioni hanno ospitato più della metà di questi 61 milioni circa di visitatori.

E questo cambia non di poco la prospettiva. Perché un conto è pensare, ad esempio, al totale dei visitatori nel loro complesso, un conto è invece immaginare che nel corso di un unico anno, in dieci strutture museali si siano riversati più di 35 milioni di persone.

Cambia la gestione degli spazi, cambia la quantità di gente che si incontra quando si arriva alla coda per le biglietterie o per l’ingresso. Una serie di evidenze che portano a sostenere che l’intera esperienza di fruizione si trovi ad essere modificata sotto l’aspetto quantitativo prima ancora che qualitativo. Quanto tempo puoi stare davanti ad un’opera? Quanto tempo devi attendere prima che chi è prima di te passi all’opera successiva e tu possa quindi fare esperienza diretta? Quante persone ci saranno intorno? E non è tutto.

Non servono dati per intuire che gran parte di questi visitatori si siano concentrati in specifici momenti della settimana (week-end) o dell’anno (periodi festivi, giorni ad ingresso gratuito, ecc.).

Di fronte a tali flussi di persone, risulta del tutto naturale e comprensibile che siano in molti ad assumere dei comportamenti poco coerenti con quanto l’istituzione museale meriterebbe.

Qui forse si rende necessaria un’altra precisazione: i musei pieni zeppi di visitatori sono bellissimi, sono il sogno di tantissime persone che vedevano luoghi splendidi che custodivano opere di inestimabile valore artistico, trascurati come dei polverosi sottoscala. Questa grandissima affluenza, però, che in tanti hanno sperato si verificasse, non va bandita, ma va necessariamente gestita, dove per gestita non si intende necessariamente contingentata, limitata, o altre azioni simili.

L’esercizio reale che è necessario avviare è quello di trasferire implicitamente ai visitatori un senso di rispetto del luogo che la grande folla tende a smorzare. Tale rispetto non può derivare da una manciata di regole o da un galateo.

Tale rispetto deriva dalla relazione che italiani e turisti possono instaurare con l’arte, la storia, e l’insieme di opere che sono messe in mostra nei nostri istituti museali. Se entriamo in una stanza piena di persone, e di tali persone riusciamo a percepire il solo silenzio, è molto poco probabile che parleremo a voce alta con qualcuno.

Se invece entriamo in una sala con un rumore di fondo piuttosto elevato, parlare ad alta voce con qualcuno non solo sarà probabile, ma in alcuni casi potrebbe rivelarsi addirittura necessario.

E questa constatazione trasferisce la riflessione dall’ambito quantitativo a quello qualitativo, perché il rispetto per un luogo non proviene semplicemente dalle proibizioni; esso deriva piuttosto dall’autorevolezza dell’istituzione e di ciò che tale istituzione espone, e dalla sensibilità dei singoli di voler fruire in modo pieno di una o più opere.

Per ottenere questo risultato non è sufficiente mettere dei cartelli o condividere una brochure con i visitatori, soprattutto se la maggior parte dei visitatori sono turisti in vacanza in Italia che, in quanto persone che si recano in una terra di cui non conoscono le usanze, tenderanno il più delle volte ad adattare il proprio comportamento a quello della maggior parte delle persone che incontreranno in un dato luogo.

In questo caso, quindi, è necessario valorizzare di più, e con più forza, il valore, lo splendore, la grandezza, l’unicità di queste opere, fornendo ai visitatori delle chiavi di lettura che inducano ad un comportamento rispettoso, che non significa adottare le medesime reverenze che è necessario avere in un luogo di culto, ma che sicuramente eviti schiamazzi, selfie-sticks e atteggiamenti che possono recare danno a beni che la maggior parte di loro non potrebbe permettersi di riparare.

In questa condizione, una maggiore diffusione di materiale conoscitivo (cartaceo o multimediale) o strumenti per poter conversare a bassa voce tra persone che visitano insieme un museo potrebbero essere d’aiuto. Così come potrebbero essere d’aiuto delle politiche di coinvolgimento attivo del personale di custodia, fornendo a tali soggetti un ruolo e una funzione che sicuramente aiuterebbero il riconoscimento sociale di tali figure.

Allo stesso modo, può risultare d’aiuto favorire una maggiore distribuzione dei visitatori, prevedendo anche aperture straordinarie, o prevedendo particolari promozioni per i visitatori che decidano di accedere al museo in orari e in giorni meno frequentati. Ancora, potrebbe essere interessante sviluppare una nuova modalità di accesso ai Musei nei giorni ad accesso gratuito, prevedendo la perenne gratuità dell’ingresso a chi ha un reddito ISEE inferiore ad una certa soglia e vincolando la gratuità al grado di capienza raggiunta per coloro il cui ISEE risulti superiore, prevedendo un pagamento di un ticket simbolico, che dia diritto ad un credito di pari importo per un eventuale acquisto all’interno del bookshop o per il noleggio di un audioguida o per la prenotazione di una visita guidata successiva.

È essenziale comprendere che per favorire un afflusso sempre maggiore nei nostri Musei è necessario fare in modo che tale afflusso avvenga in modo ordinato e organizzato e nel pieno rispetto delle opere e dell’esperienza di visita. Se non gestiscono con attenzione i flussi, è inevitabile che si possano da un lato verificare degli episodi disdicevoli, e che, al netto di tali episodi, cresca anche il malcontento da parte di coloro che invece vivono il museo come un luogo di cultura frequente.

Piuttosto che attendere il malcontento, non sarebbe per una volta possibile anticipare le criticità e sviluppare una strategia che le trasformi in opportunità, per il Paese e per i visitatori?

Visitatori e musei? Non servono più regole, ma più rispetto. Scrive Monti

Per favorire un afflusso sempre maggiore nei nostri Musei è necessario fare in modo che tale afflusso avvenga in modo ordinato e organizzato e nel pieno rispetto delle opere e dell’esperienza di visita. Se non gestiscono con attenzione i flussi, è inevitabile che si possano da un lato verificare degli episodi disdicevoli, e che, al netto di tali episodi, cresca anche il malcontento da parte di coloro che invece vivono il museo come un luogo di cultura frequente. Il commento di Monti

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