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Approvata nell’ambito del Decreto Clima la proposta per riconoscere le peculiarità di quelle aree urbane che, a causa della presenza di siti produttivi di interesse nazionale, presentano particolari criticità ambientali. Tra le mozioni, la destinazione di specifiche risorse per favorire la riduzione dell’inquinamento dell’aria. Ne abbiamo parlato con Raffaele Nevi, deputato di Forza Italia e membro della commissione Agricoltura e primo firmatario della proposta.

Alcune aree urbane del Paese sono caratterizzate da importanti criticità ambientali, spesso non considerate nel loro insieme. Cosa si può fare e come per ovviare a questo problema?

Bisogna fare un investimento importante sulle aree che risultano più inquinate ma che, al contempo, rappresentano sedi di produzione strategica, come l’industria dell’acciaio, dell’energia elettrica, del trattamento dei rifiuti, ma anche il comparto chimico. E finalmente il governo, nell’ambito dell’approvazione del Decreto Clima, ha accolto l’ordine del giorno a mia prima firma impegnandosi a valutare l’opportunità di riconoscere le peculiarità di quelle aree urbane, fra cui Terni, la mia città, ma anche Brescia, Trieste e Torino. E intervenire a loro sostegno.

Quindi, a livello pratico?

Bisogna basarsi su parametri oggettivi, come riportato appunto nel disegno di legge, ovvero la presenza di Siti di interesse nazionale (Sin); l’esistenza di criticità ambientali, quali una media o elevata concentrazione di PM10 nell’aria (come da rapporto Legambiente); una popolazione residente di almeno 100mila abitanti e la presenza, infine, di impianti siderurgici, di combustione e di smaltimento rifiuti che abbiano un impatto sulle condizioni ambientali e sanitarie.

E poi?

E poi operare su diverse direttrici. La prima è sicuramente la rottamazione delle vecchie automobili o la loro riconversione. In secondo luogo bisogna spingere di più sull’elettrico, installando un maggior numero di colonnine e rendendola una soluzione adottabile, se non preferibile, a diesel e benzina. Vi sono, poi, tutta una serie di soluzioni che sembrano impensabili, ma che invece in altri Paesi stanno dando risultati. A Shangai, ad esempio, hanno creato dei veri e propri filtri che migliorano la qualità dell’aria. Guardare ai Paesi vicini e alle loro best practice, quando efficaci, è sicuramente un atteggiamento che dovremmo assumere.

Ma servono risorse…

Certo, lo Stato dovrebbe iniziare fornendo le dotazioni necessarie affinché le aziende possano ottimizzare e rendere più eco-compatibili i propri impianti. Si dovrebbero inoltre utilizzare meglio i fondi comunitari, coinvolgendo anche le imprese presenti sul territorio e proponendo, perché no, un vero e proprio patto tra l’italia e le zone più inquinate del Paese.

In questo modo, forse, si potrebbe frenare quella tendenza, sempre più forte, di malcontento dei cittadini verso le imprese, che vorrebbero – basti pensare a Taranto, per dirne una – vedere chiuse.

Certo, anche perché non ha senso pensare di chiudere le aziende per salvare l’ambiente, altrimenti salviamo l’ambiente e uccidiamo le città, la loro economia e, in un quadro di visione più ampio, l’economia del Paese. Tra la popolazione sta crescendo sempre di più un sentimento anti-industriale e la politica ha la necessità e l’obbligo di intervenire, altrimenti si rischia la degenerazione del fenomeno, proprio come sta accadendo a Taranto. Tra l’altro bisogna ricordare che lavorare nell’industria nutrendo un sentimento di malcontento impatta negativamente proprio sulla produttività. Si tratta di realtà dove bisogna intervenire quanto prima affinché lo scontro fra ambiente e industria non si acutizzi ulteriormente e porti a conseguenze irreversibili.

La sfida dell’inquinamento dell’aria è un tema che sta dominando il dibattito pubblico. Quanto è importante una maggiore collaborazione fra soggetti pubblici e privati?

Importantissima, dal mio punto di vista. Una maggiore collaborazione fra pubblico e privato può canalizzare gli sforzi nella stessa direzione. Bisogna chiamare all’appello le aziende interessate al fenomeno che fanno ricerca, le associazioni ambientali, le multinazionali dell’industria e il pubblico per non lasciare i territori soli ad affrontare una questione che va affrontata, invece, in maniera congiunta.

Qualche giorno fa, ad esempio, Enel e Novartis hanno proposto, in occasione dell’assemblea Anci, una piattaforma condivisa che agevoli, appunto, la collaborazione PPP (partenariato pubblico-privato). Che ne pensa?

È un’ottima idea. Ci vorrebbero più iniziative come questa, anzi. Se riusciamo a salvaguardare l’ambiente senza affossare l’industria, sicuramente saranno contenti tutti. Cittadini in primis.

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