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Mentre entra nel vivo il dibattito alla Camera sull’impeachment, Donald Trump incassa il supporto bipartisan al maxi budget per la Difesa, compresa l’ambita Space Force per far fronte alla crescente competizione extra-atmosferica con Cina e Russia. Con 377 voti a favore e 48 contrari, la Camera ha autorizzato risorse per la Difesa americana pari a 738 miliardi di dollari per il 2020, ben 22 in più rispetto allo scorso anno. La versione finale del National Defense Authorization Act (Ndaa) è il risultato di un compromesso non facile tra repubblicani e democratici. Ora la palla passa ora al Senato, dove si preannuncia una rapida approvazione già la prossima settimana, per poi approdare sulla scrivania del presidente. Non si attendono sorprese, anche considerando il wow con cui Trump ha accolto via Twitter il voto di Capitol Hill. “Tutte le nostre priorità sono confluite nell’Ndaa finale” compresa la Space Force, ha rimarcato, preannunciando la sua firma “immediata” per “questa storica legislazione per la difesa”.

LA SPACE FORCE AL VIA

Tra le novità più rilevanti c’è l’autorizzazione all’istituzione della Space Force quale sesta Forza armata degli Stati Uniti. Il progetto, voluto con forza dal presidente, ha dovuto vincere diverse resistenze (anche al Pentagono), con un dibattito serrato tra Congresso, Casa Bianca e dipartimento della Difesa. La competizione con Cina e Russia, attive nello Spazio militare, ha poi convinto tutti, tanto che da settembre è attivo lo Space Command, l’undicesimo comando unificato, combatant e operativo, specificatamente dedicato alle attività militari nello spazio. Seppur autonomo rispetto alla Space Force, ha segnato il trend, aprendo la porta alla sesta forza armata, tutta spaziale, che dovrebbe configurarsi come corpo alle dipendenza della US Air Force, alla stregua del corpo dei Marines all’interno della US Navy. Rappresenta l’esempio più evidente del piano di modernizzazione dell’intero strumento militare previsto dai documenti strategici dell’amministrazione, sempre accolto in ottica bipartisan delle forze politiche. Non a caso, rispetto alle richieste del Pentagono, il documento approvato alla Camera autorizza ampliamenti su alcuni programmi, tra cui dodici F-35 di Lockheed Martin (pari a 1 miliardo di dollari) e otto caccia F-15EX di Boeing in più.

LA SPINTA DI DONALD TRUMP

Sono così finiti gli anni della sequestration e dei tagli alla Difesa a stelle e strisce. Dall’arrivo alla Casa Bianca, Trump ha impresso una sterzata evidente, riuscendo da subito a far sospendere il Budget Control Act del 2011 per gli anni fiscali 2018-2019, la legislazione che limitava la possibilità di finanziamento al dipartimento della Difesa. Per il budget 2018, il primo basato sulle richieste dell’amministrazione Trump, sono così arrivati 700 miliardi, il 18% in più rispetto all’anno precedente, l’ultimo della presidenza Obama. Per il 2019 i miliardi sono saliti a 716, mentre per l’anno prossimo la richiesta iniziale è stata di 750 miliardi (con l’obiettivo di ottenerne almeno 733).

L’ITER DI APPROVAZIONE

Proprio per questo, a fine giungo, il Senato ha approvato la propria proposta di Ndaa da 750 miliardi tondi tondi. Un paio di settimane dopo, la versione della Camera ha invece visto scendere il livello a 738 miliardi. A inizio agosto è stato dunque il Senato a convergere su tale cifra, prevedendo, all’interno dell’accordo sul bilancio federale biennale (2,7 trilioni di dollari), risorse per il Pentagono pari a 738 miliardi per il prossimo anno e 740 per il 2021. L’iter legislativo sui finanziamenti per la Difesa degli Stati Uniti è d’altra parte complesso. Ciascuna Camera infatti procede autonomamente, redigendo e approvando un Ndaa a partire dalle richieste dell’amministrazione. Poi, sulla base dei due documenti, i membri delle commissioni competenti lavorano su un’unica versione che, se approvata e firmata dal presidente, apre il campo agli appropriation bill con cui le risorse vengono effettivamente allocate.

VERSO IL VOTO AL SENATO

L’approvazione di ieri alla Camera lascia dunque la palla al Senato sulla versione finale. Il voto dovrebbe arrivare già la prossima settimana e, a meno di sorprese, il via libera pare scontato lì dove i repubblicani possono contare su numeri più importanti. Alcuni dem di spicco hanno però promesso battaglia. Si tratta di Bernie Sanders e Elizabeth Warren, entrambi candidati alle presidenziali del prossimo anno, che hanno annunciato il voto contrario. Il dibattito sulla Difesa si mischia così alla campagna elettorale, aggiungendosi ai venti dell’impeachment che soffiano tra White House e Capitol Hill. Eppure il Pentagono sembra al riparo da burrasche sui fondi attesi. Alla Camera il voto sull’Ndaa è stato più che trasversale. Tra i repubblicani le defezioni sono state solo sei, con 189 voti a favore. I democratici hanno espresso 188 voti favorevoli e 41 contrari.

I PUNTI DELICATI

A convincere i dem sono state soprattutto le misure di assistenza al personale, tra cui il congedo parentale retribuito, il miglioramento delle strutture abitative militari e l’eliminazione della cosiddetta “tassa delle vedove”, cioè l’impossibilità per le famiglie dei caduti di beneficiare sia dei servizi del Pentagono che di quelli del dipartimento degli Affari dei veterani. I democratici contrari hanno invece contestato l’esclusione dall’Ndaa di esplicite restrizioni alla possibilità per il presidente di impiegare risorse militari per la costruzione del muro con il Messico, ma anche il mancato taglio al programma per le testate low-yeld W76-2 (piccole testate nucleari da lanciare da sottomarini, già tra i punti più delicati del dibattito lo scorso anno) e l’assenza del divieto di supporto alla coalizione a guida saudita nella guerra in Yemen.

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