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La vera sfida di questi tempi? Combattere le fake news. Compito difficile, difficilissimo nell’era dei social network e delle notizie che corrono in rete. Eppure, restituire all’informazione la sua qualità e la sua dignità, è possibile. Certo, se poi la politica facesse la sua parte, sarebbe tutto più facile. Per il momento però, ci si può accontentare di un lavoro non banale quale “L’economia percepita. Dati, comunicazione e consenso nell’era digitale”, volume scritto per Donzelli da Roberto Basso, saggista, esperto di comunicazione e per anni portavoce al ministero dell’Economia e Dino Pesole, giornalista del Sole 24 Ore, grande esperto di finanza pubblica, presentato questa mattina presso la sede dell’Ordine dei giornalisti. Il punto è questo: la distorsione tra l’informazione pura, verificata e quella che arriva al grande pubblico. Un vuoto pneumatico su cui la gente comune percepisce costruisce le proprie opinioni che il più delle volte non corrispondono alla verità. E l’economia è terreno fertile per queste distorsioni.

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“Il tema della politica e del consenso è centrale oggi. C’è un problema chiamato scarto percettivo, ovvero la distanza tra i risultati conseguiti e la percezione che se ne ha”, ha spiegato Pesole. “Si tratta di un problema molto serio, su cui occorrerebbe intervenire e non parlo solo della politica. Faccio un esempio. Se io faccio una manovra seria, una legge fiscale seria, ci vogliono non meno di cinque anni per vederne gli effetti sull’economia. Il problema è che il cittadino si aspetta risultati subito, immediatamente. E non potendoli vedere, si mette in testa che chi governa se ne deve andare a casa. Ed ecco che c’è una realtà percepita profondamente distorta”.

Aspettando che la politica si accorga del problema, un antidoto però, c’è. “Dal nostro punto di vista, mio e di Roberto, quello cioè dei giornalisti, credo si debba tornare a studiare, spiegare, per essere credibili e competenti. Questo è l’unico modo per battere le fake news, studiare per acquisire credibilità. Faccio un altro esempio. In questi giorni si parla del Fondo salva stati, il Mes, su cui c’è una gran confusione. La gente crede al Matteo Salvini di turno, per il quale il Mes contiene una specie di attacco al nostro debito, ma la verità è un’altra e come giornalisti sono giorni che ci stiamo affannando a dirlo. E cioè che Giovanni Tria, ministro del governo proprio con Salvini, ha tolto una notte di tempo fa dal testo per la riforma del Mes proprio la norma di cui si discute ora, e cioè l’automatica ristrutturazione del debito. Quella norma non esiste più, Salvini forse lo sa ma la gente forse no. E per questo crede a Salvini. Ma la verità è un’altra, eccola la distorsione di quello che viene percepito”.

Secondo Basso, invece, è tempo “che i giornali la smettano di andare dietro a quello che viene pubblicato sui social. Se uno vuole informazione e inchiesta compra un giornale, se vuole disinformazione, va sui social. Occorre recuperare questa distinzione, l’informazione è una cosa, la disinformazione un’altra. I giornalisti devono parlare alla testa e non alla pancia, quello spetta ai comunicatori, che sono altra cosa. Il giornalismo deve tornare a una specie di essenza, chi va in edicola e compra un giornale vuole informazione, altrimenti se ne andrebbe su Twitter”. Basso ha fatto anch’esso un esempio. “Un bravo giornalista ha scritto che con la nuova manovra si tagliano oltre 20 miliardi di tasse. Ma la gente non ci crede, eppure è così: se io cancello aumenti Iva per 23 miliardi e passa, non è come pagare meno tasse? Sì che lo è, ma le persone tendono a non capire e comprendere questo punto di vista”.

Salvare l'economia dalle fake news. I consigli di Pesole e Basso

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