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Il concetto di “riarmo” genera una narrativa errata. L’Europa non si sta preparando a fare la guerra, ma a garantire la pace. Ne è convinto il senatore di Fratelli d’Italia, Raffaele Speranzon, membro della Commissione esteri/difesa che affida a Formiche.net una riflessione ampia che tocca i temi del Rearm Ue, del voto parlamentare per gli F-35, dei rapporti (anche italiani) con l’amministrazione americana in un’ottica costruens rispetto alle esigenze della nuova commissione europea. “Il legame transatlantico garantisce stabilità e deterrenza, soprattutto in un mondo dove le minacce sono sempre più complesse. Una divergenza strutturale tra le due sponde dell’Atlantico comprometterebbe la credibilità dell’intero dispositivo difensivo occidentale”.

Le mosse di Donald Trump stanno accelerando la difesa comune europea?

Trump, con la sua pressione sugli alleati Nato per aumentare la spesa militare, sta certamente scuotendo l’Europa. Le sue richieste hanno il merito di spingere i paesi europei a riflettere sulla propria autonomia strategica. La cosiddetta ‘autonomia strategica europea’ non è più una questione teorica, ma una priorità pragmatica, volta a garantire la credibilità dell’Unione Europea come attore geopolitico. Non si tratta di sostituire gli Stati Uniti ma di assumere una quota maggiore di responsabilità nella difesa del continente europeo.

Le nuove spese militari europee servono per la difesa o per l’attacco?

Gli investimenti in ambito difesa vanno letti nel quadro della ‘deterrenza credibile’. In un contesto internazionale caratterizzato da minacce ibride, guerre ad alta intensità e instabilità ai confini, il rafforzamento delle capacità militari europee ha una finalità esclusivamente difensiva. L’obiettivo è duplice: garantire la sicurezza dei confini dell’Unione e assicurare la capacità di proiezione in operazioni di stabilizzazione internazionale, in linea con i mandati Onu e le direttive Nato. Il concetto di ‘riarmo’ genera una narrativa errata. L’Europa non si sta preparando a fare la guerra, ma a garantire la pace. Le democrazie si dotano di strumenti di difesa proprio per evitare il conflitto, rafforzando la capacità di deterrenza. Storicamente, la pace si mantiene quando si è in grado di difenderla. Un’Europa vulnerabile e impreparata sarebbe un incentivo per chi vuole destabilizzarla o minacciarla. Investire in sicurezza e capacità difensive significa proteggere i nostri cittadini, le nostre infrastrutture critiche e la nostra sovranità.

Tra qualche giorno il Parlamento sarà chiamato a votare sull’acquisto di altri 25 caccia F-35. Tutti d’accordo?

L’acquisto dei velivoli F-35 rientra in un piano di ammodernamento delle Forze Armate italiane, in linea con gli impegni assunti all’interno del programma Joint Strike Fighter (JSF), al quale l’Italia partecipa sin dalla fase di sviluppo. Il costo di un programma va sempre rapportato ai benefici strategici che offre. Gli F-35 non sostituiscono un solo tipo di velivolo, ma tre: i Tornado, gli AMX e gli AV-8B della Marina. Con un’unica piattaforma otteniamo capacità multiruolo, riducendo i costi di manutenzione e aumentando l’efficacia operativa. Inoltre, l’F-35 è progettato per operare in scenari moderni, dove i caccia di generazioni precedenti sarebbero inefficaci o addirittura vulnerabili. Mi aspetto che il Parlamento valuti con senso di responsabilità e lungimiranza strategica. Non si tratta solo di acquistare velivoli, ma di dotare l’Italia di uno strumento che garantisca la sicurezza nazionale e la nostra credibilità internazionale.

Quale l’impatto degli F-35 sull’industria interna e sui livelli occupazionali?

L’Italia non è un mero acquirente, ma partner industriale di secondo livello nel programma F-35. Il sito di Cameri in Piemonte, gestito da Leonardo, rappresenta un unicum nella supply chain globale: è l’unico Final Assembly and Check Out (FACO) in Europa e ha già prodotto velivoli sia per l’Aeronautica Italiana che per clienti esteri. Si tratta di un asset strategico che ha generato, e continuerà a generare, importanti ricadute occupazionali dirette e indirette. Attualmente, il programma già garantisce l’impiego di circa diecimila tecnici e lavoratori altamente specializzati e sviluppa competenze tecnologiche avanzate, con effetti moltiplicatori dal punto di vista occupazionale sul tessuto industriale nazionale in particolare in ambito aerospaziale.

Perché è importante lavorare per impedire che si allarghi il solco tra Ue e Usa?

L’architettura di sicurezza europea è fondata sull’Alleanza Atlantica. Anche se l’Europa deve crescere in termini di autonomia strategica, non possiamo permetterci una rottura con gli Stati Uniti. Il legame transatlantico garantisce stabilità e deterrenza, soprattutto in un mondo dove le minacce sono sempre più complesse. Una divergenza strutturale tra le due sponde dell’Atlantico comprometterebbe la credibilità dell’intero dispositivo difensivo occidentale. L’Italia è impegnata a promuovere un rafforzamento delle capacità europee nel quadro della Nato, secondo il principio di “complementarità e non duplicazione”.

Quale può essere in questo senso il ruolo dell’Italia?

L’Italia ha una tradizione consolidata di mediatore e facilitatore all’interno dell’Alleanza Atlantica e dell’Unione Europea. La nostra posizione geostrategica, unita alla capacità di dialogo con numerosi attori regionali, ci consente di svolgere un ruolo di ‘security provider’ nel Mediterraneo allargato e di contribuire in modo sostanziale alle missioni Nato, Ue e Onu. Tra l’altro a livello industriale, l’Italia promuove la cooperazione tecnologica attraverso partnership strategiche nell’ambito del Fondo Europeo per la Difesa e dei programmi Pesco, posizionandosi come un attore chiave nello sviluppo di capacità militari europee interoperabili con quelle statunitensi. Quindi continueremo a lavorare per rafforzare la coesione dell’Alleanza Atlantica, promuovendo una maggiore integrazione europea nella difesa, mantenendo però un solidissimo legame con Washington.

Gli F-35 sono questione di sicurezza nazionale e credibilità internazionale. Parla Speranzon

Intervista al senatore di FdI: “Un’Europa vulnerabile e impreparata sarebbe un incentivo per chi vuole destabilizzarla o minacciarla. Gli investimenti in ambito difesa vanno letti nel quadro della ‘deterrenza credibile’. Gli F-35? L’Italia non è un mero acquirente, ma partner industriale”. Colloquio con Raffaele Speranzon

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