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Dopo l’inizio delle vicende politico militari che hanno visto come attori l’Ucraina e la Russia, fin dal novembre 2014, le autorità occidentali, e più specificatamente l’amministrazione statunitense e l’Unione europea, hanno ritenuto di “indebolire” il consenso politico ed economico del presidente Vladimir Putin colpendo, con sanzioni amministrative quali il congelamento o sequestro, i beni degli “oligarchi” russi, affinché questi, stremati dalle privazioni dei loro beni, convincessero il leader a desistere dalle sue iniziative belliche contro l’Ucraina.

In termini di risultato, gli effetti desiderati non hanno trovato conferma. Il presidente Putin ha proseguito la sua azione, incurante delle sanzioni agli oligarchi e, da ultimo, per sostenere le ingenti spese di guerra, ha aumentato le imposte sulle imprese russe, molte delle quali appartenenti proprio agli oligarchi sanzionati. Giuridicamente parlando, molti dubbi sono stati sollevati nelle varie corti da parte degli avvocati che hanno ricorso contro tali provvedimenti di sequestro, sia negli Stati Uniti sia presso la Corte di giustizia europea.

Oggi, a ogni modo, sembrerebbe esserci un “cambio di programma” su questi provvedimenti grazie all’avvento del presidente Donald Trump negli Stati Uniti. Già dal 7 febbraio scorso, a meno di un mese dal suo insediamento alla Casa Bianca, gli effetti di questo cambio di programma si sono evidenziati nei provvedimenti e nelle dichiarazioni di Pam Bondi, attorney general, che ha spiegato che “le risorse attualmente destinate al sequestro dei beni degli oligarchi e all’applicazione delle sanzioni saranno reindirizzate all’eliminazione totale dei cartelli delle organizzazioni criminali transnazionali”.

In effetti, il dipartimento di Giustizia aveva creato la task force KleptoCapture nel marzo 2022, poche settimane dopo che la Russia aveva lanciato la sua invasione su larga scala in Ucraina. Questa taskforce portò immediate conseguenze nei confronti dei beni del magnate dell’alluminio Oleg Deripaska, del magnate dei media Konstantin Malofeyev nonché al sequestro di yatch appartenenti agli oligarchi Suleiman Kerimov e Viktor Vekselberg.  A questi primi nomi di “oligarchi” sanzionati si è aggiunta una lunga lista, peraltro implementata soprattutto dalle autorità europee che, anche avvalendosi di “informazioni” fornite dagli organismi di enforcement statunitensi, hanno operato sequestri su beni degli oligarchi presenti sul territorio europeo. Ogni “difesa” tentata dai legali degli oligarchi colpiti è stata vana: le corti dei vari Paesi europei hanno respinto e spesso rimesso, alla Corte di giustizia europea, le decisioni nel merito, tutte, o quasi tutte respinte.

Anche il nostro Paese ha contributo all’operazione “trova il bene dell’oligarca e sequestralo”, seguendo le indicazioni comunitarie e sollevando qualche perplessità per le particolari condizioni normative vigenti in Italia in tema di beni sottoposti a sequestro e loro manutenzione. Infatti, il decreto legislativo numero 109 del 22 giugno 2007, articolo 12, comma 8, prevede che: Le spese necessarie o utili per la conservazione e l’amministrazione dei beni sono sostenute dall’Agenzia del demanio o dall’amministratore mediante prelevamento dalle somme riscosse a qualunque titolo. Se dalla gestione dei beni sottoposti a congelamento non è ricavabile denaro sufficiente per il pagamento delle spese, alle stesse si provvede mediante prelievo dai fondi stanziati sull’apposito capitolo di spesa del bilancio dello Stato di cui all’articolo 15, con diritto di recupero nei confronti del titolare del bene in caso di cessazione della misura di congelamento, da esercitarsi anche con le modalità di cui all’articolo 1, comma 274, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Ai fini del recupero delle spese di cui al presente comma, alle stesse può far fronte, a proprio carico e senza diritto di rimborso, ogni soggetto terzo che si renda disponibile, una volta esperite sul medesimo le necessarie verifiche disposte dal Comitato”.

Appare evidente che, in prima battuta, l’amministrazione del Demanio è destinataria di spese di mantenimento e manutenzioni, salvo l’avvio di difficili procedure di recupero in caso di cessazione delle misure di congelamento. La rendicontazione a bilancio dello Stato parla di decine di milioni destinate alla manutenzione di ville e yacht sequestrate in territorio italiano, ma non solo. Si è assistito all’assurda “marcia indietro” nei confronti di oligarchi come Alisher Usmanov, cittadino onorario di Arzachena, commendatore della Repubblica italiana, finanziatore di ospedali italiani durante il Covid, filantropo patrocinante ristrutturazioni di siti storici nel centro di Roma, divenuto, di colpo, un most wanted dall’oggi al domani, con il conseguente congelamento di beni. Così come l’altro oligarca, Andrey Igorevich Melnichenko, imprenditore nel settore dei fertilizzanti chimici con forti interessi in Italia, dove ha aperto una importante sede della EuroChem, con un volume di affari miliardario nel nostro Paese, oggi del tutto annullato. Melnichenko possiede lo yacht a vela Sy A, del valore di 530 milioni di euro, ora posto sotto sequestro nel porto di Trieste, con oneri a carico dello Stato.

Il cambio di passo dell’amministrazione americana verso questo tipo di sanzioni può influenzare anche le decisioni delle corti europee, posto che, come detto in premessa, queste sanzioni non hanno spostato di un millimetro le intenzioni e le azioni del presidente russo, come del resto viene anche confermato, da ultimo, da un dispaccio del 3 marzo scorso pubblicato da Reuters. Questo riferisce che gli Stati Uniti “stanno elaborando un piano per concedere potenzialmente alla Russia un alleggerimento delle sanzioni”. E ancora, che “gli uffici per le sanzioni stanno ora elaborando una proposta per revocare le sanzioni su determinate entità o individui, inclusi alcuni oligarchi russi”.

L’amministrazione Trump pare quindi avviata verso una totale revisione delle sanzioni, nei confronti sia dello Stato russo sia degli oligarchi, che ne rappresentano la personalizzazione industriale ed economica. Non c’è dubbio che il rientro dei beni nella loro legittima proprietà potrà conseguire un doppio effetto positivo: il venir meno di oneri a carico dello Stato per la loro manutenzione e mantenimento e la ripresa di attività economiche e finanziarie connesse a tali beni. Non è certo continuando a mantenere attive le sanzioni verso gli oligarchi che si risolverà il conflitto ucraino: la pace passa anche e soprattutto attraverso gesti di distensione.

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Di Paolo Costantini

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