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Dopo la notizia del rapporto della Commissione Ue sui rischi che la rete 5G comporterebbe per la sicurezza dei Paesi membri qualora finisse nelle mani sbagliate (quelle di “stati non democratici”), Bruxelles sarebbe pronta a dire che i potenziali fornitori di 5G saranno valutati in base alle leggi del loro Paese d’origine; una posizione che – a fronte della controversa legge di Pechino che obbliga le aziende della Repubblica Popolare a collaborare con la madrepatria – potrebbe escludere le imprese cinesi dai contratti per le nuove infrastrutture di comunicazione.

LA NUOVA SBERLA DELL’UE

In una bozza di una dichiarazione congiunta ottenuta da Bloomberg e prevista per il prossimo mese, l’Ue sembra così prendere nuovamente una posizione netta che manda un messaggio chiaro alla Cina. “I fattori, come il quadro giuridico e politico a cui i fornitori possono essere soggetti in Paesi terzi, dovrebbero essere considerati”. Naturalmente, gli Stati europei hanno l’ultima parola se estromettere o meno un fornitore dalle proprie reti nazionali per motivi di sicurezza. Allo stato attuale, poche nazioni del Vecchio continente hanno deciso di sbarrare le porte ai colossi della Repubblica Popolare, preferendo puntare – Italia compresa – su un rafforzamento generale delle misure di controllo. Ma se questo testo fosse confermato, le indicazioni di Bruxelles, che giungerebbero dopo i ripetuti appelli di Washington rivolti innanzitutto agli alleati Nato, non potranno non essere considerate.

I CONSIGLI DI POMPEO

Per gli Stati Uniti – che in un summit tenuto nei mesi scorsi a Praga avevano contribuito a mettere nero su bianco le best practice da adottare per la sicurezza delle nuove reti – la chiave è non solo nei controlli tecnici, ma anche nella fiducia. E non a caso, proprio nelle scorse ore, oltre a un video esplicativo di Foggy Bottom, il segretario di Stato Mike Pompeo è tornato sul tema su Twitter, sottolineando che “la gente dovrebbe essere in grado di avere fiducia nel fatto che le compagnie” che forniscono “apparecchiature e software 5G non minacciano la sicurezza, la privacy, la proprietà intellettuale o i diritti umani”. Tutte violazioni delle quali Washington accusa Pechino e i suoi giganti tech, in particolare Huawei, che ha posto in una ‘lista nera’ del Dipartimento del Commercio. “Per le nazioni che stanno guardando a come costruire le loro reti 5G”, ha rimarcato ancora Pompeo, “il risk assessment della Commissione europea ha nominato queste minacce. Ora è tempo di tenerle al sicuro (le reti 5G, ndr)”.

IL CAMBIAMENTO IN ATTO

Il 5G, spiegano gli esperti, comporterà un cambiamento davvero significativo rispetto a quello che si è visto con le reti 4G. In primo luogo consentirà la connessione a molti più dispositivi Iot. Tutto, dalla telemedicina alle reti di trasporto autonome, si appoggerà a questa rete. Questo perché la velocità supererà di oltre 100 volte quella attuale con una latenza molto bassa, fino a un millisecondo. E questa evoluzione può, per ragioni anche tecniche spiegate nei mesi scorsi dal cyber diplomatico Usa Robert Strayer, essere difficile da tenere sotto controllo dal punto di vista della sicurezza. Di qui la necessità di agire prima e meglio.

LA FUSIONE TRA CIVILE E MILITARE

Per l’amministrazione americana, la fusione pressoché totale tra militare e civile è uno degli sforzi più grossi che la Cina, sotto la guida di Xi Jinping, starebbe compiendo. Il che rende problematica qualsiasi cooperazione o trasferimento tecnologico con la Repubblica Popolare.
A questo legame strettissimo tra Partito Comunista cinese e campioni nazionali della tecnologia – ha raccontato in precedenza Formiche.net – si unisce anche un altro dei crescenti timori americani: quello dell’esportazione del modello di sorveglianza e controllo di Pechino attraverso i propri giganti.
I servizi e i prodotti di società tech come Huawei, Tencent, Zte, Alibaba e Baidu vengono ogni giorno di più venduti in tutto il mondo. Mentre i problemi di sicurezza e di tutela dei diritti umani associati al severo meccanismo di controllo della Rete esistente in Cina starebbero facendo breccia in altri Paesi con tendenze illiberali e desiderosi di reprimere il dissenso interno.
Questo è il contesto geopolitico ed economico che rende al momento difficile che Washington possa avallare una qualsiasi cooperazione con Pechino, senza che parallelamente sia risolta – con una vera apertura del mercato cinese, come da tempo chiede l’amministrazione americana – quello che considera il principale problema alla base dei rapporti tra l’Occidente e la Cina e tra quest’ultima e il mondo. Un tema, questo, non solo economico quindi ma di sicurezza nazionale.

5G, da Bruxelles nuova sberla in vista per Huawei e Zte

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