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Il 2019 sarebbe dovuto essere un “anno bellissimo”, secondo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. I primi consuntivi Istat ci dicono, invece, che è stato un annus horribilis: contrazione della produzione industriale, per la prima volta in cinque anni, diminuzione drastica delle ore lavorate, rallentamento dell’export, aumento del rapporto debito pubblico-Pil. In breve, un quadro desolante a livello macro-economico, che corrobora, a livello micro-economico, le riunioni inconcludenti dei circa duecento “tavoli di crisi” in Via Molise, sede del ministero dello Sviluppo Economico.

Si sa poco o nulla, poi, sulle due grandi crisi industriali: ex Ilva di Taranto ed Alitalia. Per la prima, secondo gli spifferi che vengono proprio da Via Molise, si conta su un intervento pubblico, sempre che, da qualche parte, si trovino i soldi. Per la seconda, si fanno preci e novene che qualcuno se la compri in tutto o in parte, ossia un miracolo, sempre che l’acquisto non riguardi solo le parti succulente.

In questo quadro di un’economia che tracolla, il governo che fa? Barcolla. C’è chi spera in un “rimbalzo tecnico” della “congiuntura”. C’è chi accusa il “coronavirus”, facendo, però, attenzione a non puntare il dito al governo di Pechino per i gravi ritardi che hanno accentuato l’epidemia. Soprattutto, l’azione legislativa in materia economica è pressoché ferma: basta consultare i rapporti periodici della Fondazione Open Polis per toccare con mano che una volta portata in porto la legge di Bilancio, si è a calma piatta. Lo stesso “piano shock” di investimenti pubblici, cavallo di battaglia del leader di Italia Viva Matteo Renzi, ha suscitato attenzione per il tempo di un discorso.

L’inazione è causata principalmente dai dissidi interni. Particolarmente da quello della “legge Bonafede” sulla prescrizione, un provvedimento che autorevoli costituzionalisti ritengono contrario alla Carta fondamentale della Repubblica e che è stato duramente criticato da tutto l’ordine giudiziario e da tutta la professione forense. È comprensibile che Bonafede ne abbia fatto una bandiera che difende utilizzando anche toni da capriccio. È meno comprensibile che il Pd cerchi un compromesso ad ogni costo utilizzando preziose energie che potrebbero essere rivolte a mettere a punto provvedimenti per evitare quanto meno un aggravarsi della già pessima situazione economica.

Su questa testata abbiamo scritto che in termini di “teoria dei giochi”, il Pd è nella posizione di mettere in atto un “gioca ad ultimatum” dato che i pentastellati sono terrorizzati dall’idea di tornare alle urne. La paura è aumentata dopo le ultime simulazioni secondo cui elezioni dopo il “referendum confermativo” della riduzione del numero dei parlamentari renderebbero il M5S una forza politica irrilevante. All’interno del Pd c’è ancora chi spera che parte del M5S (e del loro elettorato) confluisca nelle loro file. Penso si tratti di un’illusione.

Anzi il peggioramento del quadro economico e l’inazione governativa induce gli elettori a votare contro chi, a ragione o a torto, nella “stanza dei bottoni” non sembra essere in grado di fare nulla per migliorare la situazione. Ora il governo barcolla, ma tra breve, potrebbe crollare pure lui.

L'economia tracolla, il governo che fa? Il commento di Pennisi

Il 2019 sarebbe dovuto essere un “anno bellissimo”, secondo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. I primi consuntivi Istat ci dicono, invece, che è stato un annus horribilis: contrazione della produzione industriale, per la prima volta in cinque anni, diminuzione drastica delle ore lavorate, rallentamento dell’export, aumento del rapporto debito pubblico-Pil. In breve, un quadro desolante a livello macro-economico, che…

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