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Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, e l’omologo turco, Recep Tayyip Erdogan, hanno firmato una dichiarazione congiunta a seguito dell’ottava riunione del Consiglio strategico di alto livello Ucraina-Turchia.

Il documento è interessante se letto sotto ottiche incrociate. Dalla visita di Erdogan a Kiev esce chiaramente la volontà di Ankara di costruirsi connessioni geopolitiche attraverso la firma di memorandum di cooperazione sul piano economico-militare.

Con l’Ucraina è stato firmato qualcosa di simile a quanto visto nel caso della Libia, dove la Turchia ha stretto con il governo di Tripoli un’intesa per fornire assistenza militare ottenendo in cambio una sorta di prelazione economico-commerciale dal valore strategico. La Libia è infatti affacciata su un tratto di mare dove i turchi vedono crescere un contesto geopolitico avverso che ruota attorno a un accordo regionale tra Grecia, Cipro, Egitto e Israele: l’EastMed che taglia fuori Ankara.

Zelensky ha ringraziato il presidente turco dicendo che tramite lui l’esercito ucraino riceverà assistenza finanziaria dai partner russi”. Per Kiev, come per Tripoli, anche solo poter mettere una firma sotto una dichiarazione del genere diventa importante. È una questione di deterrenza: l’Ucraina è ancora in guerra con i separatisti del Donbas (due giorni fa cinque soldati ucraini sono stati feriti gravemente dei ribelli filorussi) e cerca giustizia per l’annessione della Crimea da parte della Russia. Il dossier ucraino diventa, come nel caso della Libia, un altro spazio in cui Ankara riesce a inserirsi sfruttando un disinteressamento generale di Europa e Stati Uniti.

L’interesse turco riguarda il Mar Nero, dove Erdogan esprime la dimensione talassocratica della sua politica estera controllandone gli accessi. L’annuncio di un appoggio militare, che forse arriverà (come in Libia) in forme molto più modeste di quelle dichiarate, è lo strumento per ottenere un’altra sponda amica nel bacino. Tanto più adesso che, come dimostrato dalle dinamiche siriane che ruotano attorno a Idlib, con la Russia la relazione vive una fase di freddezza. Quanto meno apparente.

Perché il tema che Erdogan mette in gioco è quello di un nuovo schieramento (come in Libia, e prima in Siria) sul fronte opposto rispetto a quello russo. Per abbandonare parzialmente il quadro Russia-Turchia, si dovrebbe pensare alla visita in Ucraina (che aveva come occasione simbolica i ventott’anni di relazioni diplomatiche tra i due Paesi) come a un passaggio richiesto a Erdogan da Donald Trump. Il presidente americano ha stretto relazioni personali con l’omologo turco e in questo momento non può permettersi di accendere i riflettori sul dossier Donbas-Crimea visto che era parte in causa dell’impeachment.

La crisi russo-turca giustificherebbe la dichiarazione di Erdogan sulla Crimea (“è Ucraina”) e il saluto “Slava Ukraini” ai militari del picchetto d’onore. (Il saluto “Gloria all’Ucraina” è tra gli slogan simbolo della lotta ai filorussi del Donbas: detestato dai russi, si creò un caso diplomatico dopo che il calciatore croato Domagoj Vida, ex Dinamo Kiev, lo usò per festeggiare la vittoria della sua nazionale contro la Russia ai mondiali di Mosca 2018).

Erdogan ha usato parole anche più dure contro Mosca. “Gli sviluppi a Idlib sono diventati intollerabili. Siamo stati molto pazienti “, ha detto durante la conferenza stampa congiunta: “In questo momento, quasi un milione di persone stanno fuggendo verso i nostri confini a causa delle barrel bomb del regime e purtroppo a causa della negligenza della Russia”. “Tuttavia, nonostante il recente logoramento dei legami russo-turchi sul sostegno di Mosca al regime siriano, la tensione tra i due [paesi] non dovrebbe aumentare poiché la cooperazione di Ankara con Mosca è sulla buona strada in molti altri settori tra cui energia, gas e commercio di armi”, ha commentato Ezgi Alkin, analista della sezione “Turkey Pulse” di Al Monitor.

Erdogan a Kiev. Così scricchiolano i rapporti fra Mosca e Ankara

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