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Senza un mercato interno forte, l’Unione europea rischia di diventare la prossima preda della Cina. È il sottotesto del messaggio lanciato dalle colonne del Financial Times da Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione europea a capo della concorrenza, che ha invitato gli Stati membri a rilevare quote delle società per evitare la minaccia di acquisizioni predatorie da parte della Cina in tempi di crisi sanitaria ed economica da coronavirus. Una dichiarazione che dimostra come a Bruxelles sia alta la preoccupazione per le aziende che lottano per sopravvivere durante la pandemia, in particolare per la concorrenza sleale di imprese sostenute dallo Stato. “Chiunque voglia fare affari in Europa è più che benvenuto, ma non se con mezzi da concorrenza sleali”, ha aggiunto.

“Non abbiamo problemi se gli Stati agiscono come partecipanti del mercato se necessario, se vogliono prevenire acquisizioni”, osserva Vestager, precisando che con il coronavirus e il suo impatto economico “è importante essere consapevoli che c’è il rischio reale che le aziende più deboli possano essere oggetto di acquisizioni”. “È una delle nostre priorità”, ha aggiunto il commissario. 

Già un mese fa un report di Horizon Advisory metteva in guardia dalle mire cinesi: “Pechino intende rovesciare recenti sforzi degli Stati Uniti per contrastare la sovversiva presenza internazionale della Cina; allo stesso tempo, per minare le relazioni tra Stati Uniti ed Europa”. “Dopo la crisi finanziaria del 2008”, scriveva Josh Rogin sul Washington Post commentando il report, “Pechino ha colmato il vuoto economico mettendo in piedi colossi nazionali attraverso ingenti sussidi governativi e un massiccio furto di proprietà intellettuale. Dodici anni dopo, e ora sede di alcune delle aziende più grandi e capaci del mondo, la Cina sta pianificando di sovrapprodurre vari beni per inondare il mercato e aumentare la sua quota di mercato”, continuava Rogin sottolineando la contemporaneità dell’operazione con le difficoltà delle aziende occidentali. “La Cina sta anche cercando di definirsi come un paradiso per i capitali stranieri nel caso in cui suoi mercati riuscissero a riprendersi prima dei nostri”.

Alta velocità, auto elettriche, intelligenza artificiale ma soprattutto 5G: sono queste le priorità di Pechino per la crescita e il suo progetto imperialistico post coronavirus. Lo scenario dell’infrastruttura del futuro è il più attuale e dibattuto. Le parole di Vestager sembrano dimostrare una presa di coscienza a livello europeo e la volontà di accelerare alla ricerca di una risposta. A tal proposito, Norbert Röttgen, esponente di punta della Cdu della cancelliera Angela Merkel e presidente della commissione Affari esteri del Bundestag, a Formiche aveva spiegato a fine gennaio come la risposta alla Cina non possa che essere comunitaria.

Abbiamo due società europee in grado di gestire il lancio del 5G in Europa (Nokia ed Ericsson, ndr). Per competere con i fornitori che grazie ai sussidi cinesi hanno un enorme vantaggio sui mercati dei Paesi terzi, dobbiamo dare un mercato a quelle aziende europee. Da dove altro iniziare, se non dall’Europa? Sarebbe auspicabile che l’Unione europea a 27 raggiungesse una posizione comune sulla questione, ma anche una posizione franco-tedesca congiunta sarebbe già un buon inizio.

Rafforzare le fusioni Ue per fermare le acquisizioni cinesi. La mossa di Vestager

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