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Dopo quasi un mese di guerra commerciale l’Opec e la Russia hanno trovato (quasi) un accordo provvisorio e deciso di ridurre la loro produzione di petrolio. Ciononostante la pandemia potrebbe essere un colpo terribile all’industria petrolifera secondo alcuni analisti di Wall Street, perché il Covid-19 cambierà definitivamente il settore energetico e sposterà il dibattito (e le strategie commerciali) sui cambiamenti climatici.

Infatti i pozzi non possono chiudere semplicemente come un bar o un ristorante perché man mano che matura un pozzo, diventa sempre più difficile e quindi costoso applicare la pressione richiesta per l’estrazione. E l’avvio da zero di un nuovo processo impatterà inevitabilmente sui costi. I pozzi più vulnerabili all’arresto e alla non riapertura sono quelli in Nord America e Russia al momento.

OPEC

Di oltre un quinto: a tanto ammonta l’accordo provvisorio siglato tra Opec e Russia per la riduzione della produzione. Il passo successivo spetta ora ad altri players come gli USA, una mossa che consentirebbe di ridurre la presenza sul mercato di petrolio. Al momento all’ufficialità manca il sì del Messico, che si opposto. Come riportato dal News York Times, secondo Amrita Sen, capo analista petrolifero di Energy Aspects, i mercati non saranno colpiti dall’accordo.

Ieri Donald Trump ha detto che immaginava vicino un accordo, dopo aver parlato con il presidente Vladimir Putin e il re Salman dell’Arabia Saudita. “I numeri sono così bassi che ci saranno licenziamenti in tutto il mondo”, ha dichiarato. “Ci saranno certamente licenziamenti in questo paese e non vogliamo che ciò accada”.

OIL & COVID

Per quanto riguarda le conseguenze economiche dello stallo e del Covid, il greggio ha registrato un picco del 12% mentre gli investitori hanno continuato a monitorare gli sviluppi di una tregua della guerra dei prezzi. Come è noto gli aumenti della produzione e le riduzioni dei prezzi dall’Arabia Saudita e dalla Russia hanno spinto il prezzo del petrolio quasi ai minimi stando ai numeri degli ultimi due decenni. Il tavolo tra Opec e principali players potrebbe dare il via ufficiale alla prima grande escalation del conflitto globale.

Tre giorni fa gli Usa hanno tagliato le previsioni sulla produzione di petrolio fino al 2021. Come dichiarato dall’ Energy Information Administration il prezzo del greggio in media dovrebbe essere di 33 dollari al barile al termine del 2020, prima di rimbalzare a una media di 46 al barile l’anno successivo.

Secondo un’analisi della società di ricerca energetica Rystad Energy un calo del 25% dei prezzi del petrolio potrebbe corrispondere ad un calo degli investimenti di petrolio e gas dell’ordine di 30 miliardi di dollari a livello globale. Stando così le cose è verosimile prevedere che si abbatta una mannaia su un settore che già ha messo in conto una riduzione significativa dei progetti a lungo termine.

VERTICE

Qualche giorno fa i massimi vertici delle società energetiche americane si sono incontrati alla Casa Bianca per analizzare il trend e discutere delle azioni politiche da intraprendere. Sullo sfondo il calo sistemico equivalente a quello accusato tra il 1929 e il 1933. Si riflette sul fatto che il crollo repentino della domanda possa condurre il petrolio mondiale ad esaurire lo spazio di stoccaggio nei prossimi mesi. E’di tutta evidenza come il greggio non saprebbe fisicamente dove andare, contingenza che porterebbe i produttori a interrompere bruscamente di pompare. Quindi i prezzi potrebbero crollare ulteriormente.

Per evitare questo scenario, i maggiori fornitori mondiali di petrolio stanno ragionando sui tagli all’offerta per far fronte alla drammatica precipitazione della domanda. Da giorni è noto che Russia, Usa e Arabia Saudita stanno producendo circa 35 milioni di barili, ovvero tagliando fino a 15 milioni di barili al giorno, dato che corrisponde alla metà della loro produzione.

LOGISTICA

Circa i riverberi pratici del virus, va osservato che i lavoratori impegnati nel settore petrolifero devono ovviamente rispettare il mantenimento delle distanze imposte dai protocolli mentre operano in spazi ristretti. Inoltre le limitazioni degli spostamenti influiscono sulla capacità delle aziende di viaggiare e partecipare a meeting e sopralluoghi. Tutti elementi che si abbattono su un settore storicamente instabile.

Proprio per tali difficoltà logistiche una serie di eventi tematici sono stati cancellati o rinviati a data da destinarsi. E’il caso della Conferenza internazionale petrolchimica prevista a San Antonio, negli Usa dal 29 al 31 marzo, mentre l’American Petroleum Institute ha sospeso tutti gli eventi fino almeno al 1 maggio; è il caso della Conferenza sul petrolio e il gas in Medio Oriente prevista a Manama, in Bahrain il 30 marzo scorso; del 34 ° Forum europeo sulla regolamentazione del gas in programma a Madrid il 29 aprile, evento a cadenza biennale e ghiotta occasione per le aziende del settore di incontrare governi e leader dell’UE. E ancora, annullata la Conferenza sulla tecnologia offshore di Houston, in programma dal 4 al 7 maggio, ovvero il principale evento mondiale dell’industria dell’energia offshore, alla presenza dei vertici di colossi come Chevron e Shell. Infine annullata la Topsides UK 2020 in programma ad Aberdeen il 12 maggio.

twitter@FDepalo

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