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Ennesima sparata di un miliardario visionario, o tabella di marcia ambiziosa (ma credibile) per creare villaggi lunari e marziani? È la domanda che emerge dalla presentazione in pompa magna della Starship di Elon Musk, la navicella svelata nel suo primo prototipo lo scorso sabato presso il sito di Boca Chica nel sud del Texas. Nei piani del fondatore di SpaceX, insieme a un lanciatore completamente riutilizzabile, il veicolo sarà protagonista della colonizzazione della Luna e, poi, del Pianeta rosso. Eppure, permangono alcuni dubbi, compresi quelli della Nasa che vorrebbe maggior impegno sul programma Dragon per ripristinare l’autonomia americana nel trasporto di astronauti, ad ora assicurato dalla navicella russa Soyuz.

UNA DATA SIGNIFICATIVA

Intanto, Musk si gode i riflettori di una presentazione in pieno stile SpaceX, con tinte hollywoodiane, sonorità e scenografie che hanno ormai rivoluzionato lo stile classico della corsa allo Spazio. Tra l’altro, il disvelamento della Starship è avvenuto in un giorno particolarmente simbolico, a undici anni esatti dal primo lancio di successo realizzato da SpaceX verso le orbite. Era il Falcon 1, primo lanciatore dell’azienda poi ritirato e sostituito da Falcon 9 e Falcon Heavy. Da allora, sono state realizzate 77 missioni, con una media di sette all’anno e un incremento pressoché costante di capacità di propulsione e riutilizzo dei veicoli.

IL PROGRAMMA

Precedentemente conosciuto come Big Falcon Rocket, il programma è stato ridefinito a novembre dello scorso anno, distinguendo tra secondo stadio e navicella (Starship), e primo stadio con (Super Heavy). Quest’ultimo è pensato come veicolo pesante nel parco di SpaceX, dotato di una potente propulsione e capace di atterrare verticalmente. Insieme alla navicella Starship, dovrebbe garantire “un pieno e rapidamente riutilizzabile sistema di trasporto progettato per condurre equipaggi e merci nelle orbite terrestri, sulla Luna, su Marte e in qualsiasi altro posto nel sistema solare”. I primi test di volo inizieranno nel giro di due mesi, per raggiungere l’orbita terrestre entro un semestre. Protagonista sarà Mark 1, il primo prototipo accanto a cui Elon Musk ha aggiornato la tabella di marcia.

LA TABELLA DI MARCIA

Con 50 metri d’altezza (106 se si considera anche il lanciatore), la navicella realizzerà prima di tutto voli suborbitali, a circa 20 chilometri dalla superficie per poi atterrare verticalmente. Poi, la campagna di test procederà “rapidamente” verso le orbite terrestri, ha assicurato Musk, con il prototipo Mark 3 che “inizieremo a costruire in circa un mese; stiamo potenziando sia la progettazione che i metodi di manifattura esponenzialmente”. Si tratterà di voli privi di equipaggio, anche se i test con persone a bordo dovrebbero iniziare “al più presto nel corso del prossimo anno”.

I PIANI DI REUSABILITY

Tutto questo avverrà nel segno della “reusability”, cifra stilistica di SpaceX ed elemento tra i più innovativi della nuova economia dello Spazio. Riutilizzare razzi (del tutto o in parte, attraverso riconversioni e modifiche più o meno corpose) abbatte tempi e costi dei programmi di lancio, ed è obiettivo ambito di tante compagnie che vi si stanno specializzando. Ciò si ripercuote anche nei programmi esplorativi. Immaginare la Luna come trampolino di lancio per Marte presuppone la possibilità di riutilizzare veicoli spaziali. Il piano di Musk è chiaro su questo punto, anche se può apparire visionario. La Starship verrà condotta in orbita attraverso un Super Heay che ri-atterrerà per nuove corse, mentre la navicella procederà a destinazione dove, nel caso della Luna, dovrebbe incontrare nuovi veicoli di lancio precedentemente trasportati. Per viaggi più distanti, come quelli verso Marte, la navicella potrebbe essere affiancata da altre “colleghe” per rifornimenti e assistenza.

IL FOCUS DELLA NASA

Il piano è ambizioso, per alcuni anche troppo. Non a caso, poco prima dell’annuncio di Musk, il numero uno della Nasa Jim Bridenstine aveva ricordato che “il programma Commercial Crew è in ritardo di anni”. Il riferimento è alla capsula Crew Dragon su cui SpaceX sta lavorando da tempo, commissionata dall’agenzia spaziale per riacquisire autonomia nell’accesso allo spazio dei propri astronauti. Dalla dismissione dello Space Shuttle nel 2011, infatti, possono accedere alla Stazione spaziale internazionale (Iss) solo con la Soyuz russa, con tutte le questioni (di costo, ma soprattutto di credibilità) che ciò comporta.

LA RISPOSTA DI MUSK

Quando la Nasa firmò nel 2014 i primi contratti con SpaceX e Boeing (che parallelamente lavora sulla Cst-100 Starliner), si prevedevano i primi lanci entro la fine del 2017; eppure, i ritardi sono stati continui, e ancora si attendono i test con equipaggio. Per questo il messaggio di Bridenstine risulta particolarmente chiaro: bene i programmi di lungo respiro verso Marte, ma prima assicuriamo ai nostri astronauti un accesso allo spazio in breve tempo. Interrogato dalla stampa sul punto, Musk ha voluto rassicurare la Nasa, spiegano che solo il 5% dell’azienda si occupa della Starship, mentre gli sforzi sono “enormemente” concentrati sulla Dragon.

(Foto: Twitter SpaceX)

Elon Musk accelera la corsa alla Luna. Ma la Nasa ha i suoi dubbi

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